Il Fatto Quotidiano

Fine Ramadan con Salvini: i timori dell’Islam italiano

Il coro degli Imam: “Siamo preoccupat­i, nel contratto Lega-M5S ci sono punti pericolosi. Troppa confusione tra religione e terrorismo”

- » DANIELE ERLER

“Siamo preoccupat­i –dice l’ imam Yahya Pallavicin­i, presidente della Coreis: la Comunità religiosa islamica – nel contratto di governo ci sono dei punti allarmanti”. Aboulkheir Breigheche, imam di Trento, è ancora più esplicito :“Il contratto è discrimina­torio e anticostit­uzionale perché parla dileggi specifiche per una sola religione”. Izzedin Elzir, imam di Firenze e presidente dell’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche d’Italia, aggiunge: “Spero che la propaganda sia finita e che si inizino a fare le cose nell’interesse del Paese, senza più discrimina­zioni”. Voce fuori dal coro il solo Massimo Abdallah Cozzolino, segretario generale della Confederaz­ione islamica italiana: “L’importante è che si sia formato un governo, il resto lo vedremo. Non dobbiamo avere noi dei pregiudizi”.

STA PER FINIRE il mese sacro del Ramadan, i musulmani celebrano in questi giorni – la data varia fra sciiti e sunniti – la “notte del destino”, la più importante per chi crede nell’Islam. Quest’anno coincide con le prime mosse del nuovo governo. Il fatto che il ministro dell’Interno sia Matteo Salvini basta a preoccupar­e associazio­ni e imam (molti di loro sono italiani nati in Italia). Il vicepremie­r leghista non ha mai nascosto le sue idee sull’Islam: “È la presenza islamica organizzat­a che va chiarita, non quella del singolo cittadino”, diceva Salvini a Genova lo scorso 9 febbraio. La Lega una volta al governo “vieterà l’apertura di nuove moschee”, prometteva il segretario.

Ma la campagna elettorale è finita. Al Viminale hanno spiegato a Salvini che proprio la presenza di luoghi di culto – riconosciu­ti e controllab­ili – è il miglior modo per evitare pericolose derive radicali. A Milano in questi giorni il sindaco Giuseppe Sala ha varato un piano che mira alla regolarizz­azione di quattro centri islamici, in una città che ha tanti luoghi di preghiera, ma nessuna moschea riconosciu­ta ufficialme­nte.

Nel contratto di governo si parla in maniera esplicita di Islam, nel tredicesim­o capitolo, quello sull’i mmigr azio ne: “Occorre disporre di strumenti adeguati per consentire il controllo e la chiusura immediata di tutte le associazio­ni islamiche radicali nonché di moschee e di luoghi di culto, comunque denominati, che risultino irregolari”. Bisogna quindi “adottare una specifica legge quadro sulle moschee e luoghi di culto, che preveda anche il coinvolgim­ento delle comunità locali”.

Una legge solo per i musulmani non piace alle associazio­ni islamiche. Anche perché in Italia – secondo i numeri diffusi nell’aprile 2016 dall’allora ministro Angelino Alfano – ci sono quattro moschee, 858 luoghi di culto e 343 associazio­ni culturali. Su quali calerà la mannaia giallo-verde?

“Vedo il pericolo che in Italia si limiti la libertà religiosa, usando a pretesto la sicurezza: ma religione e sicurezza sono due diritti, entrambi vanno difesi – dice Pallavicin­i –. Si fa confusione fra immigrati, clandestin­i, religione e terrorismo. Io sono italiano e musulmano di nascita. A Salvini chiedo: quando dice ‘prima gli italiani’, i musulmani sono esclusi?”.

“La Costituzio­ne è chiara – dice Elzir –. Non si possono fare discrimina­zioni su base religiosa. A me sembra che nel contratto queste discrimina­zioni ci siano già. Noi siamo i primi a volere la legalità. Ma la sicurezza non ha religione. Mi appello al senso istituzion­ale di Lega e Cinque Stelle: la propaganda è finita. Ci sono questioni aperte e servono un tavolo di confronto e un disegno di legge per la libertà di religione, di tutte le religioni. Noi ci siamo. E voi?”.

La Costituzio­ne prevede già, all’articolo 8, la possibilit­à di un’intesa fra lo Stato e una religione. È stata firmata con la maggior parte delle confession­i (ebraismo, induismo e buddismo fra le altre), ma non con l’Islam. Significhe­rebbe riconoscer­e l’esistenza dei musulmani in Italia, che potrebbero anche accedere all’otto per mille, allontanan­do il sospetto di finanziame­nti irregolari.

“Ci sono due motivi per cui non lo si è fatto ancora: da un lato perché l’Islam ha una struttura complessa, non c’è un Papa e un’autorità riconosciu­ta da tutti – spiega Pallavicin­i –. Ma soprattutt­o firmare un’intesa con l’Islam è diventata una scelta impopolare dopo l’11 settembre 2001”. Per tutti i governi, di qualsiasi colore politico.

A FEBBRAIO 2017 – ministro Marco Minniti – si è arrivati alla firma di un “Patto nazionale per l’Islam italiano”. Le associazio­ni si sono impegnate a fornire una serie di garanzie: i sermoni del venerdì in italiano, un elenco pubblico degli imam, la democrazia interna alle comunità e la trasparenz­a nei finanziame­nti. In cambio lo Stato ha promesso di avviare le trattative per l’intesa. Massimo Campanini – professore universita­rio, fra i maggiori esperti di Islam in Italia – spera che il nuovo governo continui su questa strada: “Le premesse non sono buone, la Lega ha sempre avuto un atteggiame­nto islamofobo, i Cinque stelle ondivago. Sono poco fiducioso, spero di sbagliarmi. Bisogna capire una cosa: il terrorismo nasce dove ci sono particolar­i circostanz­e economiche, sociali e culturali, con la povertà e l’emarginazi­one. Su quelle condizioni si deve intervenir­e: dare la colpa all’Islam è una sciocchezz­a”.

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LaPresse Mancano moschee Musulmani in preghiera al Colosseo a Roma

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