Luigi fa il movimentista: chiama la piazza e insiste sull’impeachment del presidente
Leader grillino cerca di non sparire dietro la Lega: “Il 2 giugno tutti a Roma”
Matteo Salvini per ora non ne vuole sapere. E anche molti grillini sono contrari o almeno dubbiosi. Eppure Luigi Di Maio, il fu candidato premier, accelera sulla strada della guerra totale al Quirinale.
IL GIORNO DOPOl’impatto contro il no del Capo dello Stato, insiste sull’impeachment per Sergio Mattarella. E visto che c’è lancia per il 2 giugno, il giorno della festa della Repubblica, una grande manifestazione a Roma con “eventi simbolici” anche in altre città italiane. E anche l’ alleata molto possibile, la Lega, sarà in mille piazze italiane il 2 e il 3 giugno in vista delle ammini- strative. Una provocazione agli occhi del Pd, che fa muro: “Giù le mani dalla festa di tutti gli italiani. Usarla quale momento per dividere il Paese e attaccare le istituzioni segna ancora una volta la deriva estremista del M5S e del Carroccio”. Ma Di Maio ha deciso di alzare l’asticella. Innanzitutto per non restare indietro rispetto a Salvi nichela sera di domenica era come al solito in mezzo a una folla, a Terni, a prendersi cori e a inveire contro tutti i poteri immaginabili. Così ecco che il capo del Movimento lancia l’adunata a Roma, in piazza della Bocca della Verità, per le 19. Mentre il M5S diffonde uno slogan come un grido di battaglia, # ilmiovotoconta.“Scrivetelo ovunque, e mettete una bandiera tricolore alla finestra” esorta Di Maio nell’ennesima diretta su Facebook.
E NEL FRATTEMPO scende ancora in picchiata contro il presidente della Repubblica: “Ora si inizia a parlare di impeachment e dicono che non si può fare, che è assurdo, eccetera. Ma la messa in stato d’accusa si può fare e serve la maggioranza assoluta del Parlamento per mandare a processo Mattarella davanti alla Corte Costituzionale. Se la Lega non fa passi indietro quindi non stiamo parlando di una possi- bilità, ma di una certezza pressoché assoluta”. Ed è chiara la volontà di tirare dentro anche Salvini, esortazione ripetuta anche nell’incontro pomeridiano tra i due leader ieri alla Camera.
Ma il segretario della Lega è più che scettico: “Ci vuole mente fredda, certe cose non si lanciano sull’onda della rabbia. Io non mi metto a parlare di impeachment che è materia per giuristi e costituzionalisti”. E i dubbi abbondano anche dentro il M5S. “Luigi è troppo arrabbiato, questo è un errore” sussurravano a mezza bocca ieri alla Camera, rievocando anche il fallimento della messa in stato d’accusa già chiesta anni fa per Giorgio Napolitano. Perplessità manifestate da diversi eletti anche in chat e chiacchierate. E c’è chi ha raccontato all’Adnkronosdi essere pronto a chiedere al capo di fermarsi nella prossima assemblea, ancora non convocata. Però Di Maio cerca la gola degli avversari. “Più che il presidente della Repubblica andrebbero messi in stato di accusa i suoi consiglieri” sibilava ieri. A conferma della frattura insanabile con il Quirinale, con cui pure da oltre un anno era in ottimi rapporti. Tanto da seminare elogi a quel Mattarella che ora è il primo dei nemici. Così ora è battaglia anche di verità diverse. “Avevo fatto arrivare nomi alternativi a Savona, come Bagnai o Siri, nomi della Lega peraltro, ma non andavano bene” ha rivendicato ieri Di Maio a Pomeriggio Cinque. E il Colle ha subito smentito: “Mai arrivati quei nomi”. Segni, della guerra.