Il Fatto Quotidiano

PER CULTURA E AMBIENTE URGE LA SVOLTA DELL’ART. 9

Lettera ai ministri di Cultura e Ambiente: tutelate un immenso patrimonio che è di tutti

- » VITTORIO EMILIANI

Signori ministri dei Beni Culturali e dell’Ambiente, da voi dipende un patrimonio immenso che è di tutto il popolo italiano e che i costituent­i con l’articolo 9 vollero preservato senza vaghezze di sorta: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.” Purtroppo chi vi ha preceduto, prima ha ridotto a metà i fondi ministeria­li per il patrimonio storico e artistico (crollati dallo 0,39 % allo 0,19% del bilancio statale), poi ha sconvolto le articolazi­oni stesse della tutela. Un testone a Roma, braccia fragili sul territorio.

Ministro Alberto Bonisoli, ascolti, invece di ignorarli come fece Franceschi­ni, i suggerimen­ti di quanti con un senso dello Stato ben più alto dei loro stipendi operano “sul campo”, nelle Soprintend­enze territoria­li, negli archivi, nelle biblio- teche, nella rete dei Musei, ecc. Il soprintend­ente di Roma, Francesco Prosperett­i, le ha già richiesto di ripensare l’a ssurda separazion­e fra musei e territorio, mortale per l’archeologi­a. Ha portato un esempio concreto: sabato scorso è stata ritrovata la Tomba dell’Atleta sulla Tiburtina, però non potrà essere musealizza­ta “perché l’interruzio­ne del rapporto con le Soprintend­enze non lo consente”.

Sì, perché, signor ministro, la “deforma” Franceschi­ni ha diviso la tutela (alle Soprintend­enze, senza mezzi adeguati) e la valorizzaz­ione (ai Musei, divenuti una entità astratta, e qualche volta a Fondazioni private). Con l’illusione molto provincial­e di “far s ol d i” coi Musei. Mentre, come lei ben sa, il Louvre copre con le entrate soltanto la metà dei propri costi e il resto ce lo mette lo Stato.

E poi, anche quando i totem dell’archeologi­a come il Colosseo o Pompei, incassano fior di euro, una bella fetta va alle società private di servizi aggiuntivi. La cultura è il più grande dei beni pubblici, ma l’Italia, con un modesto 0,25-0,27 % del bilancio statale investito in essa è fra gli ultimi nella Ue. I privati (mecenati, pochissimi, sponsor, un po’ di più) possono dare un po’ di ossigeno, ma è lo Stato, sono le Regioni, i Comuni che devono investire seriamente, saggiament­e, in cultura. Avviene così in ogni Paese civile. Più in- vestimenti richiedono più personale. Se archeologi, storici dell’arte, architetti sono pochi, restauri e recuperi “non ca mm in ano ”. L’ultimo concorso – dopo decenni – sta immettendo quadri nuovi. Ma l’età media è sui 55 anni. Negli archivi e nelle bibliotech­e sui 60.

Passiamo al paesaggio – sul quale ha molte competenze il ministro dell’Ambiente – che risulta il bene comune più aggredito da ogni sorta di speculazio­ne. Un rimedio forte sono i Piani paesaggist­ici che il Codice prescrive “copianific­ati” da Regioni e Mibact. Non costano molto. Costano sangue perché ogni corporazio­ne a cui si tagliano le unghie (costruttor­i, cavatori, lottizzato­ri, trivellato­ri, ecc.) insorge e mostra i denti. Lo si è visto in Toscana che, con la Puglia e il Piemonte, compone lo sparuto trio delle Regioni che in tanti anni hanno approvato il Pia- no. Altre, come la Sicilia, si rifiutano da sempre di darsi una tutela pianificat­a, dissipando coste, montagne e centri storici.

È così anche per la difesa dei Parchi Nazionali e Regionali, 23 i primi, 136 i secondi, garanzia per la salute psico-fisica degli italiani, ma che una legge “sfasciapar­chi” voleva svuotare, frantumare a spezzatino regionale e locale, con presidenti sempre più scelti fra i politici trombati. Generale Sergio Costa, esperto di ecomafie, ascolti la voce leale e informata dei pionieri dei Parchi, del Gruppo dei 30, difenda con loro questo immenso patrimonio ambientale e paesaggist­ico il cui primo legislator­e si chiama Benedetto Croce e il più recente Antonio Cederna. La buona legge Cederna-Ceruti del 1991 va soltanto adeguata al Codice per il paesaggio. Coraggio.

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