I venditori di Porta Portese
“Ogni mattina per guadagnarmi il pane, vado al mercato dove si vendono bugie. E, pieno di speranza, mi faccio largo tra i venditori”. La frase di Brecht mi risuona mentre cammino per Porta Portese con mia madre. La domenica mattina per lei è un appuntamento irrinunciabile, da sempre, da quando la conosco. Sono stordita dalle voci dei venditori: “Non ve lo do a 30, non ve lo do a 20, ve lo do a 10, ma che dico, mi voglio rovinare ve lo do a 5! Tre pezzi al prezzo di uno, ci metto anche la moca caffettiera. Mi voglio rovinare!”. Vedo Silvan che contratta un tamburo nepalese. “No, troppo caro”. “Allora le aggiungo un paio di maracas sór Silvan, fanno colore”.“Grazie mille, Sim Sala Bim”. Mentre osservo il venditore che urla mi chiedo, perché questo signore annuncia pubblicamente con una certa soddisfazione che si vuole rovinare? A me sembra che si sia già rovinato nella vita, visto che è qui dall’alba a vendere padelle. Alla rovina non c’è limite, come il vizio del gioco, se ti prende la smania autodistruttiva non ti ferma nessuno. Tu sei cosciente che ti stai rovinando, ma hai una voce dentro di te che ti ordina di andare avanti fino al baratro finale. Allora mi avvicino timidamente al banco: “Scusi signore, visto che lei ci tiene tanto a rovinarsi, a me servirebbero, tre pentole, una padella e 7 piatti. A quanto me li darebbe?”. “Non glieli do a 30, non glieli do a 20, ma a 10 è tutta roba sua! Incarto? Mi voglio rovinare”. “Ho capito signore, ma visto che lei si vuole rovinare, perché non me li regala? Dà via la sua merce gratis e se ne torna a casa senza soldi, bello contento e rovinato”.“Eh, già. E allora io come mangio signorì ? Ora però mi scusi, c’ho gente, devo lavorare. Non ve lo do a 30, non ve lo do a 20. Anzi, ho cambiato idea, ve lo do a 30! Io c’ho famiglia, non mi posso mica rovinare”.