I soldi per ora non bastano: investimenti solo sul sicuro
Chi si aspetta che Sergio Marchionne esca di scena dopodomani, potrebbe rimanere deluso. Del successore è trapelato poco o nulla, dunque a meno di colpi di scena ci sono possibilità che la barca Fca continui a essere timonata da lui fino alla primavera del prossimo anno. Quel che il manager maglionato non potrà fare alla presentazione del piano industriale 2018-2022, tuttavia, sarà esimersi dall'affrontare una delle questioni più stringenti che riguardano la sua azienda: su quale tipo di alimentazioni punterà in futuro? In tal senso, siamo fermi alle indiscrezioni del Financial Times dello scorso febbraio, riguardo l'abbandono del diesel entro 4-5 anni da parte del gruppo (veicoli commerciali esclusi). Un'opzione che gli osservatori più maligni motivano con l'incapacità di svilupparne di più moderni e puliti per mancanza di risorse economiche. Una scelta, comunque sia, che presuppone investimenti: la via in questo caso pare obbligata, e porta alla trazione elettrificata. Ibride, sia con tecnologia mild (sistema elettrico a 48 Volt) che plug-in (ricarica da presa), ed elettriche al 100%, queste ultime più in là come orizzonte temporale.
ALTRA PARTE fondamentale è il prodotto, visto che l’ad ha puntato più sul risanamento dei conti del gruppo. A cominciare da quello che per ora manca al mar- chio che ha motorizzato l'Italia, ovvero Fiat. Niente più Punto e Tipo, giunte a fine corsa e con zero sostituti in vista, e decisione su 500L ancora in bilico. L'arrivo della nuova Panda sarà poi rimandato al 2020 (anno entro il quale dovrebbe arrivare anche la prossima generazione di 500, a 13 anni dall'arrivo della prima), e la sua produzione spostata dal- l'Italia alla Polonia, secondo la strategia che vuole costruiti nel nostro Paese solo quelli che vengono considerati veicoli premium, che nel caso di Fiat significa parte della famiglia 500. Per inciso, il marchio di Torino sta perdendo terreno sia in Brasile, storica gallina dalle uova d'oro, che in Europa, come pure in Italia, dove nei primi quattro me- si dell'anno ha lasciato sul campo il 14,8% delle vendite rispetto al primo quadrimestre 2017, a fronte di un mercato sostanzialmente stabile. E infine, fatto da non sottovalutare, ha solo uno sport utility (la 500X) nella propria offerta: poco, per pensare di affrontare una concorrenza che inonda di prodotti del genere (ad alto rendimento commerciale) tutti i segmenti. “Non sto uccidendo Fiat. In
Europa ha poco appeal ma in Sudamerica ha grosse prospett i v e ” , diceva March ionne. Sarà, ma modelli 500 a parte, il resto della produzione rischia in futuro ritrovarsi a competere nel low cost.
SI PARLAVA poc’anzi della nuova strategia premium: qui i marchi di riferimento sono Alfa Romeo, Maserati e il "campione" Jeep. Per adesso le uniche certezze riguardo al Biscione sono il capolinea per la Mito, che anche in questo caso non dovrebbe essere sostituita (a meno di ipotizzare un piccolo suv, per ora solo nei pensieri), e l'arrivo di uno sport utility più grande rispetto alla Stelvio. Ancora avvolto dalla nebbia, invece, il futuro della Giulietta. Così come, in generale, quello di Maserati: di certo c'è solo che arriverà un suv di dimensioni più contenute rispetto alla Levante, probabilmente in produzione dal prossimo anno a Mirafiori. Sul resto della gamma, che pure necessiterebbe di ricambi generazionali (Quattroporte soprattuttto, poi Ghibli, GranCabrio e GranTurismo), per adesso più o meno tutto tace. Grossi progetti invece quelli che riguardano Jeep, il vero money maker del sodalizio italo- americano: in questo caso non si bada a spese, certi dei ritorni economici. E allora sotto con una versione pick-up della Wrangler e con un top di gamma da sette posti che si chiamerà Grand Wagoneer (il nome della versione da 5 passeggeri sarà invece Wagoneer), insieme con un mini-suv da piazzare come entry level al di sotto della Renegade, che viene prodotta a Melfi con la 500X.
Strategia
Il manager ha puntato più a risanare i conti del gruppo che al prodotto