L’agenda (quasi) vuota del nuovo esecutivo
Non potrà fare la manovra correttiva e neppure prendere decisioni sull’Iva
Se il governo di Carlo Cottarelli avrà la fiducia del Parlamento, ha spiegato il premier incaricato, farà la legge di Bilancio 2019 prima di dimettersi all’inizio del nuovo anno. Ma questo è uno scenario che pare improbabile, con il solo Pd che si è schierato a sostegno dell’esecutivo deciso dal Quirinale. Quasi certa l’opzione alternativa: Cottarelli va in Parlamento, non ottiene la fiducia e resta in carica per gestire nuove elezioni dopo l’estate. Privo della legittimazione parlamentare, Cottarelli non potrebbe fare quasi nulla in politica economica. Anche questa volta il “dossier Cottarelli” sui tagli, elaborato quando il premier incaricato era commissario alla revisione della spesa, resterà su carta.
LA COMMISSIONE europea ha fatto capire, nelle sue ultime comunicazioni ufficiali, di attendersi una manovra corret- tiva nel 2018 da 10 miliardi di euro, necessaria perché l’Italia rispetti gli obiettivi di contenimento del deficit. Difficile che Bruxelles provi a imporla al governo Cottarelli e ancora più improbabile che quest’ultimo si avventuri a farla, a colpi di decreti legge. Resta la questione dell’a umento dell’Iva dal primo gennaio 2019 che, salvo provvedimenti alternativi, scatta in automatico. Cottarelli non avrà il potere di occuparsene. Spetterà al prossimo Parlamento, dopo le nuove elezioni, e al governo che in quel Parlamento troverà la maggioranza: bastano poche ore per fare un decreto che rinvia l’aumento dell’Iva di qualche mese. E, salvo ri- tardi come quelli seguiti al voto del 4 marzo, è ragionevole aspettarsi che ci sia un nuovo esecutivo nella pienezza dei suoi poteri già entro ottobre. Se l’incertezza politica dovesse invece replicarsi anche dopo le elezioni- bis, il rischio concreto diventa quello dell’esercizio provvisorio: se il Parlamento non riesce ad approvare la legge di Bilancio entro il 31 dicembre, salirà l’Iva e ogni singola spesa difforme rispetto al bilancio 2018 dovrà essere autorizzata.
Nel frattempo ci sono i vertici europei cui Cottarelli dovrà partecipare ma senza peso politico. Prima il G7 in Canada l’8 e il 9 giugno, poi il Consiglio europeo del 27 e 28 giugno a Bru- xelles e, sempre nella Capitale dell’Ue, il summit Nato dell’11 e 12 luglio. L’unica riunione che conta davvero è quella del Consiglio europeo dove si discuterà del bilancio comunitario dei prossimi sette anni e soprattutto della revisione del trattato di Dublino. Con l’Italia così debole, è improbabile che ci sia qualche passo avanti concreto. È molto probabile che la scadenza fissata lo scordo dicembre dal Consiglio per la riforma del trattato venga rinviata, un punto a favore per i Paesi del gruppo di Visegrad ((Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) che non vogliono una maggiore condivisione del problema rifugiati.
Dopo il voto del 4 marzo, l’ex premier Mario Monti aveva suggerito che il Parlamento desse peso politico al governo in carica per gli affari correnti (in quel caso Gentiloni) con u- na mozione molto condivisa che indicasse le priorità e la linea negoziale da tenere. C’erano stati alcuni segnali dai partiti. Ma ora che quella legittimità a negoziare sarebbe ancora più necessaria le condizioni politiche sono diventate ancora più complicate.
E LO STESSO VALE sui grandi temi di politica estera: Cottarelli offre agli Stati Uniti maggiori garanzie di continuità con il passato nei rapporti con la Russia. Cioè l’allineamento con le posizioni europee di dialogo e moderazione rispetto alla recente aggressività dell’Amministrazione Trump. Ma sui dossier di interesse nazionale per l’Italia come la Libia, dove la Francia di Emmanuel Macron è sempre rapida ad allargare la propria sfera di interesse, Cottarelli potrà fare ben poco.
A Bruxelles
Al Consiglio europeo di fine giugno l’Italia non potrà avere alcun peso nei negoziati sui migranti