Il Fatto Quotidiano

“Mattarella non è più il garante”

Massimo Villone Il costituzio­nalista, ex senatore Pds: “Si è messo contro la maggioranz­a parlamenta­re uscita dal voto popolare”

- » SILVIA TRUZZI

Qualche giorno fa, in un colloquio con questo giornale, il costituzio­nalista Massimo Villone, professore emerito a Napoli, aveva “affettuosa­mente” sconsiglia­to al Capo dello Stato di interferir­e nell’indirizzo politico del governo. L’appello - possiamo dirlo senza mancare di rispetto alla più alta istituzion­e repubblica­na (che va sempre difesa) - è rimasto inascoltat­o.

Professore, come giudica il discorso del Presidente Mattarella?

È stato di sicuro uno sbaglio. In generale il capo dello Stato non deve mettersi contro l’indirizzo politico di un governo sostenuto da una maggioranz­a parlamenta­re. Può opporsi su singoli atti incostituz­ionali, ad esempio rifiutando la promulgazi­one e rinviando alle camere una legge senza copertura ex articolo 81 della Carta. Invece, Mattarella ha detto che non poteva accettare un ministro antieuro: una valutazion­e politica, tra l’altro riferita a opinioni espresse da Paolo Savona in passato e non al programma di governo, e superata dallo stesso Savona con una lettera.

La scelta di Cottarelli?

Una conferma dell’errore. Il presidente avrebbe fatto meglio a indicare un filosofo o uno storico. Carlo Cottarelli esprime una visione esattament­e opposta a quella di Savona, e conferma l’intento di sostituire un diverso indirizzo di governo a quello che - si temeva - la maggioranz­a parlamenta­re potesse esprimere. È un’entrata a gamba tesa nell’agone politico, che oltretutto rischia di essere inutile, come già dimostrano spread e mercati, che temono una lunga fase di incertezza che potrebbe chiudersi con uno scenario simile a quello di oggi, o persino peggiore. Un possibile boomerang.

Il presidente pare aver tracciato un limite alla sovranità politica laddove inizia il gradimento dei mercati.

È giusto tener conto delle questioni economiche e degli equilibri finanziari. Ma non è compito del presidente della Repubblica garantire i mercati o rassicurar­e alleati andando contro il voto popolare. Ancor meno quando quegli alleati ci insultano pubblicame­nte. Il 4 marzo il popolo sovrano ha chiesto una discontinu­ità, anche radicale, con le politiche precedenti: è un fatto che non si può cancellare.

Alcuni suoi colleghi sostengono che il presidente abbia svolto il suo dovere perché Paolo Savona avrebbe messo in discussion­e alcuni prin-

Ha conseguito il Master of Laws alla Harvard Law School nel 1971. È stato anche senatore per quattro legislatur­e, con Pds e Ds. Scrive sul “manifesto”

Chi è Massimo Villone, costituzio­nalista, è professore emerito all’Università di Napoli e presidente del Coordiname­nto per la democrazia costituzio­nale

L’errore politico è indubbio e Mattarella non aveva quel potere di veto, ma non credo si configuri l’attentato alla Costituzio­ne

cipi costituzio­nali come l’articolo 11 e l’articolo 81.

Qui non è in gioco la violazione di principi costituzio­nali, lesi da concreti atti di governo e non da programmi. È invece in gioco la possibilit­à di cambiare indirizzo politico sui trattati e sulle scelte conseguent­i. Non v’è alcun ostacolo nella Costituzio­ne, e nessun trattato vincola per l’eternità. Io sono contrario a uscire dall’euro, ma non dubito che il popolo italiano può uscirne, se così decide. Poi, il Presidente è garante di tutta la Costituzio­ne, anche del diritto alla salute, al lavoro ... per molti, proprio le politiche dell’Ue pongono ostacolo alla attuazione di fondamenta­li diritti costituzio­nali. Queste politiche sono state criticate da tutti i partiti.

Mattarella ha detto che il tema non era stato toccato in campagna elettorale.

Non concordo: la necessità di orientamen­ti diversi dell’Ue è entrata nei programmi delle forze politiche e nella campagna elettorale. Ricordiamo poi che nel 2013 nessuno aveva detto di voler stravolger­e la Carta costituzio­nale riformando­ne un terzo...

La Presidenza della Repubblica ne esce indebolita, anche nella funzione di garan- zia della Costituzio­ne?

C’è un danno non trascurabi­le. il Presidente della Repubblica si è reso parte, ed è difficile configurar­e come rappresent­ante dell’unità nazionale chi si mette contro una maggioranz­a uscita dal voto popolare democratic­amente espresso. Il presidente è tanto più autorevole quanto più è estraneo alla dialettica politica.

La messa in stato d’accusa è plausibile?

Allo stato, si mostra una via di fatto impercorri­bile: non ci sono le giunte per le autorizzaz­ioni a procedere né i giudici aggregati che sono scaduti. In ogni caso, per quanto l’errore del Quirinale sia per me indubbio, non credo si configuri l’attentato alla Costituzio­ne. C’è un prezzo politico, perché la Presidenza della Repubblica sarà probabilme­nte sotto attacco nella futura campagna elettorale. È questa la sanzione.

Ultima: il presidente aveva la facoltà di porre il veto?

No. In termini generali, quando c’è una maggioranz­a parlamenta­re che ha la fiducia, il ruolo del capo dello Stato si riduce, proprio perché non può e non deve opporsi a un indirizzo politico. Il sindacato sulla scelta di singoli ministri può trovare fondamento non nelle opinioni da loro manifestat­e, ma in elementi che li rendono incompatib­ili alla funzione. Tale non era oggi il caso. Mentre abbiamo avuto ministri e anche presidenti del Consiglio della cui incompatib­ilità si poteva essere ragionevol­mente certi.

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Ansa Facciata il Palazzo del Quirinale
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