Il Pd verso le urne: coalizione a tre, Renzi forse non c’è
Un’altra lista a sinistra da trovare, quella dem con una spruzzata di Zingaretti, Calenda a fare la Bonino e Gentiloni come leader: l’ex segretario pensa di candidarsi alle Europee Cottarelli? Nein I democratici ci ripensano sulla fiducia al governo “tecn
Un attacco “a tre punte”, con Paolo Gentiloni nelle vesti di federatore e di fr ontman. Ieri il premier uscente ha incontrato Marco Minniti, Carlo Calenda e Walter Veltroni e ha iniziato a studiare lo schema per presentarsi alle prossime elezioni. L’idea sarebbe di mettere in campo tre formazioni. Prima di tutto, il Pd. Guidato da chi? Molti sperano che a farlo sia Nicola Zingaretti, ma lui per adesso non pensa di lasciare la Regione Lazio. Resta l’idea di candidarsi al congresso: potrebbe dunque essere una sorta di ispiratore.
E POI CI SAREBBEuna lista centrista guidata da Carlo Calenda e una terza lista di sinistra, con guida da individuare. Unite in coalizione nel nome dell’Europa, con il premier uscente a fare da garante. E Matteo Renzi? C’è chi racconta che l’ex segretario potrebbe non ricandidarsi. Ovvero, saltare un giro per correre direttamente alle Europee e magari cercare un incarico fuori Italia, cosa alla quale è interessato da mesi: per lui l’opportunità di smarcarsi, per gli altri di non subire una campagna elettorale tutta contro di lui. Senza contare che Gentiloni e Renzi non si parlano praticamente dal 4 marzo: difficile pensare che in campo possano esserci entrambi.
L’ex segretario, però, ieri non si è fatto mancare l’occasione di marcare il territorio. Prima una e-news, poi una diretta Facebook. “Questa non è solo l’occasione di rivincita per il Pd ma anche di un salvataggio del Paese”, ha detto. E poi ha chiarito: “Sarà una battaglia tra chi vuole uscire dall’Europa e chi vuole un’Italia forte ma dentro l’Europa”. La parola “rivincita” sembra andare in una direzione diversa rispetto al disimpegno, ma siamo solo ai blocchi di partenza e con tempi così ristretti decade l’ipotesi della scissione. Tradotto: è già iniziata la battaglia sulle liste. Il Pd ren- ziano vorrebbe riconfermarle praticamente in blocco, gli altri sono pronti a vendere cara la pelle per impedirlo. Per adesso non c’è in calendario un’Assemblea: dato non secondario, visto che il partito resta con un reggente (Maurizio Martina) e con un segretario ombra.
Oggi intanto ci saranno le assemblee dei gruppi Pd di Camera e Senato.
Al l’ordine del giorno “la situazione politica”. Il Pd si è schierato con Sergio Mattarella. Venerdì scenderà anche in piazza per difenderlo e Renzi è stato uno dei primi a parlare, lo stesso che aveva imputato al presidente la sconfitta elettorale per non averlo mandato al voto dopo il referendum.
Quanto al nuovo governo: “Sì a Cottarelli”, era l’indicazione. Ribadita da Martina ieri mattina. Ma poi nel corso della giornata i Dem hanno comin- ciato a ripensarci: non una grande idea quella del partito perdente unico sostenitore di un governo sfiduciato, per di più guidato da uno come Cottarelli, l’uomo del Fondo Monetario internazionale. Si va dunque verso un’astensione.
IL PERCORSOdel Pd è parallelo a quello di Forza Italia. Anche Silvio Berlusconi era schierato sul sì a Cottarelli domenica sera. Poi ieri ci ha ripensato e ha dichiarato il no. Il centrodestra come si è presentato alle elezioni del 4 marzo sembra già un’operazione del passato, ma l’ex Cavaliere non vuole dare a Salvini l’alibi per romperlo definitivamente. Nel partito c’è una guerra su dove e come posizionarsi. Con una parte che guarda al Pd. Minimo comun denominatore: la difesa del Colle e l’europeismo (FI siede nel Ppe, a differenza della Lega, ed esprime Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo). Basterà? Guidano sempre i posti in lista. Per adesso, al Nazareno si riflette su accordi di desistenza nei collegi. Com’è stato in parte nelle ultime elezioni: solo che allora la posta in palio pareva il governo insieme, adesso è la sopravvivenza.