Carniti, troppo onesto per quella presidenza
Guidò i metalmeccanici nell’autunno caldo, poi lo scontro su Viale Mazzini
Pierre Carniti era una persona perbene. Non è una banalità da tributare all’ex segretario generale della Cisl che si è spento ieri a Roma a 81 anni dopo una lunga malattia. È piuttosto la ragione profonda che ha impedito all’Italia malata dei suoi tempi di fare tesoro del suo talento. Carniti era lombardo di Castelleone (Cremona), doveva il nome francese alla rivolta paterna contro l’obbligo fascista dei nomi italiani. Lavorò fin da ragazzo con i metalmeccanici della Fim-Cisl. Era un’altra Cisl, a trazione nordista e operaia che esprimeva una radicalità più spiccata, e più moderna, della Cgil. Oggi rimane la Fim, una cosa un po’ strana dentro la Cisl perché ancora figlia di Carniti: l’attuale leader Marco Bentivogli è figlio di Franco Bentivogli, il braccio destro e poi successore alla guida dei metalmeccanici.
L’autunno caldo, le conquiste salariali, lo Statuto dei lavoratori trasformano il mondo del lavoro nel biennio 1969- 70 sotto la guida dei grandi leader metalmeccanici Bruno Trentin, Carniti e Giorgio Benvenuto, destinati a conquistare il vertice delle loro confederazioni dopo a- ver realizzato, cosa oggi impensabile, l’unità sindacale con la creazione della Flm.
Carniti succede a Luigi Macario nel 1979. Sembrano gli anni d’oro della cosiddetta “triplice ”, guidata dall’ in- scindibile terzetto Lama-Carni ti-Benvenuto. Ma sono anche gli anni in cui inizia il declino, dopo la storica sconfitta alla Fiat con la marcia dei 40 mila. Ed è negli anni Ottanta che si consuma la spaccatura mai più sanata tra i comunisti di Luciano Lama e tutti gli altri. Lo strappo lo dà Bettino Craxi con il decreto di San Valentino ( 14 febbraio 1984) che abolisce la scala mobile. Carniti è con Craxi. Al suo fianco c’è l’economista Ezio Tarantelli che un anno dopo verrà ucciso dalle Brigate Rosse. Teoricamente c’erano le condizioni per una spinta modernizzatrice della strana coppia Craxi- Carniti. Sono gli anni in cui il lavoro cambia, entrano i primi robot nelle fabbriche, sta crollando il muro di Berlino, l’Europa sta costruendo il mercato unico.
MA CARNITI non ingrana mai nell’Italia di Craxi e Andreotti. C’è a ostacolarlo il suo cattolicesimo ascetico – che lo porterà a fondare con Ermanno Gorrieri il Movimento dei Cristiano-sociali – e soprattutto l’idea che i principi vengano prima del machiavellismo, per non dire altro. A dimostrarlo la vicenda assurda della mancata presidenza Rai.
Fu proprio Craxi a candidarlo nell’autunno 1985 al posto di Sergio Zavoli. Per la Rai lottizzata di allora il meccanismo era blindato: Carniti presidente in quota socialista, il vicepresidente in quota al partito socialdemocratico (alla Dc toccava il direttore generale). Ma il candidato presidente dice no al diktatpartitocratico. Chiede che sia lasciata al consiglio d’amministrazione la scelta del vicepresidente. La partitocrazia va in tilt, la Dc non vuole un presidente Rai che non obbedisce alle segreterie politiche.
MARCO PANNELLA, come al solito, è l’unico a capire e si batte da solo per Carniti: “Occorre che il presidente abbia forza propria, personale, straordinaria stima nel Paese per assolvere a funzioni che sono in- nanzitutto di massimo garante del rispetto e della restaurazione della legge, della lealtà dell’informazione e dell’autonomia effettiva del servizio pubblico dai centri di potere partitocratico e camorristico, di camorre interne ed esterne” (parole ancora utili in vista delle prossime nomine Rai).
Craxi non risponde agli appelli di Pannella, cede alla Dc che gli garantisce i voti per stare a Palazzo Chigi, designa per la Rai il suo capocorrente Enrico Manca.
Da allora, e sono passati più di trent’anni, Carniti si è sostanzialmente eclissato, dedito allo studio e alla scrittura, mentre la Cisl diventava il basso impero del pubblico impiego dei Franco Marini, Sergio D’Antoni e Raffaele Bonanni. E, parlando ogni tanto a un convegno o scrivendo un libro, ha ricordato all’Italia che occasione aveva sprecato.
Aveva 81 anni
Volle l’unità sindacale, poi si schierò con Craxi sulla scala mobile Ma l’intesa durò poco