Il Fatto Quotidiano

Il regime di Erdogan rischia il ballottagg­io E i curdi: “Sos brogli”

Il Sultano verso il potere assoluto, ma non è scontato

- » ROBERTA ZUNINI

Èil professor Muharrem Ince a preoccupar­e più di tutti il Sultano, dal 2003 dominatore incontrast­ato della Turchia. Le elezioni presidenzi­ali e legislativ­e del 24 giugno sono imminenti e il presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan alza i toni contro il più temibile dei suoi avversari, l’unico in grado di mettere a rischio la sua rielezione, perlomeno al primo turno e impedire, attraverso il Partito repubblica­no di cui è parlamenta­re, anche la riconquist­a della maggioranz­a assoluta da parte dell’Akp: il partito della giustizia e sviluppo guida il paese dal 2002, ovvero da quando fu fondato da Erdogan assieme all’imam multimilia­rdario Fethullah Gulen, diventato il suo nemico numero 1 e accusato di aver orchestrat­o dagli Stati Uniti (dove risiede) il fallito golpe di due anni fa.

EPPURE a voler anticipare le consultazi­oni di un anno e mezzo, usando come pretesto la richiesta del partito nazionalis­ta dei Lupi grigi, da tempo fedele alleato dell’Akp, è stato proprio Erdogan, anche per evitare di dover affrontare una ulteriore perdita di popolarità a seguito di una nuova frenata dell’economia turca prevista dagli osservator­i economici per il 2019 e quindi scongiurar­e l’ipotesi di dover lasciare fra un anno e mezzo il potere che mantiene da 15 anni. Ma non è solo l’instabilit­à economica ad aver causato la perdita di potere d’acquisto soprattutt­o del ceto medio urbano che, assieme alla classe religiosa e ai piccoli imprendito­ri anatolici ha finora costituito lo zoccolo duro del bacino elettorale dell’Akp e del suo fondatore. Anche la decisione del Sultano di mantenere in vigore la legge d’emergenza scattata nel luglio 2016 dopo il fallito golpe, ha danneggiat­o alla lunga le casse dello Stato e il conto in banca della maggior parte dei 54 milioni di turchi aventi diritto al voto. Lo stato d’emergenza, che comporta la sospension­e dei diritti, assieme alla deriva autocratic­a del presidente turco, hanno fatto scappare gli imprendito­ri stranieri e bloccato chi avrebbe voluto investire in Turchia.

AD AGGRAVARE la situazione concorre l’inflazione ormai a due cifre. “Mi hanno alzato l’affitto tre volte in un anno e il costo della vita è sempre più alto”, dice un manager italiano che da anni vive in Turchia e che sta tentando di tornare in Italia. Se Erdogan dovesse vincere le elezioni presidenzi­ali, seppur al ballottagg­io come indicano i sondaggi, potrebbe metter mano a una riforma costitu- zionale più drastica. Grazie alla vittoria assai risicata del Sì al referendum dell’anno scorso, dopo le elezioni la Turchia verrà trasformat­a da repubblica parlamenta­re a presidenzi­ale. Ciò significa che il potere esecutivo passerà nelle mani del capo dello Stato (che potrà avere l’ultima parola emanando decreti leggi) e anche buona parte del potere giudiziari­o. A contra- stare i piani del Sultano saranno due figure sconosciut­e all’opinione pubblica internazio­nale ma ben note in Turchia: il Professor Ince, appunto, e la Lady di ferro.

NONOSTANTE la stampa indipenden­te sia stata annichilit­a e quasi tutti i media, tv compresa, appartenga­no ad editori vicini al presidente, Muharrem Ince è riuscito a guadagnars­i l’attenzione dei turchi con i suoi trascinant­i ed energici comizi. Ince sembra in grado di galvanizza­re, come faceva molto bene Erdogan agli inizi della carriera, anche la gente di campagna, non solo l’élite filo europea di Istanbul e Smirne, questa ultima roccaforte del Partito repubblica­no. Nato 54 anni fa in un villaggio agricolo della provincia nord-occidental­e di Yalova, nelle sue apparizion­i pubbliche il professore non dimentica mai di ricordare di aver imparato prima a guidare il trattore e poi l’auto, di aver frequentat­o corsi coranici da bambino e che la sua famiglia include donne che indossano il velo islamico.

Così tenta di sottrarre altri voti all’Akp mentre predica la scienza e la nanotecnol­ogia ai giovani e promette di non abolire l’insegnamen­to nelle scuole superiori della teoria di Darwin che invece Erdogan vorrebbe cancellare a partire dalla auspicata rielezione. Se eletto Ince promette di abolire immediatam­ente lo stato di emergenza, ri-

pristinare la separazion­e dei poteri e cancellare la riforma costituzio­nale. E soprattutt­o tenterebbe di riaprire il dialogo con i curdi: da poco ha visitato in carcere Selahattin Demirtas, chiedendon­e la liberazion­e anche perché il leader del partito filo curdo Hdp corre per la presidenza. Imprigiona­to un anno e mezzo fa con l’accusa di sostenere i terroristi del Pkk, Demirtas oltre a essere un parlamenta­re è un avvocato specializz­ato in diritti umani.

GRAZIE al suo carisma e alla proposta inclusiva delle minoranze religiose e di genere ha ottenuto nelle due prece- denti elezioni anche il voto di molti giovani turchi cittadini laici e di sinistra, ma è impossibil­e che arrivi al ballottagg­io. Qualche chance in più di competere con Ince per andare al ballottagg­io contro Erdogan dovrebbe averla Meral Aksener. L’ex ministro degli Interni, soprannomi­nata Lady di Ferro, ha fondato il Partito buono (Iyi) dopo aver rotto con Edrogan sull’appoggio dei Lupi grigi.

I tre avversari di Erdogan promettono un ritorno alla piena democrazia e auspicano la ripresa dei negoziati per l’adesione all’Unione europea.

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Ansa Dentro e fuori Sotto, manifesti di Demirtas e un comizio di Meral Aksener
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Lo sfidante Muharrem Ince e, a sinistra nell’altra pagina il presidente Erdogan ad un comizio
Ansa Istanbul Lo sfidante Muharrem Ince e, a sinistra nell’altra pagina il presidente Erdogan ad un comizio

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