Carte di credito: chi non ha il pos non è multato
Anche per le alte commissioni applicate, circola tanto cash: un danno per la lotta all’evasione
Nessuna multa a prof essioni sti, commercianti e artigiani che non accettano pagamenti con il Pos (la macchinetta in cui si strisciano bancomat e carte di credito), nonostante sia diventato obbligatorio già dal giugno 2014. A rimandare alle calende greche l’applicazione delle sanzioni, fino a 30 euro, – che hanno il chiaro scopo di agevolare l’utilizzo della moneta elettronica fino all’importo di 5 euro – è il Consiglio di Stato. I giudici, pur condividendo l’obiettivo della lotta al riciclaggio e all’evasione, hanno però messo in stand by il meccanismo che rimanda a ll ’ articolo 693 del Codice penale, perché di fatto sarebbe stata sanzionata la mancata accettazione della moneta elettronica e non la presenza o meno del Pos nel negozio.
ORA COSA SUCCEDERÀ? In attesa che la palla patata bollente passi in mano al nuovo Parlamento, che dovrà presentare e approvare una legge ad hoc per colmare l’attuale vuoto normativo, senza una sanzione certa resterà tutto invariato. Le formule più che collaudate de “Il bancomat è rotto” o “Qui si paga solo in contanti” continueranno, infatti, a essere ripetute nei negozi, negli studi dei professionisti (dentisti o avvocati) o nei taxi. Insomma, anni di campagne di sensibilizzazione contro l’uso del contante non hanno dato grandi risultati con il cash in circolazione che abbonda.
Tanto che a fine 2017 ne circolava in Italia una somma pari a 197 miliardi di euro, quasi 30 miliardi di più rispetto al 2008, così come ha calcolato il rapporto elaborato da The European-Ambrosetti. Mentre ogni anno l’utilizzo del contante costa 24 miliardi di euro di mancato gettito allo Stato, nero che potrebbe emergere se si utilizzassero carte e altri sistemi di pagamento elettronici. Proprio come dimostra l’ultimo re- port della Banca d’Italia, pubblicato a novembre: nel confronto europeo, l’Italia si connota per un basso numero di operazioni con strumenti diversi dal contante. Nel dettaglio si tratta di 92 operazioni pro capite nel 2016 contro una media di 215 nell’area euro e ben lontano dai dati della Svezia, dove si viaggia intorno a 300 operazioni.
Eppure nel 2017, secondo i dati Bankitalia e dell’Osservatorio Politecnico di Milano, considerando le transazioni digitali e quelle con carta di credito, prepagate e bancomat, sono stati registrati movimenti per 220 miliardi di euro (+10% sul 2016). Un volume realizzato a fronte di 24 milioni di carte in circolazione, 53 milioni di carte di debito e 26 milioni di prepagate. Dati che non sono un controsenso, ma che dimostrano come sempre più italiani stiano preferendo la moneta di plastica sfruttando le nuove risorse tecnologiche delle transazioni contactless. Facile il meccanismo: basta avvicinare la carta a un terminale di pagamento per effettuare l’acquisto. In aumento del 150% nell’ultimo anno, il Politecnico di Milano si aspetta che possano salire dai 18 miliardi del 2017 fino ai 90 miliardi di euro nel 2020.
DEL RESTO CHI, fino a oggi, si è aperto ai pagamenti istantanei è un cliente che utilizza almeno due modalità di pagamento diverso per pagare online come Paypal (68% degli utenti), seguito dalle carte di credito ( 46%). Un canale, quindi, in forte espansione e che potrà concorrere alla sfida contro il contante. Anche perché ormai è fin troppo zavorrata la partita delle carte credito a causa delle commissioni salate che continuano a condizionare negativamente il loro utilizzo. Qui, infatti, entra in gioco la tanto dibattuta questione delle gabelle a carico degli esercenti. Anche se la direttiva europea sui servizi di pagamento (Psd2), in vigore da inizio anno, ha ridotto il tetto alle commissioni in pagamento dallo 0,5% medio allo 0,2% del valore delle op er az io ni per le carte di debito e prepagate e dallo 0,7% medio allo 0,3% del valore transazionale nel caso di carte di credito, il taglio – pur atteso e positivo – non riguarda però automaticamente le commissioni a carico delle imprese e dei commercianti (cioè dei merchant ) ma, appunto, quelle interbancarie.
“Servirebbero rendere meno salate anche le commissioni che i commercianti versano alle banche per ogni acquisto tramite Pos, visto che con i costi attuali non solo non si continua a rendere stimolante il pagamento elettronico, ma lo si rende persino penalizzante”, commenta Anna Vizzari dell’Ufficio studi economico giuridici di Altroconsumo. Che aggiunge: “In base a delle comparazioni che abbiamo effettuato negli scorsi mesi, è emerso che per un caffè da un euro un barista potrebbe ritrovarsi a versare anche 12 centesimi, vale a dire più del 10% dell’incasso. Quindi da un lato la norma ha fissato un tetto per le spese tra le banche, ma poi le stesse banche possono continuare a far pagare le stesse commissioni di sempre ai negozianti. Serve agire anche su questo fronte”.
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