“Il soldato di Allende” e le altre avventure di Guido Vicario
Il ricordo del giornalista e inviato dell’Unità scomparso a 88 anni
Con Guido Vicario, che avevo conosciuto giovane, prima delle avventure cubane e cilene, prima che fosse arrestato da Pinochet con Anneli, la moglie bella che si avventurava dovunque “con le bambine”(come allora entrambi mi raccontavano) ci siamo rivisti negli ultimi tempi, molto al di là degli eventi che avevano segnato la sua vita e la vita del piccolo gruppo coraggioso, nell’epoca in cui non si poneva più il problema se lasciare il partito o mantenere la linea. Quale linea? Non c’era più niente, sopravvissuti o no, non c’erano più i suoi “compagni”.
Soltanto Luciana Castellina ricorda volentieri i lontanissimi anni in cui in- sieme facevano il settimanale Nuova generazione, e il Pc (con una strana premonizione di un lungo futuro sempre più inclinato a destra, facendo opposizioni sempre più appannate) trovava già allora quei ragazzi troppo estremisti e andava già allora predicando che “non si possono dire solo no”.
DI “NO” Guido Vicario ne ha detti tanti, soprattutto negli anni delle trasformazione che si avvitavano sempre di più sul niente e l’ex Pc diventava l’ala moderata prima dell’Ulivo e poi del Pd. Un Pd fondato, del resto, con il progetto di entrare in una improbabile scena di pace, mentre la destra cresceva. Di resistenza alla destra Guido Vicario ha fatto il senso della sua vita.
Cuba è stata la sua destinazione privilegiata, anche se il rischio è stato a lungo costante. Il Cile di Allende è stata la sua persuasione di essere in un mondo giusto in cui le lotte per l’uguaglianza si possono vincere. Ma la continua aggressione contro Allende e il vento di morte portato da Pinochet hanno contribuito a formare quel suo scetticismo finale, a quel senso di solitudine nella storia e nel mondo che sono stati i suoi ultimi anni, prima di avviarsi alla fine.
QUANDO ANCORA ne parlavamo (io dirigevo l’Unità, e lui condivideva il mio continuo stonare con le melodie rasserenanti e dedicate al niente dei Ds, poi Pd, Guido resisteva all’idea di avere lasciato un segno con la sua vita, di reporter, ma anche di testimone. Invece quel segno c’è, e resta, nella vita di chi si è trovato coinvolto nel suo lavoro rischioso e appassionato, tenace e lungo. Però aveva ragione nel sospettare che tutto quel passato, al momento (vedi l’assemblea del Pd del 19 maggio) non sia che archeologia.