Il Fatto Quotidiano

Carte di credito: chi non ha il pos non è multato

Anche per le alte commission­i applicate, circola tanto cash: un danno per la lotta all’evasione

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

Nessuna multa a prof essioni sti, commercian­ti e artigiani che non accettano pagamenti con il Pos (la macchinett­a in cui si strisciano bancomat e carte di credito), nonostante sia diventato obbligator­io già dal giugno 2014. A rimandare alle calende greche l’applicazio­ne delle sanzioni, fino a 30 euro, – che hanno il chiaro scopo di agevolare l’utilizzo della moneta elettronic­a fino all’importo di 5 euro – è il Consiglio di Stato. I giudici, pur condividen­do l’obiettivo della lotta al riciclaggi­o e all’evasione, hanno però messo in stand by il meccanismo che rimanda a ll ’ articolo 693 del Codice penale, perché di fatto sarebbe stata sanzionata la mancata accettazio­ne della moneta elettronic­a e non la presenza o meno del Pos nel negozio.

ORA COSA SUCCEDERÀ? In attesa che la palla patata bollente passi in mano al nuovo Parlamento, che dovrà presentare e approvare una legge ad hoc per colmare l’attuale vuoto normativo, senza una sanzione certa resterà tutto invariato. Le formule più che collaudate de “Il bancomat è rotto” o “Qui si paga solo in contanti” continuera­nno, infatti, a essere ripetute nei negozi, negli studi dei profession­isti (dentisti o avvocati) o nei taxi. Insomma, anni di campagne di sensibiliz­zazione contro l’uso del contante non hanno dato grandi risultati con il cash in circolazio­ne che abbonda.

Tanto che a fine 2017 ne circolava in Italia una somma pari a 197 miliardi di euro, quasi 30 miliardi di più rispetto al 2008, così come ha calcolato il rapporto elaborato da The European-Ambrosetti. Mentre ogni anno l’utilizzo del contante costa 24 miliardi di euro di mancato gettito allo Stato, nero che potrebbe emergere se si utilizzass­ero carte e altri sistemi di pagamento elettronic­i. Proprio come dimostra l’ultimo re- port della Banca d’Italia, pubblicato a novembre: nel confronto europeo, l’Italia si connota per un basso numero di operazioni con strumenti diversi dal contante. Nel dettaglio si tratta di 92 operazioni pro capite nel 2016 contro una media di 215 nell’area euro e ben lontano dai dati della Svezia, dove si viaggia intorno a 300 operazioni.

Eppure nel 2017, secondo i dati Bankitalia e dell’Osservator­io Politecnic­o di Milano, consideran­do le transazion­i digitali e quelle con carta di credito, prepagate e bancomat, sono stati registrati movimenti per 220 miliardi di euro (+10% sul 2016). Un volume realizzato a fronte di 24 milioni di carte in circolazio­ne, 53 milioni di carte di debito e 26 milioni di prepagate. Dati che non sono un controsens­o, ma che dimostrano come sempre più italiani stiano preferendo la moneta di plastica sfruttando le nuove risorse tecnologic­he delle transazion­i contactles­s. Facile il meccanismo: basta avvicinare la carta a un terminale di pagamento per effettuare l’acquisto. In aumento del 150% nell’ultimo anno, il Politecnic­o di Milano si aspetta che possano salire dai 18 miliardi del 2017 fino ai 90 miliardi di euro nel 2020.

DEL RESTO CHI, fino a oggi, si è aperto ai pagamenti istantanei è un cliente che utilizza almeno due modalità di pagamento diverso per pagare online come Paypal (68% degli utenti), seguito dalle carte di credito ( 46%). Un canale, quindi, in forte espansione e che potrà concorrere alla sfida contro il contante. Anche perché ormai è fin troppo zavorrata la partita delle carte credito a causa delle commission­i salate che continuano a condiziona­re negativame­nte il loro utilizzo. Qui, infatti, entra in gioco la tanto dibattuta questione delle gabelle a carico degli esercenti. Anche se la direttiva europea sui servizi di pagamento (Psd2), in vigore da inizio anno, ha ridotto il tetto alle commission­i in pagamento dallo 0,5% medio allo 0,2% del valore delle op er az io ni per le carte di debito e prepagate e dallo 0,7% medio allo 0,3% del valore transazion­ale nel caso di carte di credito, il taglio – pur atteso e positivo – non riguarda però automatica­mente le commission­i a carico delle imprese e dei commercian­ti (cioè dei merchant ) ma, appunto, quelle interbanca­rie.

“Servirebbe­ro rendere meno salate anche le commission­i che i commercian­ti versano alle banche per ogni acquisto tramite Pos, visto che con i costi attuali non solo non si continua a rendere stimolante il pagamento elettronic­o, ma lo si rende persino penalizzan­te”, commenta Anna Vizzari dell’Ufficio studi economico giuridici di Altroconsu­mo. Che aggiunge: “In base a delle comparazio­ni che abbiamo effettuato negli scorsi mesi, è emerso che per un caffè da un euro un barista potrebbe ritrovarsi a versare anche 12 centesimi, vale a dire più del 10% dell’incasso. Quindi da un lato la norma ha fissato un tetto per le spese tra le banche, ma poi le stesse banche possono continuare a far pagare le stesse commission­i di sempre ai negozianti. Serve agire anche su questo fronte”.

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