Caramelle per tutti I cento minuti del signor Contratto
Vago quanto basta, il Prof. Avv. Presidente del Consiglio si esercita da mediatore tra i dioscuri al suo fianco
Cinque ore seduto ma nemmeno un filo di sudore, un millimetro di pochette fuori posto, un capello esausto. E che dire della cravatta? Il signor Contratto è entrato nell’aula del Senato a mezzogiorno e ne è uscito a sera vidimato e infine approvato dal voto e prima ancora da settantotto applausi.
Le forme umane di Giuseppe Conte (Prof.Avv.) il presidente del Consiglio, o anche l’esecutore, il mediatore, il tecnico, “il collega cittadino” di questo strano governo gialloverde sono apparse per la prima volta nella veste ufficiale. Ha parlato cento minuti e più, tra discorso programmatico e replica, realizzando un primato: costringere Matteo Salvini, l’influente socio di maggioranza, a disabilitare la connessione con i suoi fan. Neanche un tweet. Fermo e muto. Conte ha illustrato i problemi del mondo, almeno quelli che sono dentro il suo programma, col taglio eloquente del democristiano di buona famiglia, del moderato con un occhio a sinistra, del politico perbene. A Luigi Di Maio è piaciuto un sacco. Conte ha spiegato che il reddito di cittadinanza non si può fare se non si riformano i centri per
Pochette e applausi Le frasi da buon democristiano Interrotto per 78 volte dai suoi sostenitori
l’impiego, che la flat tax sarà progressiva, che bisogna difendere gli ultimi ma attaccare il business che conduce gli ultimi nelle nostre case. È stato equanime nella vaghezza, e ciò gli ha consentito di ben figurare. Ha aperto il discorso facendo deferenti saluti al presidente della Repubblica, già amico poi ex oggi di nuovo intimo, e l’ha chiuso ringraziando la senatrice a vita Liliana Segre per il suo monito ad avere memoria, a ricordarsi di cosa è stata la persecuzione razziale, un’enormità in cui l’Europa è finita dentro.
CONTE ha parlato molto anche forse per dimostrare che lui esiste. Umile e rispettoso dei ruoli ha però per quattro volte allargato le braccia indicando nei due dioscuri al suo fianco, Salvini e Di Maio, i plenipotenziari del governo. In nome della “trasparenza” che è dentro il contratto e anche fuori, ha fatto “chiarezza”. Ha parlato dei “diritti sociali”, ha tralasciato quelli civili, ha detto della giustizia, della lotta al conflitto di interessi e anche alla mafia. Qui, un po’ improvvisamente si è levata una standing ovation protattasi per qualche minuto e interrotta dalla presidente Alberti Casellati: “Colleghi, non è il caso”.
Come, non è il caso? I nuovi colleghi di Conte lo hanno guardato, squadrato, pesato. Vestito da statista, col timbro di voce appropriato e anche i toni giusti, compensa le piroette salviniane e anche la postura della maggioranza, a volte scomposta. Bisogna dire, e non sembri dettaglio da poco, che Conte ha fatto breccia anche in alcune senatrici di Forza Italia (“b el l ’ uomo, voce suadente, intelligente, moderato”) e in alcuni altri di centrosinistra. Pierferdinando Casini: “Reggerà tanto, prendete nota”.
LA FELICITÀ nella compostezza di Di Maio, mani conserte, cravatta ben indossata, profilo attento e sorridente da royal wedding, altra cosa rispetto a quella del sottosegretario Giancarlo Giorgetti, in debito di ossigeno dopo i primi venti minuti, abbondantemente distrutto dall’interminabile eloquio di Conte. Che pronunciava le parole come fossero caramelle: ora una caramellina per la sinistra (“dobbiamo ricordare la figura del bracciante ucciso in Calabria e onorarlo con i fatti”) e ora una per la destra (“dobbiamo estendere la legittima difesa”). Nessuna passione ma solo orazione, due citazioni, una della quale ripresa da un discorso di Macron ma colta: Dostoevskij su Puskin a proposito di popolo e populismo. Conte da Volturara Appula, provincia di Foggia, guarda al Nord ma anche al Sud, alle donne, ai disabili, ai giovani, eccetera eccetera. Guarda anche a Putin, però. Col quale dovremmo essere più amici perchè, ha detto il premier senza che si accorgesse del tocco di comicità, non dobbiamo mortificare la società civile russa”.