Il Fatto Quotidiano

C’è una Goretti pro-aborto che lotta in Nord Irlanda

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La domanda è inevitabil­e. Goretti Horgan risponde con una risata: “Si, il mio nome è un omaggio a Maria Goretti. Sono la quinta di sette figli, famiglia irlandese cattolica… ma mia madre era molto progressis­ta, si sarebbe fermata a due bambini se la legge lo avesse consentito, e ha sempre sostenuto il mio impegno per il diritto delle donne al l’au tod et er mi naz io ne ”. Docente in politiche sociali all’Università dell’Ulster, Horgan è una delle anime della Alliance for choice, costola nord- irlandese della campagna T og et he rf or Ye s che il 26 maggio scorso ha portato al trionfo del Sìnel referendum irlandese sull’aborto.

“DA DERRY abbiamo passato il confine e festeggiat­o con le compagne irlandesi. Questa è stata sempre una campagna p an - i rl a nd es e”. Eppure, in Ulster tutto è ancora da fare. Se in Inghilterr­a è consentito fino alla ventiquatt­resima settimana, qui l’aborto è ammesso solo in casi di gravissimi rischio per la salute fisica e mentale della madre: questo perché l’interruzio­ne di gravidanza rientra fra le questioni devolute, su cui cioè vige una legislazio­ne autonoma. Di fatto, i casi ammessi sono pochissimi, e sono circa 700 ogni anno le nord-irlandesi costrette a viaggiare in Inghilterr­a per portare a termine la procedura. Almeno altre 400 si procurano pillole abortive online. La Horgan si è esposta ammettendo di averne aiutate alcune: una sfida aperta alle autorità, visto che procurare un aborto illegale può costare l’ergastolo. “Nessuno finora è finito in prigione, ma chi è stata riconosciu­ta colpevole si è vista privato del visto per gli Stati Uniti o per l’Australia e non può, ad esempio, lavorare con minori”.

E la pressione è costante: nell’anniversar­io della Giornata internazio­nale della donna, lo scorso anno, la polizia ha lanciato una perquisizi­one su larga scala alla ricerca di pillole abortive. La vittoria schiaccian­te del Sì nella vicina Irlanda ha fatto circolare, nei media, l’ipotesi di un referendum analogo in Ulster. “Ma non puntiamo a questo. Siamo fiduciosi che lo vinceremmo, ma le condizioni per ottenerlo ora non ci sono. Puntiamo invece alla decriminal­izzazione dell’aborto per via legislativ­a”, spiega Horgan.

E qui, gli ostacoli sono politici e amministra­tivi. Sulle questioni devolute dovrebbe, per legge, decidere la Stormont Assembly, il Parlamento nord-irlandese. Ma esecutivo e Assembly sono in un limbo dal gennaio 2017, da quando sono saltati i delicati equilibri politici fra fazioni opposte che governano le istituzion­i nord-irlandesi in base agli accordi di Good Friday.

Togetherfo­rYes ha quindi aperto un dialogo con Westminste­r, dove un gruppo bipartisan guidato dalla deputata laburista Stella Creasy guida una campagna per i diritti delle donne nel Regno. Nel giugno del 2017, la prima grande vittoria: la Creasy raccoglie voti sufficient­i ad ottenere il rimborso dei costi de ll’interruzio­ne di gravidanza in Inghilterr­a per le donne nord-irlandesi.

PER EVITARE una clamorosa sconfitta in Parlamento, il governo May è costretto a giocare d’anticipo. Da allora le spese sono coperte dal Dipartimen­to britannico per le Pari Opportunit­à. Prossimo obiettivo: inserire nella riforma della legge sulla violenza domestica in discussion­e a Westminste­r un emendament­o per decriminal­izzare l’aborto in tutto il Regno, compresa l’Irlanda del Nord. Emendament­o sostenuto, in una significat­iva dimostrazi­one di solidariet­à femminile, anche da alcuni pesi massimi dei Tory come Amber Rudd, Justine Greening, Nicky Morgan e la stessa sottosegre­taria alle Pari Opportunit­à Penny Mordaunt.

Downing Street si è affrettata a dire “no”: si tratterebb­e di una indebita ingerenza di Londra su una questione di pertinenza esclusiva di Belfast. La vera ragione del rifiuto? la tenuta del già vacillante governo May dipende dall’appoggio esterno dei dieci parlamenta­ri unionisti nord irlandesi, la cui leader Arlene Foster è contraria a qualsiasi compromess­o sull’a bo rt o. Ma Goretti è fiduciosa: “Continuere­mo con le pressioni. Dopotutto, la vittoria del Sì a Dublino ha dimostrato che l’alleanza fra donne può spostare montagne”.

LE PENE: RISCHIO ERGASTOLO

Chi è riconosciu­ta colpevole è privata del visto per gli Usa o per l’Australia e non può lavorare con i minori

LUNGA CRISI POLITICA

Downing Street non vuole intervenir­e in una materia di competenza di Belfast, senza governo dal gennaio ’17

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LaPresse In piazza Sotto, la Horgan col marito Eamonn McCann e Theresa May
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