Il Fatto Quotidiano

I due Pd: il Partito del Pop-corn e il No pasaran!

In Senato vige l’attendismo renziano, alla Camera regna l’antifascis­mo

- » MARCO PALOMBI

La

due giorni della fiducia al primo governo “p o pu l ista” tra le molte novità ne ha portata anche una nel Partito democratic­o e non piccola. Dal dibattito parlamenta­re è venuto fuori che i Pd sono (almeno) due, uno al Senato e uno alla Camera, per semplifica­re quello dei “pop-corn” e quello “No pasaràn!”.

IL COMPORTAME­NTO in Aula ha reso le due linee – i due partiti – di plastica evidenza. Il gruppo dem di Palazzo Madama è il fortino di Renzi e del suo macronismo di ritorno. Il modo in cui bisognerà rapportars­i col governo l’ha messo a verbale direttamen­te il capo, il “senatore semplice di Firenze, Scandicci, Signa, Lastra a Signa e Impruneta”, cui i colleghi altrettant­o “semplici” hanno generosame­nte concesso i loro minuti di dibattito per permetterg­li un intervento più lungo: “Lei è un premier non eletto, potrei dire un collega – ha detto a Conte – Ma nessuno le nega la legittimit­à perché non ce n’è motivo”. E ancora: “Il presidente del Consiglio non avrà la nostra fiducia, ma avrà sempre il nostro rispetto. Noi la rispettere­mo perché lei è anche il nostro presidente”. E a Di Maio: “Avete fatto la storia almeno 80 volte in 89 giorni, lei ha detto ‘Lo Stato siamo noi’, ma lei non è lo Stato, voi siete il potere e tocca a voi. Non avete più alibi, siete l’e s t a b l ishment”. È la linea detta “del pop- corn”: tutti calmi, non passate per rosiconi, lasciateli fare e vedrete che si ammazzano da soli.

A Montecitor­io, però, non si sgranocchi­a nulla. Il gruppo Pd è appannaggi­o degli anti-renziani (Martina, Franceschi­ni, etc) o dei post-renziani (Delrio) e lì l’opposizion­e assume invece i toni un po’ ridicoli, dati gli interpreti, dell’antifascis­mo militante: “No pasaràn!”, appunto. Per questo mercoledì il capogruppo Graziano Delrio, invece che l’ex sindaco democristi­ano della bassa padana che è, sembrava Buenaventu­ra Durruti: “Presidente Conte, lei ha rivendicat­o di essere populi- sta ma in nome del popolo in questo Paese sono stati commessi delitti orrendi, approvate leggi razziali, in Europa sono stati commessi genocidi. Tutti i grandi dittatori lo fanno in nome del popolo”.

L’EX MINISTRO cattolico, una vita familiare pienissima e una politica in serena seconda linea, s’è pure lanciato nell’attacco diretto al premier: “Non venga qui a darci lezioni. Ci faccia un piacere, studi: riprenda il programma e lo riscriva di suo pugno, perché è lei il presidente del Consiglio. Non faccia il pupazzo nelle mani dei partiti”. Attorno a Buenaventu­ra Delrio, intanto, si scalmanava­no gli anarcosind­acalisti Fiano e Scalfa- rotto. Dopo la fiducia, Luca Lotti (partito del pop-corn) s’aggirava per Montecitor­io sconsolato: “Così non va bene, glielo avevo pure detto”.

D’altra parte, i popcornist­i ricordano che si partì così anche con Berlusconi nell’aprile 1994 e, nonostante all’epoca avesse la metà dei voti dei “populisti” di oggi, il Caimano ha poi governato a lungo e sta ancora lì col suo partito azienda, il cui gruppo – curiosamen­te – ora si scambia graziosame­nte gli applausi in Aula con quello del Pd, cioè con gli stessi che gli davano dei fascisti al debutto. La politica di palazzo fa strani giri: “Meglio il pop-corn”, dice Renzi pensando all’incerto futuro.

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