No, è tutta l’Italia. E la lotta alla mafia è solo slogan urlati
Caro Coen, se c’è un’onda nera a rischiare non è solo Milano, ma l’Italia intera. Non vedo il fascismo alle porte, ma qualcosa che gli somiglia molto sì. Vedo l’odio irrazionale che diventa politica di governo. Vedo parole violentate per anni (politicamente corretto, buonista, radical chic, invasione, paura, insicurezza), diventate patrimonio del lessico di governo. Le parole non valgono mezzo cent. Un fratello ucciso dalla mafia, che ti è spirato tra le braccia, viene derubricato a “congiunto”. Come nel più polveroso ufficio anagrafe. Eppure dietro quella morte c’è una parte importante e tragica della storia d’Italia. Ma tant’è, la lotta alla mafia è solo slogan urlati, ormai. Vedo un Matteo Salvini che ha già trasformato il Viminale in una sua personalissima macchina di propaganda. Farà lo sceriffo, il cacciatore di neri, il buttafuori. Avrà bisogno che le tv, telegiornali e talk, ogni sera trasmettano le immagini delle sue imprese.
UNO SFRATTO DI QUA, un respingimento di là, l’inaugurazione di nuovi centri di detenzione per gli immigrati. E slogan, parole, l’occhio fisso nella telecamera a trasmettere insicurezza. E gli altri? Non dico solo la politica, il Pd che sta all’opposizione. Parlo degli intellettuali, scrittori, analisti, poeti, saggisti, registi, attori, musicisti… chi ce la racconta l’Italia che non ci sta? Chi si mette di traverso, chi usa parole altre? Caro Coen, vedo molta rassegnazione in giro, ma anche tanto opportunismo. Una cattedra, una consulenza in un ministero, uno strapuntino in una trasmissione televisiva, mettono tutti d’accordo. Poi si vedrà. E la sinistra? Non c’è. È sconfitta, impaurita, divisa, senza pensieri nuovi. Muta. Del Pd non vale la pena parlare. Le stesse facce in giro di gente abituata a frequentare ministeri e consigli d’amministrazione, commissioni parlamentari e compiacenti studi tv. L’opposizione non è mestiere loro. La traversata nel deserto sarà lunga e dolorosa.