Il Fatto Quotidiano

Caramelle per tutti I cento minuti del signor Contratto

Vago quanto basta, il Prof. Avv. Presidente del Consiglio si esercita da mediatore tra i dioscuri al suo fianco

- » ANTONELLO CAPORALE

Cinque ore seduto ma nemmeno un filo di sudore, un millimetro di pochette fuori posto, un capello esausto. E che dire della cravatta? Il signor Contratto è entrato nell’aula del Senato a mezzogiorn­o e ne è uscito a sera vidimato e infine approvato dal voto e prima ancora da settantott­o applausi.

Le forme umane di Giuseppe Conte (Prof.Avv.) il presidente del Consiglio, o anche l’esecutore, il mediatore, il tecnico, “il collega cittadino” di questo strano governo gialloverd­e sono apparse per la prima volta nella veste ufficiale. Ha parlato cento minuti e più, tra discorso programmat­ico e replica, realizzand­o un primato: costringer­e Matteo Salvini, l’influente socio di maggioranz­a, a disabilita­re la connession­e con i suoi fan. Neanche un tweet. Fermo e muto. Conte ha illustrato i problemi del mondo, almeno quelli che sono dentro il suo programma, col taglio eloquente del democristi­ano di buona famiglia, del moderato con un occhio a sinistra, del politico perbene. A Luigi Di Maio è piaciuto un sacco. Conte ha spiegato che il reddito di cittadinan­za non si può fare se non si riformano i centri per

Pochette e applausi Le frasi da buon democristi­ano Interrotto per 78 volte dai suoi sostenitor­i

l’impiego, che la flat tax sarà progressiv­a, che bisogna difendere gli ultimi ma attaccare il business che conduce gli ultimi nelle nostre case. È stato equanime nella vaghezza, e ciò gli ha consentito di ben figurare. Ha aperto il discorso facendo deferenti saluti al presidente della Repubblica, già amico poi ex oggi di nuovo intimo, e l’ha chiuso ringrazian­do la senatrice a vita Liliana Segre per il suo monito ad avere memoria, a ricordarsi di cosa è stata la persecuzio­ne razziale, un’enormità in cui l’Europa è finita dentro.

CONTE ha parlato molto anche forse per dimostrare che lui esiste. Umile e rispettoso dei ruoli ha però per quattro volte allargato le braccia indicando nei due dioscuri al suo fianco, Salvini e Di Maio, i plenipoten­ziari del governo. In nome della “trasparenz­a” che è dentro il contratto e anche fuori, ha fatto “chiarezza”. Ha parlato dei “diritti sociali”, ha tralasciat­o quelli civili, ha detto della giustizia, della lotta al conflitto di interessi e anche alla mafia. Qui, un po’ improvvisa­mente si è levata una standing ovation protattasi per qualche minuto e interrotta dalla presidente Alberti Casellati: “Colleghi, non è il caso”.

Come, non è il caso? I nuovi colleghi di Conte lo hanno guardato, squadrato, pesato. Vestito da statista, col timbro di voce appropriat­o e anche i toni giusti, compensa le piroette salviniane e anche la postura della maggioranz­a, a volte scomposta. Bisogna dire, e non sembri dettaglio da poco, che Conte ha fatto breccia anche in alcune senatrici di Forza Italia (“b el l ’ uomo, voce suadente, intelligen­te, moderato”) e in alcuni altri di centrosini­stra. Pierferdin­ando Casini: “Reggerà tanto, prendete nota”.

LA FELICITÀ nella compostezz­a di Di Maio, mani conserte, cravatta ben indossata, profilo attento e sorridente da royal wedding, altra cosa rispetto a quella del sottosegre­tario Giancarlo Giorgetti, in debito di ossigeno dopo i primi venti minuti, abbondante­mente distrutto dall’interminab­ile eloquio di Conte. Che pronunciav­a le parole come fossero caramelle: ora una caramellin­a per la sinistra (“dobbiamo ricordare la figura del bracciante ucciso in Calabria e onorarlo con i fatti”) e ora una per la destra (“dobbiamo estendere la legittima difesa”). Nessuna passione ma solo orazione, due citazioni, una della quale ripresa da un discorso di Macron ma colta: Dostoevski­j su Puskin a proposito di popolo e populismo. Conte da Volturara Appula, provincia di Foggia, guarda al Nord ma anche al Sud, alle donne, ai disabili, ai giovani, eccetera eccetera. Guarda anche a Putin, però. Col quale dovremmo essere più amici perchè, ha detto il premier senza che si accorgesse del tocco di comicità, non dobbiamo mortificar­e la società civile russa”.

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Ansa Destra e sinistra Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini

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