Blitz contro la rete di protezione di Messina Denaro, ma l’ultimo boss stragista è sempre latitante
17 persone indagate in provincia
▶L’ULTIMO rifugio di Matteo Messina Denaro, da 25 anni superlatitante numero uno di Cosa Nostra potrebbe essere un bunker nascosto nelle ville e nelle case del trapanese, tra Castelvetrano e Salaparuta, Triscina e Santa Ninfa, nello stesso territorio che la sua famiglia ha ‘’governato’’ per decenni. A caccia del boss con uno strumento per rilevare vuoti di cemento tra le pareti, oltre 150 uomini del Servizio Centrale della polizia, e delle squadre mobili di Palermo e Trapani, hanno passato al setaccio sei paesi della provincia di Trapani, perquisendo numerose abitazioni, terreni, attività commerciali e imprenditoriali di favoreggiatori storici del latitante stragista. Sono 17 le persone indagate nella nuova inchiesta che punta a fare ancora una volta ‘’terra bruciata’’ attorno al boss, protetto in quelle zone da persone che, come emerge dalle più recenti intercettazioni, spingono il propprio livello di venerazione nei confronti del boss al punto di volere persino che fosse fatto ‘’santo’’. Da un primo bilancio la polizia sembra abbia sequestrato alcune armi e un tablet a casa di un medico contenente informazioni di ‘’rilevante valore investigativo’’.
IL BLITZ segue di poco più di un mese un’altra operazione della Dda di Palermo che ha portato in carcere 21 persone tra boss e gregari delle cosche di Castelvetrano, Partanna e Mazara del Vallo, tutti ritenuti componenti o vicini alla rete di protezione del superlatitante. E appena sei mesi fa, a dicembre, altri 30 presunti mafiosi erano finiti nel registro degli indagati della procura di Palermo come sospetti favoreggiatori della latitanza dell’ultimo padrino stragista, condannato per le stragi del ’93 e tuttora imputato a Caltanissetta per la strage di Capaci, in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie, Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani.