Il Fatto Quotidiano

ORA FINALMENTE SI PARLA DI MAFIA

- » PETER GOMEZ

Ècertament­e normale ed è sempre accaduto. In passato, anzi, dalle opposizion­i erano addirittur­a arrivati fischi e insulti.

Ècertament­e normale ed è sempre accaduto. In passato, anzi, durante alcuni passaggi dei discorsi per la richiesta di fiducia dalle opposizion­i erano addirittur­a arrivati fischi e insulti. Eppure, visto che a parole tutti in Parlamento si dicono antimafia, ci è dispiaciut­o vedere l’infastidit­o silenzio con cui quasi tutto il Pd e ovviamente Forza Italia hanno reagito alle tante frasi dedicate dal neo presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, alla lotta alla criminalit­à organizzat­a. Quando il premier ha detto “combattere­mo con ogni mezzo le mafie aggredendo le loro finanze e la loro economia” i rappresent­anti di M5S e Lega si sono alzati in piedi e mezzo Senato è esploso in un lungo e scrosciant­e applauso. Il forzista Paolo Romani invece armeggiava con il telefonino ostentando disinteres­se. Altri suoi colleghi chiacchier­avano tra loro, mentre gli esponenti dem restavano immobili, con le braccia conserte o le mani appoggiate sugli scranni, seguendo l’esempio di Matteo Renzi. Una scelta precisa, testimonia­ta dal fatto che proprio l’ex segretario del Pd avrebbe poi applaudito per primo e convintame­nte le parole di Conte dedicate alla permanenza dell’Italia nella Nato e all’alleanza con gli Usa.

Il contrasto tra i due atteggiame­nti è stato plateale. E a rimarcarlo ancor più si è aggiunta pure la richiesta, rivolta dal senatore di Scandicci alla presidente Elisabetta Alberti Casellati, di stoppare lo slogan “Fuori la mafia dallo Stato” urlato dai banchi della maggioranz­a.

COME È GIUSTO che sia, noi il nuovo governo giallo-verde, anche in fatto di lotta alle cosche e alla borghesia mafiosa, lo giudichere­mo dai fatti e non dalle parole. Ci chiediamo, però, sulla base di quali valori il Partito democratic­o intenda rifondarsi. Stare sempliceme­nte all’opposizion­e, scommetten­do che i propri avversari portino il Paese al fallimento come più volte vaticinato, non ci pare la strategia migliore per sperare di risalire la china. Davvero Renzi e i suoi credono di riuscir a rappresent­are la sinistra dimentican­do che nel pantheon ideale di quella parte politica c’è, o ci dovrebbe essere, Pio La Torre? Fino a qualche anno fa chi votava per il Pd credeva e pensava che l’antimafia fosse uno degli elementi fondanti di quel partito. Certo, qualunque elettore vedeva che anche da quelle parti i casi di collusione c’erano (come vi sono nella Lega), ma un po’ come i cattolici, i simpatizza­nti del Pd ripetevano “non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua chiesa”. Poi però anche la fede ha preso a vacillare. Il dogma dell’antimafia è stato dimenticat­o e negato. Il primo segnale è arrivato proprio con il discorso con cui Renzi aveva chiesto nel 2014 la fiducia per il suo governo. Allora i riferiment­i alle mafie erano stati minimi, mentre non era stata spesa nemmeno una frase per ricordare l’enorme flusso di denaro (170 miliardi di euro) gestito ogni anno dai clan. Così Roberto Saviano aveva protestato. Ma dopo una lettera di Renzi piena di rassicuraz­ioni, mattone dopo mattone, la narrazione antimafios­a del Pd era stata smontata. Dall’interno. Con gli attacchi a Rosy Bindi mossi dai suoi colleghi di partito; le alleanze siciliane con gli uomini di Totò Cuffaro; le ri-candidatur­e di parlamenta­ri indagati per reticenza durante il processo Mafia Capitale. E con lo stesso Renzi che definiva “una rappresent­azione macchietti­stica” una circostanz­a incontesta­bile: vi sono intere zone del Paese in mano alla criminalit­à organizzat­a. Poi è arrivato l’infastidit­o silenzio di ieri. Che ora pesa più di mille parole.

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