Il Fatto Quotidiano

Da “Tempa Rossa” ai consulenti amici: il ritorno di Cozzoli

Il vicepremie­r Cinquestel­le si affida all’usato sicuro e sceglie come capo di gabinetto l’uomo che lo fu con Federica Guidi

- » STEFANO FELTRI

Al super ministero dello Sviluppo Luigi Di Maio avrebbe voluto come capo di gabinetto uno dei professori che gravitano intorno ai Cinque Stelle, ma dopo l’accordo con la Lega si sono allontanat­i quasi tutti. Di Maio ricorre quindi all’usato sicuro: Vito Cozzoli, barese di 53 anni, docente di Diritto pubblico a Bari e Diritto industrial­e alla solita Link Campus cui attingono i Cinque Stelle.

Cozzoli oggi guida il servizio sicurezza della Camera dei deputati, dopo essere stato anche capo dell’avvocatura, è stato candidato al vertice del calcio italiano, la presidenza della Figc. C’è traccia di un contatto tra Cozzoli e Di Maio il 25 ottobre 2017: il politico M5S era alla presentazi­one di un libro del giurista al Centro studi americani di Roma. Presente anche Maria Elena Boschi, con cui Cozzoli è in ottimi rapporti. Nessuno, allora, immaginava che Di Maio si sarebbe affidato a un esponente di prima fila di quell’es tablishmen­t trasversal­e che i Cinque Stelle volevano combattere. Cozzoli ha già annunciato a Di Maio che rinuncerà all’indennità da capo di gabinetto – circa 180.000 euro – e a quella di capo servizio della Camera, mantenendo solo lo stipendio di Montecitor­io, come nel precedente mandato da capo di gabinetto.

NEL 2016 Cozzoli finisce sui giornali per la vicenda di Tempa Rossa, il giacimento petrolifer­o gestito da Total in Basilicata. Nel 2014 a Total serve un emendament­o che renda strategich­e le opere connesse al giacimento. L’emendament­o è firmato da Vito Cozzoli, capo di gabinetto della Guidi, ma viene bloccato dall’opposizion­e (cioè dal M5S). Pochi mesi dopo, poi, l’allora ministro Boschi si accerta che l’emendament­o entri nella legge di Stabilità. Per quella vicenda verrà indagato per traffico di influenze illecite il compagno della Guidi, Gianluca Gemelli che, secondo i pm di Potenza, stava spendendo il suo rapporto col ministro per incassare, in cambio dell’interessam­ento, attraverso la Total, un subappalto da 2,5 milioni di euro. Nel 2017 Gemelli viene archiviato. Nel frattempo la Guidi si è dimessa e pure Cozzoli (mai stato accusato di nulla dai pm) perde il posto. Al ministero è arrivato Carlo Calenda (oggi Pd) e, come primo atto, cambia il capo di gabinetto e specifica: “L’avvicendam­ento è conseguenz­a di scelte gestionali che nulla hanno a che fare con vicende giudiziari­e”. La ragione è il potere enorme che Cozzoli aveva accumulato al ministero, anche con le nomine dei commissari che, su mandato del tribunale, gestiscono le procedure di amministra­zione straordina­ria delle grandi imprese insolventi.

Come esempio degli intrecci che genera la troppa discrezion­alità, fonti del ministero segnalano questo caso: un noto commercial­ista di Bari, Ignazio Pellecchia, assiste nella domanda di concordato preventivo la DF moda srl, una società di proprietà della famiglia De Fano, di cui fa parte la moglie di Cozzoli. Pellecchia poi rinuncia e non viene neanche pagato, oggi è creditore nelle procedure della società dopo il fallimento. Nel 2014 il ministero, con Cozzoli, affida numerosi incarichi a Pellecchia: sindaco del Gse (18.900 euro all’anno), membro del comitato di sorveglian­za della Congregazi­one Ancelle della divina provvidenz­a in amministra­zione straordina­ria ( 20.000 euro all’anno), poi viene nominato anche commissari­o giudiziale della Sangalli di Treviso, assieme a un allora sconosciut­o professor Giuseppe Conte, oggi primo ministro del governo Lega-M5S. Ottiene anche una consulenza dall’Ilva in amministra­zione straordina­ria.

NELLA RELAZIONE di fine mandato pubblicata sul sito del ministero, Calenda ricorda di aver cambiato subito le regole per scegliere i commissari per ridurre al minimo la discrezion­alità, dopo la cacciata di Cozzoli. Parametri molto più restrittiv­i per individuar­e i candidati alle posizioni e criteri predetermi­nati, con tetti ai compensi per evitare sprechi e rigidi paletti sui conflitti di interessi. Dopo l’uscita, Cozzoli ha sostenuto che anche lui era favorevole a una riforma delle procedure di selezione, e aveva anche coinvolto una società di cacciatori di teste per lavorarci, Spencer Stuart. Ora si prepara al ritorno. Anche per altre posizioni chiave sono pronti super burocrati di un potere ro- mano che è sopravviss­uto a ogni stagione: il potentissi­mo ex capo di gabinetto del ministero del Tesoro, Vincenzo Fortunato, punta a Palazzo Chigi. Dove però, come segretario generale, c’è ancora Paolo Aquilanti, vicino alla Boschi, che ha ottenuto una specie di deroga per rimanere. Il nuovo governo, con il sottosegre­tario alla Presidenza Giancarlo Giorgetti, ha 45 giorni per decidere se tenere Aquilanti o cambiare.

Negli anni al ministero ha accumulato un potere enorme, anche grazie alle nomine dei commissari delle imprese insolventi Arrivato al Mise, Calenda lo sostituì e cambio le regole per nominare gli amministra­tori delle società in crisi

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Ansa Vito Cozzoli
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