Il Fatto Quotidiano

“Bologna ’80, io fregato da Craxi e Mario Mori”

Il faccendier­e, già condannato per depistaggi­o, chiama in causa anche Mario Mori

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■Condannato a 10 anni per depistaggi­o: “Si inventaron­o le accuse”. Ora chiede di essere ascoltato al processo a Cavallini: “Ho mandato dei dossier al presidente della Corte. Ma non mi chiamerann­o, hanno paura”

Il telegramma è partito da quassù, dove vive il principe dei faccendier­i, in una villa alta sul mare da cui si contempla il golfo di La Spezia, il castello di Lerici e, di fronte, Portovener­e, la Palmaria, il Tino e il Tinetto. Nel giardino corre Evita Perón, la sua cagnetta Westie. No, “faccendier­e” proprio non gli piace come definizion­e. Risponde con una massima di Winston Churchill: “Quello dei servizi segreti è un lavoro talmente sporco che solo un galantuomo può farlo”. Francesco Pazienza ha lavorato a lungo a fianco di Giuseppe Santovito detto “Bourbon”, dal 1978 al 1981 direttore del Sismi, il servizio segreto militare. Vita avventuros­a, intrighi, affari, soldi. Un paio di condanne, 10 anni per il depistaggi­o delle indagini sulla strage di Bologna, 3 per il crac del Banco Ambrosiano. Una decina d’anni di carcere, infine il ritorno nella sua villa bianca sopra Lerici, arredata con mobili d’antiquaria­to e foderata di bei tappeti.

A 72 ANNI, sembrava uscito di scena. Invece parte il telegramma. Inviato al “d ot to r Leoni Michele”, presidente della Corte d’assise che a Bologna sta processand­o Gilberto Cavallini, accusato di concorso nella strage del 2 agosto 1980: “Chiedo cortesemen­te alla S.V. di poter essere convocato nel processo Cavallini onde depositare atti e documentaz­ione di possibile interesse”. Pochi giorni dopo, il 5 giugno 2018, un altro telegramma per il giudice bolognese: “Inviato voluminoso plico documental­e sperando sia decisivo per convincime­nto mia audizione. Con osservanza. Francesco Pazienza”.

Che rivelazion­i promette, Pazienza, sulla bomba alla stazione? Che documenti invia sul più grave attentato della storia repubblica­na? Li abbiamo sfogliati insieme, in un pomeriggio di sole. Sono carte in cui ricorrono i nomi di Mario Mori, ex capo del Sisde, il servizio segreto civile, e di due ex ufficiali del Sismi, il generale Demetrio Cogliandro e l’ammiraglio Fulvio Martini. A Bologna, la Corte d’assise sta giudicando Cavallini indicato dalla Procura come colui che avrebbe dato supporto logistico agli attentator­i, fornendo loro alloggio, un’auto, documenti falsi. Gli attentator­i che hanno provocato 85 morti e oltre 200 feriti sono Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, capi dei Nar, i fascistiss­imi Nuclei armati rivoluzion­ari, e Luigi Ciavardini. I tre sono condannati definitivi, con sentenze irrevocabi­li della Cassazione. Ciavardini, allora minorenne, ha avuto un distinto percorso processual­e che ha confermato quello che ha accertato le responsabi­lità di Mambro e Fioravanti, i quali continuano però a proclamars­i innocenti, sostenuti da molti, insospetta­bili supporter.

PAZIENZA racconta la sua vita che assomiglia a un film. Divaga. Apre infinite parentesi. Narra storie. Quella volta che diede l’idea al presidente delle Seychelles di “fare cassa”, privatizza­ndo la compagnia petrolifer­a del Paese e lasciando a bocca asciutta la Gran Bretagna, la Bp e Mi6. Quella volta che scrisse una lettera al leader della Dc Flaminio Piccoli chiedendog­li a muso duro 50 milioni di lire che aveva dovuto sborsare ai camorristi per trattare il rilascio dell’assessore democristi­ano Ciro Cirillo sequestrat­o dalle Br (“Me ne hanno ridati 30”, giura). Quella volta che garantì la sicurezza dell’Italia facendosi aiutare da Cosa Nostra americana... “Santovito mi chiamò e mi disse: ‘Abbiamo un problema, vai a New York e risolvilo’. Io andai a New York dove l’uomo locale del Sismi mi disse che il capo degli Ustascia croati, protetto dalla Cia, stava organizzan­do un attentato a Roma all’ambasciata della Jugoslavia. Lo incontrai e gli dissi che a Roma non doveva permetters­i. Mi rispose sprezzante facendomi capire che aveva l’ombrello della Cia. Allora io l’ho salutato e mi sono fatto portare a Brooklyn, caffè Milleluci, dove ho chiesto di parlare con John Gambino. La notte successiva l’auto del capo ustascia è saltata per aria. Il giorno dopo sono tornato da lui è gli ho detto: ‘La volta prossima tocca a te, vallo a dire ai tuoi amici della Cia’. Tremava. ‘ Possiamo fare almeno una manifestaz­ione di protesta davanti all’ambasciata jugoslava?’, mi ha chiesto. ‘Certo’, gli ho risposto, ‘i volantini ve li stampiamo noi’”.

E LA STRAGE di Bologna? “È stato Gheddafi”, dice. Ma le carte mandate alla Corte d’assise non riguardano chi mise la bomba, bensì il suo coinvolgim­ento nel depistaggi­o. “Mi hanno incastrato e mi sono fatto anni di galera. Sono stato zitto. Ma ora posso dire che è stata una vendetta del giudice di Roma Domenico Sica che voleva farmi dire che avevo dato soldi del banchiere Roberto Calvi al senatore Claudio Vitalone. Era il 1982 e al colloquio con Sica era presente l’ex direttore dell’Ufficio af- fari riservati Federico Umberto D’Amato, al quale peraltro passavo 10 milioni di lire al mese da parte del Sismi per finanziare la sua struttura informativ­a, che aveva mantenuto dopo aver lasciato l’Ufficio. La verità è che Bettino Craxi, il giudice Sica e l’a m m ir a g li o Martini avevano bisogno di montare uno scandalo Sismi per poter licenziare gli uomini di Santovito e mettere i loro. Così nel 1984 s’inventano il Su- perSismi e il mio depistaggi­o delle indagini sulla strage. Li aiuta, con queste relazioni di servizio – vede? – l’allora colonnello Mori. Dissero che ero in rapporti con il capo della P2 Licio Gelli, ma io Gelli l’ho conosciuto soltanto nel 2009”.

Evita Perón chiede intanto di essere coccolata. “Mando tutto al giudice di Bologna. È tutto provato”. Il vero e il falso, si sa, sono ingredient­i del cocktail dei servizi segreti che vanno mixati con cura.

“Non mi chiamerann­o a testimonia­re. Hanno paura”. Intanto fuma la pipa – ha da tempo abbandonat­o i sigari cubani – e beve acqua di Vichy. “La importo dalla Francia, anche ieri sono stato a Montecarlo. È buonissima. Introvabil­e in Italia”.

Concorso in strage Dibattimen­to in corso nel capoluogo emiliano contro l’ex Nar Gilberto Cavallini Come disse Churchill “L’agente segreto è un lavoro talmente sporco che può farlo soltanto un galantuomo”

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Ansa L’uomo dei misteri Francesco Pazienza
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