Il regime di Erdogan rischia il ballottaggio E i curdi: “Sos brogli”
Il Sultano verso il potere assoluto, ma non è scontato
Èil professor Muharrem Ince a preoccupare più di tutti il Sultano, dal 2003 dominatore incontrastato della Turchia. Le elezioni presidenziali e legislative del 24 giugno sono imminenti e il presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan alza i toni contro il più temibile dei suoi avversari, l’unico in grado di mettere a rischio la sua rielezione, perlomeno al primo turno e impedire, attraverso il Partito repubblicano di cui è parlamentare, anche la riconquista della maggioranza assoluta da parte dell’Akp: il partito della giustizia e sviluppo guida il paese dal 2002, ovvero da quando fu fondato da Erdogan assieme all’imam multimiliardario Fethullah Gulen, diventato il suo nemico numero 1 e accusato di aver orchestrato dagli Stati Uniti (dove risiede) il fallito golpe di due anni fa.
EPPURE a voler anticipare le consultazioni di un anno e mezzo, usando come pretesto la richiesta del partito nazionalista dei Lupi grigi, da tempo fedele alleato dell’Akp, è stato proprio Erdogan, anche per evitare di dover affrontare una ulteriore perdita di popolarità a seguito di una nuova frenata dell’economia turca prevista dagli osservatori economici per il 2019 e quindi scongiurare l’ipotesi di dover lasciare fra un anno e mezzo il potere che mantiene da 15 anni. Ma non è solo l’instabilità economica ad aver causato la perdita di potere d’acquisto soprattutto del ceto medio urbano che, assieme alla classe religiosa e ai piccoli imprenditori anatolici ha finora costituito lo zoccolo duro del bacino elettorale dell’Akp e del suo fondatore. Anche la decisione del Sultano di mantenere in vigore la legge d’emergenza scattata nel luglio 2016 dopo il fallito golpe, ha danneggiato alla lunga le casse dello Stato e il conto in banca della maggior parte dei 54 milioni di turchi aventi diritto al voto. Lo stato d’emergenza, che comporta la sospensione dei diritti, assieme alla deriva autocratica del presidente turco, hanno fatto scappare gli imprenditori stranieri e bloccato chi avrebbe voluto investire in Turchia.
AD AGGRAVARE la situazione concorre l’inflazione ormai a due cifre. “Mi hanno alzato l’affitto tre volte in un anno e il costo della vita è sempre più alto”, dice un manager italiano che da anni vive in Turchia e che sta tentando di tornare in Italia. Se Erdogan dovesse vincere le elezioni presidenziali, seppur al ballottaggio come indicano i sondaggi, potrebbe metter mano a una riforma costitu- zionale più drastica. Grazie alla vittoria assai risicata del Sì al referendum dell’anno scorso, dopo le elezioni la Turchia verrà trasformata da repubblica parlamentare a presidenziale. Ciò significa che il potere esecutivo passerà nelle mani del capo dello Stato (che potrà avere l’ultima parola emanando decreti leggi) e anche buona parte del potere giudiziario. A contra- stare i piani del Sultano saranno due figure sconosciute all’opinione pubblica internazionale ma ben note in Turchia: il Professor Ince, appunto, e la Lady di ferro.
NONOSTANTE la stampa indipendente sia stata annichilita e quasi tutti i media, tv compresa, appartengano ad editori vicini al presidente, Muharrem Ince è riuscito a guadagnarsi l’attenzione dei turchi con i suoi trascinanti ed energici comizi. Ince sembra in grado di galvanizzare, come faceva molto bene Erdogan agli inizi della carriera, anche la gente di campagna, non solo l’élite filo europea di Istanbul e Smirne, questa ultima roccaforte del Partito repubblicano. Nato 54 anni fa in un villaggio agricolo della provincia nord-occidentale di Yalova, nelle sue apparizioni pubbliche il professore non dimentica mai di ricordare di aver imparato prima a guidare il trattore e poi l’auto, di aver frequentato corsi coranici da bambino e che la sua famiglia include donne che indossano il velo islamico.
Così tenta di sottrarre altri voti all’Akp mentre predica la scienza e la nanotecnologia ai giovani e promette di non abolire l’insegnamento nelle scuole superiori della teoria di Darwin che invece Erdogan vorrebbe cancellare a partire dalla auspicata rielezione. Se eletto Ince promette di abolire immediatamente lo stato di emergenza, ri-
pristinare la separazione dei poteri e cancellare la riforma costituzionale. E soprattutto tenterebbe di riaprire il dialogo con i curdi: da poco ha visitato in carcere Selahattin Demirtas, chiedendone la liberazione anche perché il leader del partito filo curdo Hdp corre per la presidenza. Imprigionato un anno e mezzo fa con l’accusa di sostenere i terroristi del Pkk, Demirtas oltre a essere un parlamentare è un avvocato specializzato in diritti umani.
GRAZIE al suo carisma e alla proposta inclusiva delle minoranze religiose e di genere ha ottenuto nelle due prece- denti elezioni anche il voto di molti giovani turchi cittadini laici e di sinistra, ma è impossibile che arrivi al ballottaggio. Qualche chance in più di competere con Ince per andare al ballottaggio contro Erdogan dovrebbe averla Meral Aksener. L’ex ministro degli Interni, soprannominata Lady di Ferro, ha fondato il Partito buono (Iyi) dopo aver rotto con Edrogan sull’appoggio dei Lupi grigi.
I tre avversari di Erdogan promettono un ritorno alla piena democrazia e auspicano la ripresa dei negoziati per l’adesione all’Unione europea.