“Spider man nero” Il salvatore-cittadino “mosca bianca” dell’anti-razzismo
Concordo pienamente con l’analisi, lucida e schietta, fatta dal direttore Travaglio lunedì, sulla crisi istituzionale di domenica sera. Condivido anche tutta l’amarezza e il disappunto dei leader Cinque Stelle: come cittadino ed elettore provo anch’io un senso di frustrazione, rabbia e profonda ingiustizia. Ho tuttavia un dubbio, rispetto all’utilità della loro iniziativa: chiedere l’impeachment non rischia di essere una mossa azzardata in termini di consenso elettorale? Non rischia di compromettere il profilo di governo che Di Maio ha faticosamente e proficuamente costruito?
Non sarebbe meglio mettere davanti all’elettorato l’indubbio merito di aver portato nell’agenda del governo (che poi non è nato) temi come il reddito di cittadinanza e le norme anti-corruzione? Caro Antonio, l’ho scritto: l’impeachment è una inutile perdita di tempo, che fra l’altro porta male a chi lo chiede (vedi Pci e Pds con Leone e Cossiga e M5S con Napolitano). A meno che non emergano prove di interferenze straniere nelle scelte del Capo dello Stato. IL PRESIDENTE FRANCESE Macron ha concesso la cittadinanza al 22enne immigrato maliano, Mamoudou Gassama, per aver salvato la vita di un bambino. Gesto encomiabile, certo. Non sarebbe però il caso di guardare oltre ed estendere la cittadinanza non solo ai “supereroi” ma anche ai “semplici uomini”? Perché si rischia altrimenti di scadere nella banalità e nella retorica finalizzata solo ad accaparrarsi qualche flash fotografico e qualche copertina patinata. NELL’ERA DELL’IMMAGINE solo l’eroismo virale viene notato e perciò premiato. Il sans papier dell’ex colonia francese ottiene la cittadinanza per il suo coraggio disinteressato, favola realmente bella di razzismo ribaltato: i telefonini dei parigini riprendono lo straniero che si arrampica a salvare il bambino appeso al 4° piano. Ma sono stati i telefonini a dare a Gassama la possibilità del colloquio con il presidente francese che premiando il 22enne loda se stesso con un’immagine di magnanimità e giustizia. Milioni di visualizzazioni e il soprannome “Spider man” hanno fatto di Mamoudou l’eroe istantaneo e l’alfiere nero della differenza tra le razze: “Le razze esistono e di tutte la superiore è quella africana”, ebbe a scrivere il collega Pietro Veronese. La vicenda del giovane maliano ora francese è paradigmatica del bisogno dei gruppi ben pensanti bianchi di stemperare la superiorità occidentale (quel nobile impegno che Rudyard Kipling poetava 120 anni fa ne “Il fardello dell’uomo bianco” finito con l’assurgere invece a manifesto del colonialismo) con esempi che dimostrino la superiorità altrui, degli “estranei”, pacificando coscienze e tacitando razzismi. Encomiabile pulsione multiculturale che produce però l’eccezionalità di e- venti come quello di Parigi, che acquisisce magnitudine mediatica proprio perché ha per protagonista un “altro”, un “diverso” dal gruppo maggioritario. Lo “Spider man nero” come “mosca bianca” di una comunità pavida e intenta a riprendere gli avvenimenti senza parteciparvi, tenendosi a distanza si sicurezza. Il bel viso di Mamoudou Gassama diviene il volto di una Repubblica nella quale la frattura multiculturale è sempre più evidente e il meccanismo virtuoso di assimilazione pare ormai inceppato. Diviene dunque esempio perfetto da mostrare, eletto a vessillo della Repubblica, “prodotto” efficace e social, unico e perciò difficilmente ripetibile: perché solo i “super-eroi” meritano di divenire francesi (o italiani, europei, etc...).