Quattro opposizioni e un governo. Conte piace a tutti (o quasi)
CAMBIO ROTTA Bye bye fronte repubblicano I responsabili dell’emiciclo: l’incubo sfiorato del ritorno al voto alza il gradimento trasversale dei gialloverdi
Al centro, l’emiciclo di Palazzo Madama ha un largo ventre gialloblu - ché i leghisti s’incazzano se li chiami verdi - e le opposizioni sono come schiacciate alle estreme, molto di più di come succedeva nella Prima Repubblica.
Forza Italia a destra, il Pd a sinistra.
È una sensazione fisica opprimente, non solo politica, nel giorno del fatidico battesimo del governo del popolo. Ed è difficile, allora, scagliarsi contro questo bestione nazionalpopulista, secondo alcuni un ircocervo, che sotto sotto piace a tutti o quasi, al netto della propaganda da aula.
E il primo motivo, pragmatico, di questo gradimento trasversale, lo spiega cinicamente Gaetano Quagliariello, ex ministro oggi indipendente forzista.
SOSTIENE: “C’è poi un altro aspetto, che riguarda tutte le opposizioni in questo emiciclo, e che suggerisce di evitare in questa sede ipocrisie. A nessuno sfugge infatti che se la travagliata gestazione del governo non fosse andata a buon fine, un voto a distanza ravvicinata avrebbe penalizzato, con ogni probabilità, assai più gli oppositori che i contraenti del patto di maggioranza”.
Qualcuno che dice la verità, vivaddio.
Nello stesso Pd, che celebra la resurrezione di Matteo Renzi manco fosse Napoleone tornato all’improvviso da Sa nt’Elena, si raccontano spassosi aneddoti sulla con- vulsa notte del 29 maggio, quando il Cottarelli congelato ha riaperto la trattativa gialloblu. Cioè deputati e senatori, anche renziani, in preda all’euforia al momento di apprendere la notizia a cena, in vari ristoranti del centro di Roma.
C’è chi se lo fa piacere per convenienza o per paura, il governo Conte, e chi per la sostanza, pure.
Risultato: quattro spettri d’opposizione. Altro che il frontismo repubblicano evocato qualche giorno fa.
QUATTRO SPETTRI: Forza Italia, Pd, Fratelli d’Italia e Leu. Questi ultimi, a dire il vero, sono i più convinti del loro voto contrario. Ma sono pochissimi. L’intervento di Pietro Grasso è il più duro di tutti e alla fine nessuno applaude. Una scena surreale di questo nuovo mondo del cambiamento, la Terza Repubblica.
Ognuno applaude i suoi e basta.
Altro esempio, stavolta tra i banchi azzurri. Renzi finisce di parlare e la senatrice Sandra Lonardo in Mastella grida “bravo” e accenna a un battimani. Nessuno la segue. Il renzusconismo è ormai un fenomeno sbiadito.
Semmai, tra Forza Italia e Fratelli d’Italia, in molti prevale la voglia di agganciarsi al carro gialloblu al più presto possibile. Il passaggio di Conte “su quanti vorranno far parte del nostro cammino in corso d’opera” fa gola soprat- tutto nel fu centrodestra berlusconiano. Questione di sopravvivenza se il futuro è questo.
Tre alleati e tre posizioni diverse: Lega al governo, Fratelli d’Italia che si astiene, Forza Italia che vota contro in base alla dottrina Berlusconi-Letta. Ma lo scetticismo è un altro fantasma forzista che aleggia su Palazzo Madama. Il citato Quagliariello considera sbagliato un atteggiamento “pregiudiziale” e poi c’è Alessandra Mussolini che da Montecitorio si professa già “populista” a favore del governo Conte e litiga in una diretta televisiva con Paolo Romani, sostenitore del muro anti-grillino.
Alla fine gli interventi azzurri, compresa la dichiarazione di voto della capogruppo Anna Maria Bernini, mirano a blandire Salvini nel segno del vecchio centrodestra. L’incubo è quello descritto da Renzi. L’unica notazione forte dell’ex premier: “Questo governo non è il futuro bipolarismo ma la futura coalizione”.
ECCO IL PUNTO, mentre Salvini se la gode dalla sua poltrona di vicepremier. Il leader leghista rientra in aula proprio quando parla il padrone del Pd. Renzi gli fa gli “auguri” e lui per risposta stringe la faccia in un finto smile, un sorrisino di sfottò. Indi, Salvini, poggia il braccio destro con fare padronale sulla poltrona di Conte, accanto a lui.
A tratti è un clima talmente nuovo da essere indecifrabile. Pier Ferdinando Casini, che fa la spola tra i banchi del Pd e quelli di Forza Italia, usa invece l’aggettivo “inquietante” per dipingere questa fase completamente inedita, con il ventre largo gialloblu che applaude senza sosta e circonda il suo governo con un abbraccio gigante.
L’unico giapponese sembra Davide Faraone, ultrà siciliano del renzismo. Conte cita il conflitto d’interessi e Faraone lo interrompe gridando: “Dillo a Casaleggio”. Alza pure un cartello, il siculo renziano, che inneggia a Cetto La Qualunque.
Per il resto, tra astensioni e promesse di opposizione contraria ma “responsabile”, sia berlusconiana sia renziana, è la prova che l’establishment non sa come fare i conti con questo governo che ha stravinto nelle urne. Reinventarsi sarà una sfida immane. Lo stesso Renzi confida dopo: “Conte è uno che può piacere alla gente”. Appunto. Viva la sincerità.
GAETANO QUAGLIARIELLO
Se la travagliata gestazione del governo non fosse andata a buon fine, un voto a distanza ravvicinata avrebbe penalizzato assai più gli oppositori MATTEO RENZI
Voi non siete il bipolarismo, siete una coalizione: Di Maio e Salvini, facce della stessa medaglia. Non siete lo Stato: siete il potere