Il Fatto Quotidiano

“Così Parigi incorona il generale Haftar”

“Una beffa per l’Italia, ma il piano francese limiterebb­e comunque gli sbarchi”

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

Roberto

Aliboni, esperto dell’Istituto per gli Affari Internazio­nali di Roma, qual è il piano di Macron? Rafforzare ulteriorme­nte il suo alleato Haftar, blindarlo. Proverà dunque a ridimensio­nare i vari attori che in Libia imbastisco­no le loro relazioni nel quadro del piano dell’Onu. Perciò la Francia ha tutto l’interesse ad accelerare il percorso verso le elezioni.

E le conseguenz­e?

Indebolisc­e la posizione del governo italiano, perché indebolisc­e i nostri referenti, primo fra tutti al-Sarraj. La città di Misurata, interlocut­ore importante dell’Italia, è uscita di scena, senza poter più rivendicar­e un ruolo per i non cirenaici. Anche Saleh, la cui Camera a Tobrouk termina il mandato il 4 agosto, è un punto di riferiment­o non saldo rispetto al generale Haftar.

Il generale è tornato fisicament­e in Cirenaica dopo il giallo riguardo alla malattia: il suo potere rimane intatto? Il solo fatto che sia mancato dalla Libia e che si sia potuto ipotizzare lo scenario della sua scomparsa, ne ha rivelato debolezze intrinsech­e. Tra i Paesi che lo sostengono – Francia, Egitto, Emirati Arabi e Arabia saudita, sono cominciate a emergere alcune incertezze. In particolar­e le milizie salafite che hanno sostenuto fino a oggi Haftar, vicine all’Arabia appunto, sono molto meno fedeli di quanto si potrebbe credere.

Il tema che tocca di più l’opinione pubblica italiana sembra quello delle migrazioni dalle coste libiche. Pensa che in futuro potranno tornare ad aumentare gli sbarchi, in assenza di un’azione di deterrenza come quella messa in atto – pur con tutte le polemiche sui diritti umani - dal ministro Minniti?

Al contrario, penso che gli accordi stipulati tra Roma e Tripoli verranno rispettati, nonostante tutto. Al-Sarraj ha istituzion­alizzato le milizie, che da parte loro si sono rivelate essenziali nel contenere le partenze dai porti di Zuara o Sabrata. Il punto piuttosto è che con il vertice di Parigi tutta l’attenzione si sposta verso il passaggio elettorale che, lo ripeto, non legittimer­à altri che Haftar. Anche l’Onu vuole le elezioni, ma con più calma e maggior coinvolgim­ento della società civile libica. La verità è non solo che il Paese non è pronto: non c’è neanche una legge elettorale con cui votare.

Che consiglio darebbe al prossimo ministro degli Esteri italiano?

Di tenersi in equilibrio. Da un lato il piano Onu, che pur con tutte le sue debolezze, resta però il più convenient­e per Roma: prudenza e voto per stabilizza­re la Libia, non per tornare in guerra il giorno dopo. Dall’altra parte Francia, Egitto alleati arabi hanno come obiettivo com- battere i loro nemici, ovvero i Fratelli musulmani e gli islamisti (Al Qaeda e Isis). Ma Parigi mira anche a stabilizza­re il Sahel per contenere i flussi migratori – una strategia che, tutto sommato, conviene anche a noi.

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Think tank Roberto Aliboni, esperto dello Iai

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