Un mare di plastica: con buste e bottiglie uccidiamo gli oceani
Dagli anni 50 a oggi si produce il 400 per cento in più di materiali plastici. Solo il 15 per cento viene riciclato, il resto è bruciato o disperso nell’ambiente
Ci sono due tipi di immagini scattate dalla fotografa professionista Caroline Power durante il suo viaggio ai Caraibi: le prime mostrano un sogno, mare cristallino, natura incontaminata e banchi di pesci che si muovono tranquilli. Le seconde ritraggono distese galleggianti di immondizia che al dettaglio svelano bicchieri e posate di plastica e carta da imballaggio.
BENVENUTInel pianeta di plastica, dove si produce e circolano 407 milioni di tonnellate di materiali plastici all’anno e dove il riciclo riguarda solo il 14 per cento dell’immondizia prodotta. Tutto il resto viene bruciato (24 per cento) oppure semplicemente si disperde nell’ambiente. Anche Chris Jordan è un fotografo. Ha lavorato per anni sulla Midway Island nel Nord del Pacifico per realizzare un documentario. Il titolo è “Albatross”, racconta la morte di migliaia di esemplari di questi volatili a causa della plastica che ha invaso gli oceani. Le immagini sono crude: il videomaker seziona chirurgicamente il corpo degli animali, all’interno tappi, pezzi di tubo e di imballaggi. “Non dimenticherò mai il momento in cui questo progetto mi è entrato nel cuore per la prima volta - ha detto in una intervista - era il 2008, ero a un incontro con ambientalisti e scienziati. Immaginavo che tutta la plastica nel Pacifico si concentrasse nel mezzo, in un unica sorta di isola grande due volte il Texas. Volevo fotografarla in modo panoramico d al l ’ alto, così che potesse scuotere la coscienza di tutti”. E invece Jordan impara che la plastica è diffusa, frammentata, dissolta anche nell’aria. È più piccola di un millimetro. “Mi dissero che non potevo fotografarla. Mi arrabbiai, dissi ‘Dannazione! Io sono un fotografo e voglio immortalare l’inquinamento da plastica!’ Mi risposero: ‘Se vuoi, va’nella Midway Island e fotografa il contenuto dello stomaco degli albartoss’”.
LA SETTIMANA scorsa l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha pubblicato un rapporto sul mercato dei rifiuti plastici. In tutto il mondo ne viene riciclato solo il 15 per cento, il 25 per cento finisce in inceneritori o termovalorizzatori e il restante 60 per cento va in discarica o viene bruciato all'aperto rilasciando inquinanti e gas serra o si disperde. L’Unione europea ricicla in media circa il 30 per cento dei rifiuti di plastica, gli Stati Uniti il 10 per cento, numero più basso di quello dei paesi in via di sviluppo. Il 4 per cento di tutto l’olio e il gas prodotti nel mondo finiscono nel ciclo produttivo della plastica. Il motivo è semplice: la produzione di plastica nuova, nel mondo, è otto volte quella della riciclata perché ancora oggi è economicamente più conveniente produrre nuova materia.
“Il mercato dei produttori di plastica riciclata - si legge nel rapporto Ocse - è molto piccolo. Il prezzo delle materie plastiche riciclate è in gran parte determinato dal prezzo delle materie plastiche vergini, che a sua volta è trainato dai prezzi del petrolio”. Questo significa che il prezzo delle materie plastiche riciclate non dipende dai costi sostenuti per la loro produzione, che sono principalmente determinati dai costi di raccolta, selezione e trattamento dei rifiuti. “I produttori di materie plastiche riciclate - prosegue il rapporto - sono lasciati con poche opzioni per adeguare i loro costi in una fase discendente”.
LA PRODUZIONE globale di materie plastiche è aumentata dai circa 2 milioni di tonnellate all’anno dagli anni Cinquanta ai 407 del 2015. In questo periodo si stima che siano stati prodotti 8.300 milioni di tonnellate di plastica e di questi circa 6.300 si pensa siano diventati rifiuti. Oggi, i principali produttori regionali di materie plastiche primarie sono la Repubblica popolare cinese, l’Europa e il Nord America. E se la creazione di plastica è cresciuta costantemente in Cina e in altre parti dell'Asia negli ultimi dieci anni, in Europa e Nord America è prima diminuita tra il 2008 e il 2009, dopo la crisi economica, ma è poi tornata lentamente a crescere (sebbene stia raggiungendo solo i livelli di produzione di crisi pre-economica). Insomma: la plastica è figlia del benessere. Tanto che la percentuale di materie plastiche nei flussi di rifiuti delle economie emergenti è in aumento.
IL GLOBAL waste management
Outlook stima che ogni anno vengano generati da 7 a 10 miliardi di tonnellate di rifiuti e che la produzione di rifiuti plastici si attesti intorno a 302 milioni di tonnellate all’anno, circa il 4 per cento del totale dei rifiuti. Una percentuale in aumento. “Le quantità di rifiuti solidi urbani stanno aumentando a causa della crescita della popolazione e dell'urbanizzazione - si legge nello studio -. Si ritiene che le popolazioni urbane generino circa il 40% in più di rifiuti rispetto alle popolazioni rurali nei paesi a reddito medio-basso”. Il tutto trainato dai consumi. “Prodotti sempre più piccoli richiedono un maggior peso d'imballaggio per chilogrammo”. E secondo il Business Research Co. di Philadelphia (nel suo rapporto, Plastics Product Manufacturing Global Market 2017) il mercato globale delle materie plastiche cresce di circa il 3 per cento all’anno. Nel 2016 valeva 1,06 trilioni di dollari e crescerà a 1.150 miliardi entro il 2020.