La prima tregua dei Talebani dal 2001
Afghanistan Tre giorni di cessate-il-fuoco decretati dal movimento islamico per la fine del Ramadan
Talebani annunciano la prima tregua dal 2001. Un cessate il fuoco di tre giorni in coincidenza con l’Eid al-Fitr, la festa islamica che segna la fine del mese santo di Ramadan.
La novità nella presa di posizione della dirigenza talebana è costituita dal fatto che si tratta della prima reazione positiva a una proposta di tregua avanzata dal governo di Kabul da quasi 17 anni, da quando prima i militari Usa, poi anche quelli della Nato, sono intervenuti in Afghanistan per contrastare i gruppi terroristici. Il comunicato, pubblicato sul portale La Voce della Jihad e firmato dal Leader dell’Emirato islamico dell’Af gh an istan, ha ricevuto un rapido benvenuto del segretario generale della Nato Jens Stol- tenberg e del presidente afghano Ashraf Ghani.
In dichiarazioni all’Ansa, il portavoce dell’Alto Consiglio per la pace (Hpc) Sayed Ihsan Taheri ha detto di sperare che “questo sia l’inizio di un negoziato diretto di pace concepito e guidato dagli afghani fra governo e talebani” .“Auspichiamo – ha sostenuto – che cresca la fiducia da entrambe le parti per una estensione del cessate il fuoco finalizzata alla pace”. Lo stesso Ghani, perseguendo l’obiettivo prioritario di far sedere i Talebani a un tavolo delle trattative, aveva ordinato giovedì alle forze di sicurezza di sospendere le operazioni militari contro gli insorti per una settimana dal 12 giugno, per celebrare la fine del Ramadan e la festa di Eid. A questa tregua governativa, che non riguarda gruppi come Isis o al Qaeda, ha aderito anche il generale John Nicholson, comandante delle forze Usa e della Nato in Afghanistan.
IL COMUNICATO TALEBANO contiene cinque direttive che dovranno essere “strettamente eseguite” dai mujaheddin dal 14 al 16 giugno, in coincidenza con la festività di Eid. La prima riguarda “la sospensione di tutte le operazioni offensive contro le forze di opposi- zione interne”; la seconda prevede “l’esclusione delle forze di occupazione straniere” da questa tregua che “dovranno essere invece colpite ovunque e quando ve ne sia la possibilità”. La terza prevede la possibilità di liberazione di prigionieri che “promettano di non tornare a unirsi al nemico per combattere i mujaheddin”; la quarta, la possibilità di un incontro di famigliari con i prigionieri nelle carceri dell’Emirato islamico. La quinta infine consiglia ai combattenti di “non partecipare a incontri pubblici laddove vi sia pericolo di raid aerei” e “possano esservi danni” per i civili.
Questi propositi, se applicati, dovranno costituire una interruzione degli scontri armati che anche in questi giorni hanno causato 65 vittime (civili, militari e fra i militanti) in varie province, fra cui Herat, Kunduz, Nangarhar e Sari Pul.