Bisogna darci una mossa ed espirmere i nostri desideri
Personalmente, non mi lusingherebbe fare sesso con una persona “consenziente”. Voglio dire, hai la fortuna di fare sesso con me e ti limiti ad “acconsentire”? È sesso, mica una normativa sul trattamento dei dati personali o un’operazione chirurgica. Mi aspetto come minimo entusiasmo, salti di gioia, evidenti manifestazioni di giubilo. Avrò l’ego più fragile di quello del violentatore medio, che si accontenta del “consenso”, dove per consenso intende l’ assenza di chiusure automatiche/ dissuasori/ tagliole/ barriere elettrificatene gli orifizi anatomici della vittima. Applausi, quindi, alla legge svedese che non si limita a prescrivere il “consenso esplicito” di tutte le persone coinvolte nel rapporto, ma parla di “desiderio”.
QUI, DONNE, parliamoci chiaro: millenni di educazione patriarcale ci hanno insegnato a dire “no”, che volessimo fare sesso o meno. Tanto la nostra volontà non contava una mazza, se l’uomo voleva trombarci lo faceva comunque, e l’unico modo per dimostrare il non-consenso era farci ammazzare prima, come Maria Goretti, o suicidarci dopo, come la leggendaria matrona Lucrezia. L’importante era non passare per puttane, perché sono loro che dicono sì; le donne per bene si limitano al silenzio-assenso, oppure dicono no per finta. Bisogna che ci diamo una mossa: non si tratta solo di consentire o dissentire rispetto alla voglia altrui, ma anche dire per prime e chiaramente i nostri desideri, fin da ragazze. A quanto pare a molti uomini continua a sfuggire la differenza fra una che vuole davvero fare certe cose e una che le accetta solo per evitare guai peggiori. Forse perché non hanno mai incontrato una donna che volesse farle davvero - o farlo con loro, il che è più probabile. E se la incontrassero, quella che vogliosa che glielo fa capire senza mezzi termini ed è disposta pure a metterglielo nero su bianco magari, chissà, si cagherebbero sotto.