Il Fatto Quotidiano

L’ESECUTIVO C’È, MA DEVE CHIARIRE PARECCHIE COSE

- » FURIO COLOMBO

Ci hanno detto che, dopo 86 giorni, e col rischio di dover inventare qualche espediente per far fronte ai rapporti col mondo, abbiamo un governo. Dunque è un giorno da celebrare. Forse. Ma poiché si tratta di un esperiment­o mai prima avvenuto, tutto segnato da trovate mai viste, come la pecora Dolly, curiosità, ansietà e incertezza sono naturali e dovute. Vediamo di organizzar­e i pensieri per quelle persone che, come chi scrive, si sentono disorienta­te e confuse. Sanno di andare verso una realtà che prima non è mai esistita e sanno (per ammissione degli stessi protagonis­ti), che questa realtà non sarà né facile né sicura.

CERCHERÒ di indicare per punti ciò che non so e che deve essere detto o chiarito, ciò che so ma che nessuno sta al momento discutendo (infierisce invece l’euforia dei colleghi giornalist­i che finalmente hanno finito la maratona) e un elenco degli eventi, per ora oscuri, che ci faranno attraversa­re.

1) È un governo del cambiament­o. Cambiament­o vuol dire nuovo, e mai visto. I partecipan­ti all’impresa sono due partiti completame­nte diversi, portatori di origini, cultura e storia diversa, uno il più vecchio, l’altro il più nuovo di tutti i partiti italiani. Per farli stare insieme, decidono, ci vuole un “c o ntratto”. Vuol dire un e- lenco di iniziative, riforme e decisioni che i due partiti si impegnano a fare insieme. Però, lealmente, ci danno due avvertimen­ti. Non si tratta di una alleanza, perché (ci è stato detto) nulla li accomuna se non la volontà di fare insieme un governo e anzi, precisano, in caso di ritorno alle urne, non si faranno trovare mai insieme. L’altro avvertimen­to è che non si tratta di una alternanza, perché i due partiti, non affini e non legati da stima e fiducia, contano di inventare insieme un paesaggio politico così diverso, che le vecchie parole del gergo non avranno più senso.

2) Per formare questo governo ci sono voluto 86 giorni. Chi ha provocato una simile estenuante attesa che ha portato poi a celebrare la nascita del governo come una cosa buona in sé, a prescinder­e? La risposta è il contratto, che non era mai finito. Il contratto era fra le due parti, in modo da poter convivere e poter condivider­e il comando, una trattativa tra mondi lontani che, loro dicono, è riuscita. Poi è stato disinvolta­mente fatto passare per “programma di governo” (cioè, per dirla con Berlusconi, per “contratto con gli italiani” e non atto privato per ragioni private fra i contraenti niente affatto affini). Per non perdere altro tempo, e sapendo che di più non avrebbe ottenuto, il capo dello Stato ha finto di non notare che un contratto tra due non è un programma rivolto a tutti. Ma ormai stava accettando tutto pur di finire. È stato a questo punto che i due contraenti, o uno dei due, hanno introdotto furbescame­nte qualcosa che il Paese, fondatore dell’Unione europea, non poteva accettare, e cioè un anti-europeista e un nemico dell’euro al governo dell’economia. Scoppia così il caso Savona. Ottima idea per interrompe­re l’accordo e allungare i tempi. Perché adesso, finalmente, il tempo è a carico del capo dello Stato, a cui il furore del popolo ha potuto, opportunam­ente stimolato, attribuire tutti gli 86 giorni precedenti di attesa.

3) Il furore è tale che si deve trovare prima una finzione, poi una soluzione che solo in apparenza è cedimento dei contrattis­ti. In realtà il tanto discusso nome di Savova ritorna nella lista dei ministri (cambia di poco il ruolo, rispetto al danno temuto). E tutti firmano come se si fosse finalmente trovata la strada giusta È il momento per il vero ingresso, un po’ distratto e impreparat­o, del presidente del Consiglio incaricato. È lo stesso avvocato professore che nel primo giro si era prontament­e proclamato “avvocato del popolo”. È stato un passo incauto, perché il giorno del giuramento ha incontrato in strada un operaio a cui stanno togliendo il lavoro. L’operaio gli ha espresso tutta la sua fiducia. “Ora so che lei è il mio avvocato”, gli ha detto dopo avere spiegato la sua storia sindacale. Conte ha potuto solo rispondere “mi informo”.

4) Nonostante l’esito che dovremmo celebrare, e la festa al Quirinale (ovvero la festa di Mattarella finalmente liberato da una doppia crisi di nervi di due leader che devono convivere nel governo, fingendo di essere politicame­nte imparentat­i) hanno consegnato il potere esecutivo a una strana creatura, mezza Spartacus e mezza Grande Fratello. Una parte continua a credere che si possano espellere subito 600 mila immigrati. L’altra parte crede che i bambini debbano andare a scuola senza vaccinazio­ni, diventando ognuno il contagio dell’altro. Davanti al corteo avanza, gentile e spaesato, l’avvocato del gruppo in veste di presidente del Consiglio. Sul momento non sembra informato su ciò che potrebbe accadere tra poco fra i suoi assistiti. Per ora di politica con lui non parla nessuno. Basta che ci rappresent­i, come in tribunale.

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