Lui cieco, lei senza mani: i testamenti per il pm valgono
La Procura vuole archiviare la denuncia di un parente escluso dall’eredità
PUÒ MAI UN CIECO scrivere un testamento? Ad Ariano Irpino, in provincia di Avellino, sembra che sia accaduto. Questa storia ha per protagonisti due nonni, morti da qualche anno, che hanno lasciato una eredità di centinaia di migliaia di euro ai due nipoti: una bambina di circa dieci anni e uno studente universitario trentenne. L’uomo è scomparso nel 2009 a 95 anni, mentre la moglie nel 2013, alla soglia degli 80, dopo una vita intera trascorsa a coltivare la terra. Di terreni e ulivi i due coniugi ne avevano abbastanza da garantire ancora adesso una vita agiata ai propri due figli e a costruire per ognuno di loro ville di almeno quattro piani. Tra i cespiti dei defunti è finito miracolosamente anche un terreno di proprietà dell’arciconfraternita dei Pellegrini (che gestisce l’omonimo ospedale a Napoli), non edificabile, ma ricco di piante di ulivi e di ciliegio del valore di quasi 50.000 euro. Fin qui nulla di strano. Se non fosse appunto che l’anziano non solo era affetto da “cecità assoluta”, come certificato dalla commissione medica per l’accertamento delle invalidità civili dell’Asl di Avellino il 15 maggio 2000 (e riconfermato due anni dopo), ma era anche analfabeta. Tanto che per presentare l’istanza di riconoscimento dell’invalidità fu accompagnato da due testimoni: uno di questi era sua nuora. Sua moglie, invece, soffriva di una poliartrosi deformante alle mani, che le permetteva a malapena di reggere le posate. Il testamento olografo dell’uomo risale al 2006, ma viene depositato dal notaio nel 2010, cioè l’anno successivo alla sua morte. La donna, invece, redige testamento sei mesi prima di morire e l’atto viene depositato quasi un anno dopo. A occuparsi del deposito è la nuora.
QUESTA SUCCESSIONE di date insospettisce uno dei familiari che sporge denuncia. Nel 2015 la Procura di Benevento apre le indagini e sente a sommarie informazioni il medico di famiglia dei coniugi e un geometra, che confermano quanto già accertato dall’Asl. La nuora viene indagata per falsità in testamento olografo. Sembra un caso facile per la Procura, perché il confronto tra le due grafie non lascia dubbi: tremante e illeggibile, assomiglia più a uno scarabocchio la firma in calce ai documenti dell’Asl, mentre chiaramente comprensibile è la scrittura dei testamenti. Invece il pm di Benevento Maria Amalia Capitanio archivia il caso il 27 aprile scorso “per infondatezza della notizia criminis”, ritenendo deboli gli elementi dell’accusa. Il ragionamento che fa il sostituto procuratore è questo: il vecchietto era sì cieco ma “autonomo nei movimenti”, quindi avrebbe potuto scrivere. Mentre sua moglie, poiché poteva impugnare una forchetta avrebbe potuto tenere in mano anche una penna. E così in una paginetta di provvedimento, il magistrato archivia senza far cenno né ai documenti dell’Asl; né alla cecità e né all’analfabetismo. Il denunciante non è mai stato ascoltato in Procura, ma qualche settimana fa ha fatto opposizione all’archiviazione. Con tanto di firma leggibile e autentica.