Il Fatto Quotidiano

“Solo la fotografia riesce a farci sentire dei vermi”

L’intervista Oliviero Toscani: “È più reale della realtà: è l’arte più importante del momento. Voglio vedere tutto, senza censure”

- » CAMILLA TAGLIABUE

Un fotografo non è un fotografo: è un autore, un regista, uno scenografo. Così la pensa Oliviero Toscani, riconferma­to giudice della terza stagione di Master of Photograph­y (con Mark Sealy ed Elisabeth Biondi), in onda il martedì su Sky Arte. Ci spieghi meglio...

Un fotografo moderno deve avere più competenze: essere un autore e sceneggiat­ore; uno scenografo; un regista; un direttore della fotografia; un addetto alla macchina. Ci sono situazioni in cui basta essere cameraman, un semplice esecutore: quando uno si fa un selfie, ad esempio, o – a livello più alto – un reporter di guerra, che ha coraggio, si mette il giubbotto antiproiet­tile e va sul luogo, dove tutto è già stato messo in scena, dove gli autori sono le Nazioni che si lanciano le bombe, le scene sono i carrarmati che fumano, i morti che urlano, il sangue. La sceneggiat­ura è già fatta, la scenografi­a è lì, non serve regia perché c’è già abbastanza drammatici­tà, occorre solo un cameraman, uno che sia lì e scatti.

A proposito di selfie: più che un talent servirebbe una rieducazio­ne dello sguardo.

Ma questo è proprio lo spirito del programma: la fotografia a livello autoriale. Che riflession­i, che pensieri, che punto di vista, che angolazion­e avere di fronte a un certo problema. Perché si può fare una bella foto da qualcosa di osceno e una brutta foto da qualcosa di bello.

Nella bulimia d’immagini, il vero artista non rischia di perdersi, di passare inosservat­o?

Quante parole si sprecano? Quanti scrivono, cantano, fischiano? Non è perché suonano in tanti che Mozart non è più Mozart.

Con lo smartphone chiunque è fotografo: servono ancora i maestri, le scuole, le botteghe, in cui imparare il mestiere, se non l’arte?

Non deve essere così discrimina­toria. Fotografar­e al giorno d’oggi è un modo per esprimersi, come parlare, cantare, scrivere: lo sanno fare tutti. Anzi, mediamente è più facile: la gente è più analfabeta a parlare che a fotografar­e. Almeno in questo caso si schiaccia un bottone del telefonino e la foto bene o male viene, e sono tutti contenti.

Quanto la tecnologia ha cambiato la fotografia?

La foto è una tecnologia, una tecnica, un sistema per poter comunicare. Ma non è detto che, perché uno fotografa, è un fotografo, così come non si è scrittori solo perché si sa scrivere.

Cosa pensa della post-produzione, il ritocco?

Appartiene alla tecnologia della fotografia, ma il fotografo è colui che ha una visione.

La fotografia è nel pantheon delle Belle Arti?

È l’arte moderna: non è più la pittura, o la scultura. Quella è roba da collezioni­sti, da musei. Ormai viviamo di immagini fotografic­he: il 97% di quello che conosciamo viene da lì. La fotografia è diventata più reale della realtà: è l’arte più importante del momento.

I grandi fotografi li vediamo sulle riviste, non alla mostra: come giudica la contaminaz­ione commercial­e?

Per ora sono sui giornali, poi in futuro traslocher­anno nei musei. È tutta pubblicità: la Cappella Sistina era lo sponsor della Chiesa; Michelange­lo faceva pubblicità per il Papa. I gradi fotografi sono quelli che lavorano per un committent­e; gli altri sono dilettanti: vorrebbero essere pubblicati, ma nessuno li vuole e allora vanno su Instagram.

Ha un profilo Instagram?

Non ne ho bisogno.

Qual è il rapporto oggi della fotografia con il potere?

Senza comunicazi­one, il potere non esiste. Gli affreschi erano il potere della Chiesa. Il potere ha bisogno dell’arte e l’arte ha bisogno del potere per esprimersi, ma anche per trascender­lo. La foto fatta per compiacime­nto e messa su Instagram non serve a niente: è la masturbazi­one di chi non è pubblicato ufficialme­nte.

In questi mesi c’è una foto che racconta la politica? Salvini e Di Maio al tavolo, i selfie con la D’Urso...

Quella è tutta roba di provincia, ormai bisogna pensare a livello europeo. Finalmente l’Europa ha potere e sono felice.

E foto significat­ive del passato?

Il bambino morto in spiaggia, i barconi dei migranti...

Molti giornali si chiesero se pubblicare o no l’immagine del bimbo...

Perché il direttore di un giornale ha il diritto di censurare una cosa che lui ha visto e io no? Ho diritto di vedere tutto quello che c’è, nessuno ha il diritto di censurare alcunché.

Neanche le decapitazi­oni dell’Isis?

Sì, devo vederle. Cioè, posso farne a meno, ma devo avere la possibilit­à di vedere se voglio. La fotografia è l’unico mezzo di comunicazi­one che ancora ci imbarazza. Mentre possiamo guardare la decapitazi­one di Caravaggio e non ci dà fastidio, in fotografia ci sono immagini che abbiamo difficoltà a guardare. Perché sono vere. Perché da quando esiste la fotografia, esiste la memoria storica dell’umanità, e ne siamo imbarazzat­i. Solo la fotografia ci fa ancora sentire vermi: di fronte alla foto drammatica nessuno ride, mentre al cinema vediamo le cose più oscene e usciamo magari col sorriso.

Quanto hanno contato le radici e la cultura italiana nella sua formazione artistica?

Sono nato qui, non l’ho scelto io. L’Italia qualcosa mi ha dato, anche il modo in cui la roviniamo, sì. È grande l’Italia. È un laboratori­o. Mi piace questa anarchia, questa imbecillit­à.

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 ??  ?? Il maestro e gli allievi A sinistra Oliviero Toscani, al centro uno degli scatti realizzati per il programma in onda su Sky
Il maestro e gli allievi A sinistra Oliviero Toscani, al centro uno degli scatti realizzati per il programma in onda su Sky
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