IL PRESIDENTE È MERO NOTAIO DELLA CARTA?
Ogni giurista sa che dietro al diritto si nasconde il potere. Ciò non significa che il diritto sia solo potere. Bene dunque ricordare che la sola norma giuridica che governa la nomina dei ministri è la lettera dell’art. 92 secondo comma della Costituzione, che nel titolo III dedicato al governo (e non si noti bene al presidente della Repubblica) recita: “Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”.
NEL DIBATTITO intorno alla nomina del mio collega Giuseppe Conte, giurista privatista, sono emersi due diversi concetti che la politica ha mutuato dal diritto civile: quello di un “contratto” fra due forze politiche e quello di “funzione notarile”, altro istituto cardine della tradizione di diritto civile romanistica continentale. Il notaio è evocato sia come asseverazione del valore del suddetto “contratto”, che come portatore di una funzione interpretativa ben più ridotta rispetto alle prerogative del presidente nella nomina del governo e dei ministri: Mattarella non sarebbe mero notaio. Nel primo ambito è facile notare la natura evocativa della nozione di contratto, “l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale” (art. 1321 Codice Civile), posto che la sua definizione legale lo rende palesemente inadatto a governare la sfera politica che non è né privata (“tra loro”) né soltanto “patrimoniale”. La presenza del notaio è dunque a sua volta simbolica, alludendo soltanto alla serietà dell’impegno. Chi tuttavia sostiene che Mattarella non può essere un “mero notaio” di fronte alla scelta dei ministri sminuisce a un tempo la figura notarile (confondendo il notaio col signor No che i meno giovani ricordano a Rischiatutto) e utilizza un espediente re- torico per allargare in modo inaccettabile il ruolo del presidente. La proposta spetta esclusivamente al presidente del Consiglio che se ne assume la responsabilità politica dovendo ottenere entro 10 giorni dalla nomina del governo la fiducia di entrambe le Camere ( art. 94, 3 Cost.) Il presidente in carica dunque, proprio come il notaio, garantisce la legalità (costituzionale) d el l’o pe ra z io ne , ma nulla di politico può introdurre nella sua decisione proprio a causa della propria irresponsabilità, resa palese dall’ Art. 89 Cost.: “Nessun atto del presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti che ne assumono la responsabilità”. Nel nostro sistema di legalità costituzionale non c’è potere senza responsabilità ed è proprio questo il senso dell’art. 90 Cost. ai sensi del quale il Presidente della Repubblica “non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni tranne che per alto tradimento o attentato alla costituzione”, due nozioni piuttosto vaghe su cui il Parlamento in seduta comune è chiamato a decidere a maggioranza soluta dei suoi membri”. Cuius commoda eius et in co mm oda! Speriamo dunque che la minaccia di convenire per diffamazione il responsabile del blog Byoblu Messora, il quale neppure potrebbe presentare una domanda riconvenzionale, resti solo una caduta di stile!
INTERPRETAZIONE
In quanto giurista sa che per quanto scarna, la Costituzione non è ambigua: egli non può dare interpretazioni politiche
PROPRIO COME ogni mero notaio, il giurista Mattarella sa che “nell’interpretare la legge non si può a essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole” (art 12 disp. legge in generale) e che, per quanto scarna, la Costituzione non è qui ambigua. Egli non può dare indicazioni politiche (tipo restare o meno in Europa) proprio perché, come un mero notaio è interprete autorevole ma non creatore arbitrario e irresponsabile della legge. Lo sprezzante rifiuto di esser mero notaio discenderà pure da Einaudi, ma si tratta di visione autoritaria, coerente con quella che il liberista di Dogliani aveva mostrato acclamando in nome del bilancio pubblico la marcia su Roma.