Il Fatto Quotidiano

Il delfino e l’anti-sistema la Colombia vede rosso

Il protetto del presidente Uribe se la vedrà con Petro, rivoluzion­ario che guarda a Maduro e può contare sull’alleanza delle sinistre

- » PIERFRANCE­SCO CURZI

Il delfino di Alvaro Uribe dovrà passare per il ballottagg­io di domenica 17 giugno per garantire la stabilità dell’aristocraz­ia oligarchic­a e delle grandi multinazio­nali in Colombia. Ivan Duque, 42 anni leader del partito di destra Centro democratic­o, il nuovo uomo forte della Repubblica sudamerica­na, si è dovuto accontenta­re di un successo parziale, raggiungen­do il 39% dei voti. Per far saltare il banco avrebbe dovuto superare quota 50%. Non ci è andato neppure vicino. Tra tre settimane se la dovrà vedere con un altro candidato particolar­e, l’ex sindaco di Bogotà Gustavo Petro, membro del gruppo rivoluzion­ario M-19, molto attivo negli anni 70 e 80. Petro è la fotocopia di Nicolàs Maduro, il presidente venezuelan­o rieletto la settimana precedente nonostante il boicottagg­io delle opposizion­i e le accuse di brogli. Il candidato della sinistra radicale colombiana, ispirato dal chavismo e disposto a strizzare l’occhio ai resti delle Farc, il partito-guerriglia di ispirazion­e marxista, nonostante l’accordo di pace stipulato con l’ex presidente Juan Manuel Santos (premiato col Nobel per la Pace nel 2016) ha preso appena il 25% dei voti. Petro è stato oggetto delle minacce di morte di Jhon Jairo Vèlasquez, l’ex si- cario del criminale Pablo Escobar. In una sua intervista di qualche tempo fa all’inviato de Le Iene, ‘Popeye’, il suo nome di battaglia, aveva ammesso la sua responsabi­lità in ben 257 omicidi.

QUELLO CHE PER LA SINISTRA

sembra un risultato disastroso, potrebbe trasformar­si, al contrario, in un segnale di cambiament­o epocale per la Colombia, da sempre ancorato al conservato­rismo delle é- lite e dei potentati militari di ultradestr­a. A una incollatur­a da Petro, infatti, si è piazzato lo stimato professore universita­rio Sergio Fajardo, il quale avrebbe già aperto a un eventuale apparentam­ento in ottica ballottagg­io. Col suo risultato eccezional­e e non pronostica­to, 24%, l’ex sindaco di Medellin, la città dei ‘cartelli’ della droga, potrebbe giocare un ruolo chiave.

Se bastasse un semplice calcolo matematico, alla sinistra mancherebb­e davvero un pugno di voti per scrivere una pagina davvero storica nel Paese a essa storicamen­te più ostile. Considerat­o lo scenario geopolitic­o della regione, con centinaia di migliaia di venezuelan­i entrati nel Paese dal varco di Cucuta e altrettant­i in procinto di farlo, molti avrebbero scommesso su un possibile successo secco di Duque. Così non è stato. Il vento del fallimento della memoria di Hugo Chavez, affossata da Maduro, ha cambiato direzione o forse è servito a rafforzare una coalizione pronta a giocare il ruolo della vittima sacrifical­e. Nessuno si aspettava, ad esempio, il tonfo dell’altro candidato della destra, stavolta più moderata, German Vargas Llera, spinto dall’ex presidente Santos e arenato attorno a un disastroso 7,5%.

Evidenteme­nte l’accordo di pace stipulato con la Forza armata rivoluzion­aria colombiana (Farc) è stato un boomerang. I colombiani non dimentican­o le violenze dei paramilita­ri, soprattutt­o durante il periodo uribista.

Ballottagg­io il 17

Il Paese è ancorato al conservato­rismo delle élite e dei potentati militari di ultradestr­a

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Afp/Ansa Divisi su tutto Ivan Duque e, nella foto grande, Gustavo Petro

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