Battaglia su Tlc e 007: Di Maio stoppa la Lega Conte si tiene i Servizi
Il vicepremier vuole tutti i poteri sulle Tlc. Grillo alla festa di Roma: “L’euro? Tutti hanno un piano B”
I tricolori e l’inno di Mameli, i palloncini e gli striscioni. Ma tra le labbra dei militanti c’è ancora rancore verso l’uomo del Colle, Sergio Mattarella. In piazza della Bocca della verità, angolo di Roma circondato da inaudita bellezza, i Cinque Stelle festeggiano la loro vittoria, nel 2 giugno che doveva segnare la frattura con il Quirinale e invece diventa un’autocelebrazione, con Beppe Grillo che va dritto sull’euro: “Tutti hanno un piano B”. Mentre dietro le quinte Luigi Di Maio duella con la Lega su poltrone e deleghe nei vari ministeri.
TANTO CHE ORA vuole tenersi quella alla Telecomunicazioni, che sta molto a cuore a Silvio Berlusconi. Ma il Carroccio spinge per darla a un suo uomo, che faccia da vice a Di Maio nel superministero che accorperà Lavoro e Sviluppo economico. E può insistere, facendo notare al grillino che non può pretendere anche le tlc, di consueto assegnata al viceministro del Mise. Però la partita è aperta. Mentre Di Maio lavora anche a un’altra casella, quella del commissario governativo al terremoto. E l’idea è di metterlo al posto della dem Paola De Micheli il geomorfologo Mauro Coltorti. Il senatore che era indicato come ministro delle Infrastrutture nella lista presentata a Mattarella domenica, poi mostrata da Di Maio su Facebook quando sembrava saltato tutto. Invece poi si è trovata la quadra, ma Coltorti è stato scalzato da Danilo Toninelli. E va risarcito. Mentre non ha bisogno di risarcimenti il de- putato Alessio Villarosa, dato in prima fila per la presidenza della commissione Bilancio. Infine, la delega ai Servizi segreti. Pareva destinata al 5Stelle Vito Crimi, ma ora pare che il premier Giuseppe Conte voglia tenersela. E sarebbe abbastanza insolito. Ipotesi, da tradurre in realtà nei prossimi giorni, quando la trattativa entrerà nel vivo.
Nell’attesa, il Movimento si fa la sua festa a Roma. E in un afoso sabato raduna diverse migliaia di persone. E in mezzo ai cori e ai sorrisi si fa spazio anche l’animosità per il nemico che non lo è più, Mattarella. “Non doveva permettersi di contrastare il popolo italiano, se ci riprovasse gli darei un calcio nel c...” scandisce una signora emiliana. Se si chiede agli attivisti del Colle, facce e toni si incupiscono. Quando parlano, perché la diffidenza verso la stampa rimane un totem. “Non bisogna parlare con i giornalisti” consiglia un signore con il sigaro, mentre arrivano parlamentari e ministri. E il senatore Nicola Morra risponde sull’eterno spauracchio, l’euro. E non ci gira troppo intorno: “Le cose così come sono oggi con la moneta unica non funzionano. Se poi come sembra Juncker (il presidente della commissione europea, ndr) si è innaffiato con l’acquasantiera, ben venga”. Il sole comincia a calare, gli addetti spostano le transenne. E il palco si anima. Dopo le 21 Di Maio appare assieme ai ministri a 5Stelle ( manca Toninelli). Cantano l’inno tenendo la mano destra sul cuore.
IL CAPO DIRIGE , ed esagera: “Ora lo Stato siamo noi”. Poi Di Maio porge veloci scuse al Capo dello Stato: “Ri co no sc o grande ragionevolezza a Mattarella, abbiamo trovato una soluzione assieme: saluto lui e il presidente della Camera Roberto Fico, che ci ha dato una grande mano”. E la folla resta fredda. Si riaccende alle 22.08, quando Beppe Grillo sale sul palco agitando una campanella, come quella che si scambiano il premier uscente e il nuovo presidente. “Questo suono - declama - segna il passaggio da una fase all’altra”. E scherza, ma neanche tanto: “Tutti gli striscioni contro Mattarella girateli dall’altra parte, così si legge viva Mattarella”. Poi maledice il Jobs Act, “che ha legalizzato la povertà”. E alla fine parla indirettamente di euro: “Europa, non Europa, contro l’euro, non contro l’euro ma tutti hanno un piano B”. Ed è l’eresia che solo lui poteva dire. Il creatore, degli alieni al potere.
Ritorno in piazza Doveva essere il sit-in anti-Colle, invece si canta l’Inno di Mameli Il capo: “Ora lo Stato siamo noi”