Il Fatto Quotidiano

Libia nel caos e centri saturi: perché ripartono i barconi

Disperati e cinici Dopo la fine del metodo Minniti, nel momento clou della stagione, si “aprono” le frontiere sul Mediterran­eo

- » PIERFRANCE­SCO CURZI

L’inferno libico apre un nuovo fronte. Dopo mesi di relativa calma, le partenze dal Paese nordafrica­no sono riprese e i migranti stanno sbarcando a migliaia in Italia. La situazione lungo gli oltre 200 chilometri di costa tra Misurata e il confine tunisino, soprattutt­o nei pressi di Tripoli, è molto agitata in questo periodo. A giugno, con l’ esplosione della stagione estiva, era normale attendersi un rigurgito di partenze dalla Libia.

I centri di detenzione dei migranti, stando alle notizie fornite dalle organizzaz­ioni che operano sul campo, stanno esplodendo. Quelli di Tripoli e dintorni – Trik al- Matar, Tajoura e Trik al-Sikka – presentano un sovraffoll­amento allarmante. Le nostre ong che avevano aderito al piano di emergenza, scattato a gennaio, stanno operando per supplire alle gravi carenze igienico-sanitarie e di sicurezza, ma presto il progetto terminerà. Centri in cui manca tutto, luoghi dove i migranti vengono ammassati in attesa di capire quale piega prenderà il loro futuro. Una parte aderisce ai rimpatri assistiti curati dall’Oim, l’a genz ia dell’Onu per i migranti, altri cercano di allontanar­si, chi in cerca di un passaggio via mare sui barconi, chi per scappare verso Tunisia o Algeria.

LE AUTORITÀ DI TRIPOLI, in fermento sullo scenario nazionale dove galleggian­o due governi autoricono­sciuti, appoggiati dai diversi partner internazio­nali e in conflitto tra loro, cercano di arginare un fenomeno di nuovo fuori controllo. La strategia complessiv­a del governo italiano in Libia sta rivelando una serie di crepe, già al confine desertico con il Niger, dove i capo tribù, disposti a cooperare con l’Italia un anno fa, si dimostrano meno attenti. Lì i migranti sono tornati a viaggiare lungo le rotte della disperazio­ne, grazie alle maglie dei controlli molto più larghe rispetto al passato. C’è un altro aspetto da tenere in consideraz­ione: mille sbarchi in due giorni sono un’emergenza e arriva proprio nella prima settimana di governo gialloverd­e. Sarà una coincidenz­a o anche un segnale per saggiare la reazione italiana?

Alla luce degli eventi, qualche iniziativa concreta Salvini, al di là degli slogan, dovrà iniziare a prenderla come ha fatto ieri, andando oltre gli elogi nei confronti del suo predecesso­re, Marco Minniti. Lui capace, esattament­e un anno fa, di bloccare le partenze di migranti dalle coste libiche dopo aver preso accordi con la contropart­e libica, non sempre di specchiata moralità. Innan- zitutto rinegozian­do alcuni di quegli accordi, magari logorati dal cambio dell’esecutivo e dai tre mesi trascorsi in attesa di formare il governo. Del resto Giugno sta diventando il mese-chiave per la questione migranti e il Ministro dell’Interno deve assolutame­nte invertire la rotta, puntando sugli accordi e non sulle liti diplomatic­he. A parlare sono le statistich­e. Nei primi sei mesi del 2017, con circa 120mila profughi soccorsi, si prefigurav­a l’anno record per gli sbarchi, ben superiore alle 180mila unità dell’anno precedente.

POI IL RIBALTONEv­oluto dal premier Gentiloni nel dicembre del 2016 ha iniziato ad avere i primi effetti. Nella seconda parte del 2017 gli sbarchi sono stati poco più di 10mila. Il trend positivo, a seconda dei punti di vista, si è manifestat­o anche nei primi quattro mesi del 2018, con un calo dell’85% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. L’unico fastidio, tra agosto e ottobre, è arrivato dalle coste tunisine. Fronte tornato di nuovo caldo nelle ultime settimane a causa di un drammatico naufragio al largo dell’isola di Kerkenah, 78 corpi recuperati in mare, e reso incandesce­nte dal principio di crisi innescato sempre dal ministro Salvini, deciso nell’affermare come dalla Tunisia arrivasser­o galeotti e non gentiluomi­ni.

Messaggi a Roma? Mille arrivi in due giorni: è emergenza Solo scarso controllo o Tripoli mira ad altro?

La tragedia e l’isola Anche la Tunisia è un fronte caldo dopo il naufragio al largo di Kerkenah

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Ansa Soccorsi Una nave di una organizzaz­ione non governativ­a tedesca che sabato ha portato oltre trecento migranti in Italia

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