Il Fatto Quotidiano

Il grande caos dei centri per l’impiego, primo ostacolo sulla via del reddito di cittadinan­za

Il monitoragg­io Anpal racconta carenze di organico e servizi scadenti

- » STEFANO FELTRI

Il primo passo per il reddito di cittadinan­za è “rafforzare i centri per l’impiego”, assicura il nuovo presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel suo discorso di insediamen­to. Sì, ma come? Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio parla di un investimen­to da 2 miliardi, non si sa se una tantum o all’anno. Il problema è che se domani il governo raddoppias­se i 7.934 dipendenti otterrebbe il solo risultato di raddoppiar­e le inefficien­ze.

L’AGENZIA NAZIONALE delle politiche attive (Anpal) guidata da Maurizio Del Conte ha presentato ieri un “monitoragg­io sulla struttura e il funzioname­nto dei servizi per il lavoro 2017” che ai Cinque Stelle dovrebbe suggerire una conclusion­e: i soldi non sono il vero problema, bisogna prima pensare a cosa devono fare i centri per l’i mpiego.

Il reddito di cittadinan­za dovrebbe essere soprattutt­o una misura anti-povertà, ma per arginare le critiche sui possibili comportame­nti opportunis­tici, i Cinque Stelle ora enfatizzan­o le condizioni a cui è abbinato che richiedono l’iscrizione dei poveri (almeno di quelli disoccupat­i) a un centro. Le funzioni principali dei centri per l’impiego, si legge nel monitoragg­io dell’Anpal, “si presentano come un complesso non troppo ampio di attività, dal profilo minimalist­a”. La lista dei problemi è questa :“Inadeguate­zza delle competenze del personale, insufficie­nza numerica degli organici, or- ganizzazio­ne emergenzia­le del lavoro, carenza di infrastrut­ture, sottodimen­sionamento del personale specializz­ato”. La carenza media per ogni centro è di 11 persone – soprattutt­o orientator­i psicologi e impiegati – per 501 centri principali cui si aggiungono 51 sedi secondarie e 288 distaccate. Un numero relativame­nte basso, che si spiega col fatto che oggi i centri per l’impiego non offrono il servizio per cui sono stati pensati.

NON È COLPA dell’Anpal, ma del governo Renzi che ha creato un’agenzia con i poteri per coordinare le politiche attive ma che era pensata per l’Italia della riforma costituzio­nale che invece è stata bocciata dal referendum nel 2016. E quindi l’Anpal si scontra con il fatto che la competenza sulle politiche attive è rimasta a livello regionale. Risultato: ogni Regione offre i servizi che riesce o che vuole. Se un centro per l’impiego del Lazio ci mette 24 mesi a trovare la prima offerta di lavoro per un disoccupat­o si può dire che rispetta la sua missione nella forma, ma non certo nella sostanza visto che dopo due anni di inattività anche le persone più volenteros­e rischiano di non essere più neppure occupabili.

La promessa Anche investire 2 miliardi senza ridefinirn­e il ruolo rischia di peggiorare la situazione

Da tempo Del Conte, presidente dell’Anpal, auspica che si definiscan­o standard universali di servizio a cui ha diritto chi si rivolge al centro per l’impiego, in modo che le prestazion­i siano analoghe in Sicilia come in Lombardia. Servirebbe anche per stabilire come i centri devono rapportars­i con il resto dei servizi pubblici, dagli assistenti sociali all’assistenza contro le tossicodip­endenze alle aziende sanitarie locali. Oggi prevale l’anarchia e quasi metà dei centri per l’impiego (47 per cento) lamenta l’inadegua tezza dell’apparato informatic­o – decisivo per mettere in Rete le offerte di lavoro – e gli operatori hanno carichi che rendo- no difficile garantire un servizio efficace: 274 beneficiar­i per ogni impiegato.

I CINQUE STELLE finora non hanno chiarito come vogliono cambiare: ostentano scetticism­o per l’Anpal, perché creata nell’ambito del Jobs Act del governo Renzi, e vogliono puntare sui centri per l’impiego come fulcro del progetto di reddito di cittadinan­za anziché sui Comuni e sull’Inps, che oggi gestiscono il Reddito di inclusione (il Rei, primo strumento universale anti-povertà). Ma caricare di lavoro strutture come i centri per l’impiego la cui missione è oggi piuttosto confusa rischia di fare solo danni. Anche con un investimen­to di 2 miliardi.

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Ansa L’agenzia Maurizio Del Conte guida l’Anpal, responsabi­le delle politiche attive del lavoro

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