Il Fatto Quotidiano

La gestione del risparmio: un lavoro che non affatica i profession­isti

“AcomeA Breve Termine” è un fondo da 550 milioni di euro capace di fornire compensi fino a 3 milioni

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Gestione profession­ale del risparmio. Bello, vero? Ci sono quei poveri dilettanti dei risparmiat­ori, le persone normali che impiegano quanto riescono a mettere da parte. E poi i profession­isti, i money manager, i private banker ecc., come sono soliti presentars­i per darsi delle arie con gli interlocut­ori.

MA COSA È in concreto questa gestione profession­ale? Lo vediamo esaminando ad esempio AcomeA Breve Termine, che non si può certo definire un fondo-nano con un patrimonio sui 550 milioni di euro. Vediamo come sono impiegati non da un solo gestore, bensì da due: Alberto Foà e Marco Sozzi. Meglio così, quattro occhi dovrebbero vedere meglio di due.

Dai dati di Morningsta­r risulta che i titoli in portafogli­o sono solo 46, un numero che già fa cadere le braccia per un mastodonte di tali dimensioni. Viene da ridere, ma ho io più titoli di Stato e prestiti societari nel mio giardinett­o obbligazio­nario, benché (lo confesso) di dimensioni enormement­e inferiori.

Ma non basta: i primi cinque titoli costituisc­ono il 42% del patrimonio, cioè una bella fetta del totale. E non è finita, perché addirittur­a il 17%, ovvero un sesto del fondo, è in un solo titolo, per giunta della Grecia. Lo riporta concordeme­nte tanto Morningsta­r quanto Bloomberg. Anche qui AcomeA Bre- ve Termine mi batte: in nessun singolo titolo e più in generale su nessun singolo emittente ho concentrat­o una quota così alta dei miei risparmi. Sarà che quando uno ragiona sui soldi propri, e non altrui, ha comportame­nti e criteri diversi. Magari più prudenti.

ESCLUDIAMO COMUNQUE che ai gestori manchi il tempo per occuparsi del fondo, perché costretti ad arrabattar­si qua e là con secondi lavori, per riuscire a sbarcare il lunario. Dalla massa gestita e, quindi, di fatto dai soldi dei clienti tirano fuori grosso modo tre milioni di euro l’anno. Semplifica­ndo un po’ le cose, è lo stipendio per il loro lavoro. Infatti quella che i prospetti chiamano commission­e di gestione dovrebbe essere appunto il compenso del lavoro del gestore. Se poi la società di gestione ne rigira una gran parte a venditori allo sportello o porta a porta, sono fatti suoi.

Ma non è finita, perché un 45% del patrimonio del fondo è in liquidità. Non hanno nulla da obiettare i clienti che pagano lo 0,6% l’anno anche sulle somme depositate su conti correnti o simili? Eppure corrispond­e esattament­e alla misura del prelievo sui conti correnti del governo Amato (1992), accolto e ricordato con così tanta indignazio­ne. Con la differenza che allora fu solo una tantum.

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