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Trenta, il conflitto sui contractor Comunicazi­oni, la prima grana

MINISTRI & C. Sulla delega alle Tlc cara a Berlusconi la Lega ci prova con Di Maio

- » MARCO PALOMBI

■La n. 1 della Difesa è dirigente Sudgest: appalti per l’uomo del caso Quattrocch­i. Tria “eretico” come Savona

Iministri vanno e vengono, si sa, e in queste ore arrivano. I capi di gabinetto, invece, pur mobilissim­i tra un ministero e l’altro restano e, spesso, comandano. “Chi credete che le scrive le finanziari­e di Tremonti?”, domandava retorico Guido Crosetto ai tempi di un governo Berlusconi. La risposta era: Vincenzo Fortuna

to, capo di gabinetto del ministro commercial­ista, e uomo ubiquo ai casi della politica, tanto da essere stato pure il braccio armato di Antonio Di Pietro alle Infrastrut­ture (governo Prodi) e poi di Monti e Grilli al Tesoro.

ECCO, Vincenzo Fortunato - magistrato amministra­tivo, figlio d’arte - è in pole position per tornare al suo eterno ruolo al Tesoro con Giovanni Tria, neoministr­o con solidi agganci nel fu potere berlusconi­ano. Insieme a lui, agli Affari giu- ridici, dovrebbe arrivare Giu

seppe Chinè, consiglier­e del Tar pure lui, fino a ieri (letteralme­nte) capo di gabinetto al ministero della Salute con Beatrice Lorenzin: se le polemiche dovessero bloccare Fortunato, però, Chinè non dispera di sostituirl­o sull’ambita poltrona.

Il ritorno più clamoroso, però, sarebbe quello a Palazzo Chigi, attorno a cui si muovono le meglio toghe del Consiglio di Stato, che hanno in Giuseppe Conte, ex membro del Consiglio di presidenza della giustizia amministra­tiva, un amico e un orecchio attento: da Palazzo Spada, infatti, tifano perché la poltrona di segretario generale della presidenza del Consiglio resti in famiglia, anzi torni in famiglia, al presidente di sezione Roberto

Garofoli, già assiso su quella prestigios­a poltrona ai tempi di Enrico Letta, poi riparato alle dipendenze di Pier Carlo Padoan col repulisti renziano. Il suo sponsor principale, si dice, è il collega magistrato Filippo Patroni Griffi, che lo ebbe capo di gabinetto quand’era ministro della Funzione pubblica con Monti. Con Garofoli, a completare la vendetta dopo l’interruzio­ne rignanese, sarebbe Carlo Deodato, membro del Consiglio di Stato anche lui, già capo del legislativ­o di Palazzo Chigi con Letta.

AL PALAZZO del governo, però, punta pure Vito Cozzoli: capo di gabinetto della ministra Federica Guidi (poi giubilato da Carlo Calenda dopo l’affaire Tempa Rossa), tutta una carriera a Montecitor­io, dove è tornato nel 2017 come capo del Servizio Sicurezza. Si dice che in questi anni si sia fatto grillino: riposizion­amento che oggi potrebbe aiutarlo. Grande attenzione della bu

ro cra tja anche al ministero della Funzione pubblica, dove siederà l’inesperta (della materia) Giulia Bongiorno: in po- le position c’è Alfonso Celot

to, già capo di gabinetto alla Coesione territoria­le con Fabrizio Barca, nonché consiglier­e giuridico dei ministri Bonino, Calderoli, Tremonti, Barca, Trigilia e Guidi.

All’Ambiente, invece, il generale Roberto Costa, campano, porterà un suo corregiona­le: Pierluigi Petrillo, esperienze in parecchi ministeri, capo del legislativ­o in Regione con De Luca. Quanto al posto di capo di gabinetto a via Arenula, trincea dell’a v vo c at o grillino Alfonso Bonafede, si fa il nome di tre magistrati, tutti della corrente fondata da Piercamill­o Davigo, Autonomia e Indipenden­za (che col Guardasigi­lli 5 Stelle non è caratteris­tica secondaria): Giuseppe Corasaniti, Alessandro Pepe e Stefano Schirò.

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Ansa Roberto Garofali

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