“Eroe-traditore”: Snowden alla corte di Putin da cinque anni
La gente è ancora impotente di fronte a governi e multinazionali. Ma almeno ora è consapevole.
Le mie rivelazioni hanno reso la lotta più equa”.
È un bilancio in chiaroscuro quello di Edward Snowden, a 5 anni dalla pubblicazione del più massiccio leak di documenti top secret della storia. Ne parla in una conversazione telefonica con il Guardian, che grazie a quelle rivelazioni nel 2014 vinse un Pulitzer.
Cosa è rimasto di quell’immenso squarcio nei segreti della National Security Agency, di quello sforzo “per informare il pubblico su ciò che viene fatto in loro nome o contro di loro”?. Sul piano personale, Snowden è un fuggitivo, ricercato dalle autorità Usa e riparato in Russia, dove vive grazie alla protezione di Putin. Per i servizi d’intelligence di mezzo mondo è un traditore, come ha ribadito Jeremy Fleming, direttore della Gchq, l’agenzia britannica per la Sicurezza: “Ciò che ha fatto è illegale e ha compromesso la nostra capacità di proteggere il paese. Dovrebbe pagare per questo”.
Snowden eroe o criminale? Di certo, dopo quel leak la privacy è diventata centrale nelle nostre vite. Ma sono molti gli attivisti che non nascondono la loro delusione: quella denuncia, dicono, non ha creato maggiore libertà; al contrario, ha spinto governi e multinazionali a rafforzare sorveglianza e controllo di massa.
Snowden non ha rimpianti, nemmeno sul piano personale. “Se avessi cercato la sicurezza non avrei mai lasciato le Hawaii” (dove lavorava prima di diffondere le informazioni riservate).
Oggi si occupa di sviluppare strumenti per proteggere le fonti di giornalisti e attivisti. “Non mi sono mai sentito cosí soddisfatto”. Ha vinto la sua battaglia? “Siamo solo all’inizio. Governi e grandi società sono in questo gioco da molto tempo. Noi abbiamo appena iniziato”.