Trenta, il conflitto sui contractor Comunicazioni, la prima grana
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■La n. 1 della Difesa è dirigente Sudgest: appalti per l’uomo del caso Quattrocchi. Tria “eretico” come Savona
Iministri vanno e vengono, si sa, e in queste ore arrivano. I capi di gabinetto, invece, pur mobilissimi tra un ministero e l’altro restano e, spesso, comandano. “Chi credete che le scrive le finanziarie di Tremonti?”, domandava retorico Guido Crosetto ai tempi di un governo Berlusconi. La risposta era: Vincenzo Fortuna
to, capo di gabinetto del ministro commercialista, e uomo ubiquo ai casi della politica, tanto da essere stato pure il braccio armato di Antonio Di Pietro alle Infrastrutture (governo Prodi) e poi di Monti e Grilli al Tesoro.
ECCO, Vincenzo Fortunato - magistrato amministrativo, figlio d’arte - è in pole position per tornare al suo eterno ruolo al Tesoro con Giovanni Tria, neoministro con solidi agganci nel fu potere berlusconiano. Insieme a lui, agli Affari giu- ridici, dovrebbe arrivare Giu
seppe Chinè, consigliere del Tar pure lui, fino a ieri (letteralmente) capo di gabinetto al ministero della Salute con Beatrice Lorenzin: se le polemiche dovessero bloccare Fortunato, però, Chinè non dispera di sostituirlo sull’ambita poltrona.
Il ritorno più clamoroso, però, sarebbe quello a Palazzo Chigi, attorno a cui si muovono le meglio toghe del Consiglio di Stato, che hanno in Giuseppe Conte, ex membro del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, un amico e un orecchio attento: da Palazzo Spada, infatti, tifano perché la poltrona di segretario generale della presidenza del Consiglio resti in famiglia, anzi torni in famiglia, al presidente di sezione Roberto
Garofoli, già assiso su quella prestigiosa poltrona ai tempi di Enrico Letta, poi riparato alle dipendenze di Pier Carlo Padoan col repulisti renziano. Il suo sponsor principale, si dice, è il collega magistrato Filippo Patroni Griffi, che lo ebbe capo di gabinetto quand’era ministro della Funzione pubblica con Monti. Con Garofoli, a completare la vendetta dopo l’interruzione rignanese, sarebbe Carlo Deodato, membro del Consiglio di Stato anche lui, già capo del legislativo di Palazzo Chigi con Letta.
AL PALAZZO del governo, però, punta pure Vito Cozzoli: capo di gabinetto della ministra Federica Guidi (poi giubilato da Carlo Calenda dopo l’affaire Tempa Rossa), tutta una carriera a Montecitorio, dove è tornato nel 2017 come capo del Servizio Sicurezza. Si dice che in questi anni si sia fatto grillino: riposizionamento che oggi potrebbe aiutarlo. Grande attenzione della bu
ro cra tja anche al ministero della Funzione pubblica, dove siederà l’inesperta (della materia) Giulia Bongiorno: in po- le position c’è Alfonso Celot
to, già capo di gabinetto alla Coesione territoriale con Fabrizio Barca, nonché consigliere giuridico dei ministri Bonino, Calderoli, Tremonti, Barca, Trigilia e Guidi.
All’Ambiente, invece, il generale Roberto Costa, campano, porterà un suo corregionale: Pierluigi Petrillo, esperienze in parecchi ministeri, capo del legislativo in Regione con De Luca. Quanto al posto di capo di gabinetto a via Arenula, trincea dell’a v vo c at o grillino Alfonso Bonafede, si fa il nome di tre magistrati, tutti della corrente fondata da Piercamillo Davigo, Autonomia e Indipendenza (che col Guardasigilli 5 Stelle non è caratteristica secondaria): Giuseppe Corasaniti, Alessandro Pepe e Stefano Schirò.