Spread, anche Financial Times mette sotto accusa la Bce
Torna la polemica sul ruolo della Bce di Mario Draghi nel rapido aumento dello spread – il differen ziale tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi – rilanciata addirittura dal Financial Times con un articolo dedicato ai dati rivelati ieri da Francoforte: a maggio gli acquisti netti di titoli di Stato italiani da parte della Bce sono stati 3,6 miliardi. La stessa cifra che a gennaio o marzo, ma in proporzione sul totale degli acquisti soltanto il 15 per cento, il minimo dall’inizio delle operazioni nel 2015. Per acquisti “netti” si intendono quelli aggiuntivi rispetto allo stock già in bilancio (la Bce compra 30 miliardi in più ogni mese). Ma se si guarda agli acquisti lordi – cioè che includono anche i titoli comprati per compensare le obbligazioni arrivate a scadenza così da mantenere invariato lo stock – si scopre che il volume di acquisti nei giorni decisivi è stato addirittura maggiore che in passato: 4,8 miliardi nelle prime tre settimane di maggio contro i 3,9 di aprile, come rivelato nei giorni scorsi. Anche il Financial Times riconosce che gli acquisti sono stati maggiori che in passato, a ridursi è soltanto la quota sul totale (è aumentata la percentuale di bund tedeschi), cosa che fonti della Bce spiegano con la necessità di bilanciare gli acquisti per Paese tra un mese e l’altro. Elevati acquisti di bund possono contribuire a deprimerne il rendimento allargando quindi lo spread con i titoli italiani.
Nulla dimostra però che la Bce abbia deliberatamente manipolato il mercato a danno dell’Italia per indebolire la coalizione giallo-verde. Anzi, secondo quanto filtra da Francoforte, i maggiori timori della Bce riguardavano l’ipotesi di un’incertezza lunga accompagnata a uno scontro sempre più forte sul rapporto con l’Europa: lo scenario che si stava delineando con l’ipotesi di governo Cottarelli e che avrebbe potuto portare in pochi giorni a un declassamento del debito italiano con annessa crisi bancaria.