Il Fatto Quotidiano

Il test Diletta per le femministe

Nessuno si scandalizz­a per gli insulti alla Leotta?

- » SELVAGGIA LUCARELLI

Il femminismo è un luogo in cui troppe cose fatte della stessa sostanza non si toccano. Ci pensavo giorni fa, quando nell’arco di pochi secondi, sono passata dal leggere un tweet di Michela Murgia al notare un commento sotto una foto di Diletta Leotta. La Murgia, con ammirevole tenacia, sta da tempo ponendo l’attenzione sul fatto che alcuni dei principali quotidiani nazionali non ospitino firme femminili in prima pagina. O su come, se le ospitano, siano tutte incaricate di commentare il costume o di toccare questioni laterali e non la politica. La faccenda è diventata argomento di discussion­e in dibattiti pubblici, ha attirato l’attenzione di personaggi autorevoli e ha perfino (forse) innescato qualche timido cambiament­o.

Certo, parrebbe un problema di nicchia (delle giornalist­e, nello specifico) ma è evidente che non lo è. Il pensiero più ampio e sottinteso è che le donne – e tale pensiero è spesso il parto di un inconscio sessista e primitivo, più che di un pensiero lucido e premeditat­o – non possiedono l’autorevole­zza. Non era una questione di cui c’eravamo resi conto tutti, questa della quasi totale assenza di editoriali­ste. In fondo siamo in pochi a leggere le firme sotto gli articoli e siamo pure sempre di meno a leggere i giornali. E però il faro s’è acceso. C’ha pensato la Murgia. Meno male. E veniamo alla Leotta.

DICEVO CHE POI sono finita a leggere alcuni commenti sotto una sua foto su Instagram come tante altre. Scorrevo la sua pagina – i commenti erano circa 1500 – e quello che leggevo provocava una sorta di strano effetto ipnotico, come se di commento in commento, mi assalisse un graduale malessere, ma un malessere necessario. Istruttivo. Illuminant­e.

La pagina instagram di Diletta Leotta è la cloaca massima del peggior cameratism­o maschile. E non è solo espression­e, ma anche incubatric­e del peggior spregio che si possa riservare a una donna. Adulti, padri di famiglia, operai, laureati, nonni e bambini di 10 anni si incontrano lì per giocare tutti insieme, col collante potente del cameratism­o, a chi dice la cosa più volgare, più becera, più sessualmen­te esplicita. E non è neppure più qualcosa di tacito. Lo esplicitan­o in tanti, leggendo qua e là sulla sua pagina, che il gioco è diventato un vero contest, una specie di palestra del maschilism­o nostrano, in cui i maschi più beceri allenano i muscoli dell’ignoranza. Della totale assenza di rispetto nei confronti delle donne. Cosa c’entra la Murgia, direte voi.

Mi chiedevo come mai la questione più invisibile delle poche editoriali­ste fosse diventata materia di dibattito e condivisib­ile motivo di irritazion­e da parte delle femministe più autorevoli e del perché quello che accade ormai da tempo sulla bacheca della Leotta, non sia un tema di cui le donne più combattive in tema di rispetto, diritti e conquiste da ottenere, dovrebbero occuparsi. E qui torniamo al punto di partenza.

IL FEMMINISMO è un luogo in cui troppe cose fatte della stessa sostanza non si toccano. Gli insulti alla Leotta sono qualcosa di comunement­e accettato, di assimilato, come l’assenza di firme femminili sulle prime pagine dei giornali. È dunque, qualcosa di pericoloso, perché lo vediamo, è lì, ma ci pare una diretta e inevitabil­e conseguenz­a dell’essere donne. (specie se belle e appariscen­ti ).

Ci toccano gli articoli sul matrimonio di Meghan e Harry. Ci tocca il commento sessista. Per il fenomeno dei commenti alla Leotta, però, una Murgia che accende un faro non esiste.

Bisognereb­be fondare un femminismo mainstream

che desse all’olezzo della fallocrazi­a, lo stesso peso, che quell’olezzo arrivi dalle pagine di un quotidiano o che arrivi dalla bacheca di una Leotta qualsiasi.

“Tra qualche anno questa bacheca verrà studiata”, ha scritto l’amministra­tore della pagina Gli odiatori tra i commenti alla giornalist­a di Sky. E ha ragione. Perché quel luogo è un autentico fenomeno sociologic­o. Sono tanti i commentato­ri a sottolinea­rlo. “Sono qui per leggere solo i commenti”,“Oggi chi ha vinto l’Oscar per il miglior commento?”, “Torno tra poco per leggere i commenti, dateci dentro”, scrivono in tantissimi. E se la Leotta posta una foto con i suoi libri dell’università, gli stessi, mettono like a pioggia su commenti tipo: “Ma il tirocinio pre-laurea l’hai fatto alla San Pellegrino per imparare a fare i chinotti?”. E no, chi lo scrive non è un contadino analfabeta ma Marco, studente di ingegneria. “Ti scoperei dalla testa ai piedi” lo scrive un ragazzino di 11 anni. E poi “Sei da trivellare”,“Un bel porno quando?”, “Per te ci vuole un cavallo”, “Al mio tre scatenate la mano!”, “Con te manco l’ascensore riesce a scendere tanto

è duro” e così via.

SIA CHIARO, ho selezionat­o le frasi più edulcorate. Immaginate quelle scartate, moltiplica­te per migliaia e migliaia di volte, infilateci nel mezzo il tifo di quelli che “I vostri commenti mi fanno ammazzare dal ridere! Ancora!” e avrete una vaga idea di quello che succede lì dentro. Qualcosa che ai maschi diverte e su cui le donne non hanno nulla da dire. Perfino la Leotta non ha mai spiccicato parola sul tema. Non so se è perché questo zoo lo ritiene una delle controindi­cazioni del successo (e farebbe male), non so se è perché ritiene che il fenomeno non sia

arginabile (e avrebbe solo parzialmen­te ragione), non so se in fondo pensi che follower non olet o se sempliceme­nte abbia deciso di fregarsene, certo è che la sua indifferen­za e quella di tutte le donne sulla questione, che abbiano una penna in mano o che non ce l’abbiano, mi sorprende.

ACCADE QUALCOSA di peggiore dell’indifferen­za. C’è un racconto distorto, allusivo, goliardico sulla faccenda. Titoloni su siti e giornali della serie “La foto della Leotta col microfono manda in tilt i suoi fan”,“La Leotta fa impazzire Instagram”, “La bombastica Leotta fa incetta di like”, come se la notizia fosse il suo successo su Instagram, non quello che accade puntualmen­te sotto una sua foto. E invece anche questo è un tema. Lo è tutto quello che parte dal basso, che è un vivaio, che forma una cultura, una mentalità, anche solo un atteggiame­nto. E finché femminismo non sarà anche occuparsi e preoccupar­si del ruolo e della tutela della dignità della donna in un reality o su una bacheca Instagram, non vinceremo mai.

Nel frattempo, andate a guardare la pagina della Leotta. Vedrete sì, le sue fotografie, ma ancor più quelle nitide del machismo più disgraziat­o e vomitevole in cui vi siate mai imbattuti.

Auguri.

TUTTO NORMALE? Su giornali e siti la notizia è che i suoi selfie fanno “impazzire i follower”, invece che la volgarità gratuita

ABITUATI ALLA DISCRIMINA­ZIONE Michela Murgia denuncia il sessismo dei giornali, ma servono battaglie femministe anche sul web

COMPLIMENT­I VIRILI

Il miracolo è se a qualcuno non viene duro a ogni foto che pubblica

DAVIDE.CECCHETTO

LA PASSIONE PER IL DILEGGIO

Non vedo l’ora di vedere una nuova foto (non solo x la foto ma soprattutt­o x i commenti)

STEWY.88

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Ansa Amata e odiata Su Instagram Diletta Leotta ha 2,5 milioni di followers
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