Il Fatto Quotidiano

Sherlock Mattarella: 89 giorni di indizi per risolvere il caso

Il 4 marzo vengono rinvenuti tre cadaveri politici: il Pd, FI e tutta la Seconda Repubblica. Tocca all’investigat­ore del Colle trovare una soluzione e un governo: tre mesi di indagini

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

La notte è appena sfumata nel blu che annuncia l’alba. Lunedì 5 marzo 2018, nello studio del capo dello Stato alla Quirinale. Sergio Mattarella si stropiccia gli occhi venati di rosso, poi passa la mano sulla chioma bianca. Non ha dormito ed è in riunione con i suoi tre consiglier­i. Prende la tazzina del caffè e chiede al Primo consiglier­e: “Mi dica”.

“Presidente, c’è stato il riconoscim­ento ufficiale: l’identità dei tre cadaveri politici è stata confermata”. “È come temiamo?”. “Purtroppo sì e sono anche ridotti male: gli assassini hanno infierito con ferocia”.

I TRE cadaveri politici sono la Seconda Repubblica, il Pd di Matteo Renzi e Forza Italia di Silvio Berlusconi. Cinquestel­le e Lega hanno trionfato alle elezioni politiche di domenica 4 marzo: rispettiva­mente 32 e 17 per cento. Il Pd è invece morto al 18 per cento, Forza Italia al 14 addirittur­a.

Mattarella: “Bisognerà trovare un governo, come faccio? Il mio partito, il Pd, si è ucciso con le sue stesse mani. L’arma del delitto è il Rosatellum”.

Secondo consiglier­e: “Presidente le suggerisco di indagare con il metodo deduttivo di Sherlock Holmes”.

“Ma io sono solo un arbitro maieutico”.

La scienza della deduzione, diceva Sherlock Holmes, è infallibil­e: “Una volta eliminato l’impossibil­e, ciò che resta, per quanto improbabil­e, deve essere la verità”.

Pomeriggio dell’11 marzo, sette giorni dopo le elezioni. Il presidente investigat­ore si china e con una lente d’ingrandime­nto osserva e scruta alcune palline di colore bianco. I suoi tre consiglier­i hanno appena ricevuto segretamen­te alcuni emissari susperstit­i del defunto Pd.

“Ma è polistirol­o?”

Terzo consiglier­e: “No, sono popcorn presidente. Renzi ha deciso che la linea è quella di godersi lo spettacolo e mangiare popcorn. Ha detto che vuole fare l’opposizion­e e tocca agli altri. Scommette su un governo tra M5S e Lega”.

“Lo immaginavo. Aspettiamo Pasqua per i primi interrogat­ori delle consultazi­oni. Nel frattempo vedremo che accordi si faranno sulle presidenze del Parlamento. Dobbiamo avere pazienza. Adesso però ci vuole un forte appello alla responsabi­lità”.

Il giorno dopo, il Pd celebra il suo funerale e nomina un esecutore testamenta­rio detto reggente, Maurizio Martina. Forse c’è la flebile speranza di tornare alla vita grazie all’ipotesi di un dialogo con i grillini. Ma i necrofili renziani non mollano i cartocci di popcorn.

Il 14 marzo lo stallo delle indagini arriva al decimo giorno e i due vincitori assassini fanno la prima mossa. Il grillino Luigi Di Maio e il leghista Matteo Salvini si parlano e si spartiscon­o il primo bottino: le presidenze delle Camere. Salvini è un dritto. È padano. Di Maio un napoletano di provincia, rigido e sempre incravatta­to.

IL LEGHISTAè diventato il nuovo capo della banda storica, il centrodest­ra, guidata per cinque lustri dal noto pregiudica­to Silvio Berlusconi. Salvini vorrebbe che Di Maio gli stringesse la mano per sancire l’accordo sulle presidenze. B. invita pure il grillino per valutare insieme il nome azzurro per il Senato, Paolo Romani, altro condannato, tanto per cambiare. Ma Di Maio dice no a B. e pure a Romani.

Il 23 marzo, di venerdì, si vota. Il pregiudica­to non cede sul suo candidato e il dritto leghista se lo gioca nell’urna di Palazzo Madama: i suoi accoliti votano l’azzurra Anna Maria Bernini, rompendo l’unità della banda su Romani. L’ottuagenar­io Berlusconi vive una notte nera di rabbia. Impreca contro lo sfregio dell’alleato maggiore ma più giovane. Il mattino porta però luce e realismo. Gli interessi privati del pregiudica­to non consiglian­o di staccarsi dal Carroccio del vincitore. È fatta: l’intesa grillolegh­ista elegge i due presidenti: Elisabetta Casellati, altra forzista, al Senato; Roberto Fico, pentastell­ato di sinistra alla Camera.

Per i cattolici, il 25 marzo è la Domenica delle Palme. Ventunesim­o giorno di stallo. Il presidente investigat­ore va a messa e benedice il suo ramoscello d’ulivo, poi ritorna al Colle.

Primo consiglier­e: “Presidente Grillo e Di Maio concordano e dicono che Salvini è uno che mantiene la parola data”.

“Ahimé è l’unico indizio che abbiamo per trovare un governo. Avrei preferito che il morto parlasse (il Pd, ndr). Ma io sono l’arbitro socratico: se populismo ha da essere, populismo sarà. Facciamo passare Pasqua e fissiamo il primo giro di interrogat­ori”.

Terzo consiglier­e: “Su quali basi presidente?”.

“Non succederà nulla, ma noi inizieremo a eliminare l’impossibil­e come suggerisce l’amico Sherlock. Non daremo mai l’incarico a Salvini per un governo di centrodest­ra”.

Secondo consiglier­e: “Non solo non hanno i voti, ma dicono che Salvini stesso non lo voglia affatto”.

IL 3 APRILE, i giorni dello stallo salgono a trenta. Di Maio getta il cuore oltre la destra e la sinistra, contempora­neamente. Offre un contratto di governo alla tedesca sia alla Lega sia al Pd. Il giorno successivo, l’arbitro investigat­ore apre il primo giro di consultazi­oni. Testimoni, complici e indiziati non danno elementi concreti,

La tragedia del voto balneare sta per compiersi la sera del 29 maggio Mr. Spending re view va al Quirinale con la lista dei ministri Entra e non esce più

Che fine ha fatto? Il mistero si risolve nella notte: è stato congelato TRA MAIEUTICA E METODO DEDUTTIVO “Una volta eliminato l’impossibil­e, ciò che resta, per quanto improbabil­e, deve essere la verità” PSICOPOLIT­ICA GRILLOLEGH­ISTA Le consultazi­oni diventano interrogat­ori: dallo stallo alle inutili esplorazio­ni fino all’incredibil­e trattativa

come previsto. Il Pd continua la sua veglia funebre e spinge Di Maio tra le braccia del capobanda della destra.

Il 12 aprile, lo stallo è a quota 39 giorni. Sherlock Mattarella comincia il secondo giro di interrogat­ori, stavolta per stringere il cerchio intorno ai due sospettati: il capo grillino e il dritto leghista. “Almeno un innesco di trattativa me lo devono dare”.

Ma il capobanda della Lega è un profession­ista della politica e del tavolo verde. Bluffa e millanta pure sul suo presunto distacco dal pregiudica­to Berlusconi. Al suo nuovo e ingenuo amico, Di Maio, dice: “Porterò la testa di B. al Quirinale”. L’ingenuo riferisce al Colle e l’attesa diventa fremente. In realtà, il dritto della Lega ha rassicurat­o B.: “Stai sereno sto convincend­o Di Maio a fare il governo pure con te e Forza Italia”.

Il gioco non è solo doppio, ma triplo. Il nuovo padrino del centrodest­ra vuole prendere tempo e aspettare le elezioni regionali di fine aprile in Molise e Friuli Venezia Giulia. L’obiettivo è regolare i conti per sempre con l’anziano boss azzurro.

Risultato: il 12 aprile, il pregiudica­to fa uno show al Quirinale inveendo contro gli “antidemocr­atici” grillini. Ce l’ha soprattutt­o con Alessandro Di Battista che l’ha accusato per l’ennesima volta di aver finanziato la mafia. Lo stallo delle indagini entra nella sua fase più acuta.

17 aprile, quarantaqu­attresimo dello stallo. Il presidente investigat­ore raduna i suoi consiglier­i: “Qui può succedere di tutto, brancolo nel buio”.

Secondo consiglier­e: “Presidente è ancora presto per prendere la pistola”.

“Si riferisce all’arma del voto anticipato?”. “Certo”.

“Lei ha ragione. Dobbiamo stanare il dritto leghista e mettere sotto tutela Di Maio. L’ingenuo è dalla mia parte, si è convertito pure all’atlantismo durante la crisi siriana dell’altro giorno”.

Terzo consiglier­e: “Va bene, ma ora che facciamo?”. “Chiamate gli esplorator­i”. Gli esplorator­i sono due e hanno il compito di disboscare, separatame­nte, due perimetri possibili: quello tra M5S e centrodest­ra, meglio tra M5S e Lega, e quello tra grillini e Pd. Muniti di bussola e taccuino entrano in azione Casellati per il primo perimetro e Fico per il secondo. Il dritto leghista continua a nasconders­i e a fare il doppio gioco sul pregiudica­to Berlusconi. L’i n v e st i g a to r e del Colle perde la pazienza anche con Di Maio: “Lui e Salvini sono come i ladri di Pisa”. Litigano di giorno e fanno comunella di notte.

Maggio arriva. Ormai se ne sono andati 60 giorni di stallo, al 3 del nuovo mese.

È il momento di tirare fuori la pistola.

Sherlock Mattarella torna a indagare in prima persona. Terzo giro di interrogat­ori il 7 maggio. Nel Pd è sempre la buonanima di Matteo Renzi a comandare e la veglia funebre coi popcorn è definitiva. Le consultazi­oni vanno a vuoto e il capo dello Stato intima pubblicame­nte: farò un governo neutrale per andare a votare, se possibile, nel 2019. Oppure si va alle urne a luglio. Terrore, per chi ha perso le elezioni.

La mossa produce i suoi effetti due giorni dopo, il 9 maggio, sessantase­iesimo dello stallo. Il pregiudica­to, circondato dai suoi consiglior­i storici (vossia Gianni, vossia Fedele, vossia Niccolò) si rassegna e fa il passo di lato. Il capobanda leghista può fare il governo con l’ingenuo grillino. Due colori. Giallo e verde.

Il giorno numero 70 di stallo cade di domenica, il 13 maggio. Di Maio ribalta la Costituzio­ne e antepone il contratto di governo con Salvini al nome del premier. Al Quirinale, l’investigat­ore aspetta una telefonata. È reduce da due importanti discorsi, a Firenze e a Dogliani, in Piemonte: europeismo e prerogativ­e del capo dello Stato per la scelta dei ministri. Il telefono squilla: “Venite?”. “Sì, domani ma non abbiamo il nome”.

L’ingenuo vorrebbe fare il presidente del Consiglio ma il dritto leghista lo costringe a un nome terzo.

Passa una settimana. Sempre di domenica, 20 maggio. Nel contratto c’è l’u sc it a dall’euro?

Il telefono squilla al Colle, consuetudi­ne festiva ormai. “Venite domani? Sì, meno male. E chi è Conte? Ma è vero che c’è Paolo Savona?”.

Savona, pilastro dell’establishm­ent diventato rivoluzion­ario anti-euro. Il dritto Salvini lo vuole all’Economia. Ma c’è di più: il leghista sa che può usarlo per far saltare l’accordo, come ha confidato al pregiudica­to azzurro. L’investigat­ore incarica comunque lo sconosciut­o Giuseppe Conte di fare il governo.

27 maggio è il giorno numero 84 della crisi. Il presidente interroga tutti al Quirinale: Salvini, Di Maio, infine Conte. Savona è nella lista dei ministri. Sherlock Mattarella dice di no: “Ma perché non pensate a Giorgetti, che è legh ista?”. Il dritto Salvini manda Di Maio allo sbaraglio totale: “Il capo dello Stato è colpevole di alto tradimento, bisogna processarl­o e dargli l’ergastolo”.

Sguardo cupo, la sera stessa, il presidente si rivolge drammatica­mente al popolo e annuncia il governo neutrale. Incarica uno spilungone simpatico e famoso: Carlo Cottarelli. E si può votare già il 29 luglio. Altro panico da urne.

La tragedia del voto balneare sta per compiersi la sera del 29 maggio. Cottarelli va al Colle con la lista dei ministri. Entra e non esce più. Che fine ha fatto?

Il mistero si risolve nella notte: è stato congelato per far ripartire la trattativa gialloverd­e. Savona finalmente si sposta, Di Maio fa pace con il capo dello Stato e il capobanda leghista va nell’angolo per la prima volta.

Il 31 maggio nasce in serata il governo Conte.

Sherlock Mattarella congeda i suoi consiglier­i: “Ve l’avevo detto che avremmo avuto un governo per giugno, vado a dormire finalmente, buonanotte”. Genio d’un presidente. La paura ha fatto 89 (giorni). Viva la Repubblica (Terza).

COME IN DIECI PICCOLI INDIANI:

IL PRESIDENTE, DI MAIO, SALVINI, IL PREGIUDICA­TO B.,

RENZI, CASELLATI, FICO, SAVONA

E I DUE PREMIER: CONTE E COTTARELLI

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Indiziati Nella sequenza di Umberto Pizzi, in senso orario da sopra: Di Maio e Salvini; Mattarella e Conte; Savona; Fico e Casellati; Tria e Moavero Milanesi; infine Giorgetti
Indiziati Nella sequenza di Umberto Pizzi, in senso orario da sopra: Di Maio e Salvini; Mattarella e Conte; Savona; Fico e Casellati; Tria e Moavero Milanesi; infine Giorgetti
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Fotografie Umberto Pizzi
Fotografie Umberto Pizzi

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy