Il Fatto Quotidiano

PER L’AFRICA NERA IL GUAIO SIAMO NOI

- » MASSIMO FINI

Sulla questione della nave Aquarius Salvini ha ragione nella sostanza, ma un grave torto nella forma e crediamo non innocente. Ha ragione perché è un messaggio forte alla Ue perché vengano finalmente sancite e imposte, con leggi europee, le quote di migranti di cui ogni Paese del Vecchio continente deve farsi carico. Ha torto nella forma perché non si può all’improvviso fermare una nave con più di 600 migranti il cui recupero era stato coordinato dal centro di Roma, come ha obiettato il governo maltese per giustifica­re il diniego dell’approdo nei suoi porti.

LO STESSO RISULTATO si sarebbe potuto ottenere mandando una nota preventiva a Bruxelles più o meno di questo tenore: d’ora in poi non accogliere­mo più le navi o i barconi dei migranti finché l’Unione europea non avrà stabilito, con una legge valida per tutti i Paesi della stessa unione, un’equa ripartizio­ne.

In questo modo chiunque avesse voluto approdare con un carico di migranti in un porto italiano sarebbe stato avvertito che non era cosa. Poiché, come diceva quello, “a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca quasi sempre” Salvini ha giocato cinicament­e, per motivi propagandi­stici, sulla pelle di questi disperati. Bastava, ripeto, invertire i tempi: prima l’avvertimen­to alla Ue e poi la chiusura delle frontiere.

Detto questo due osservazio­ni. Una di portata interna, l’altra più generale e drammatica.

1) I sindaci dem di Palermo e Messina, per fare le “anime belle”, si sono dichiarati disponibil­i ad accogliere l’Aquarius. Non sta né in cielo né in terra che dei sindaci possano andar contro una decisione del ministro degli Interni, cioè dello Stato italiano di cui fan parte.

2) Purtroppo, se alziamo un po’lo sguardo, la questione delle migrazioni verso l’Europa in particolar­e l’Italia sembra irrisolvib­ile. L’80 per cento di questi migranti non arriva da guerre, che prima o poi finiranno, ma dall’Africa subsaharia­na, cioè da quella che un tempo chiamavamo Africa Nera. Non cercano approdo in Europa perché attratti dalle bellurie del modello occidental­e, come fu per la prima migrazione albanese (gli albanesi vedevano la Tv italiana e immaginava­no il nostro come il paese di Bengodi). Vengono per fame. Perché la loro economia, autoproduz­ione e autoconsum­o, oltre che la loro socialità, è stata distrutta dall’introduzio­ne in quelle terre del nostro modello di sviluppo. In genere si crede nell’ignoranza generale che l’Africa Nera sia sempre stata alla fame. Non è così. Agli inizi del Novecento, l’Africa Nera era totalmente autosuffic­iente dal punto di vista alimentare. Lo era ancora, sostanzial­mente (al 98 per cento) nel 1961. Ma da quando ha cominciato a essere aggredita dall’integrazio­ne economica occidental­e – prima era considerat­a un mercato del tutto marginale e poco interessan­te – le cose sono precipitat­e. L’au tosufficie­nza alimentare è scesa all’89 per cento nel 1971, al 78 nel 1978 ( P. N. Bradley, Produzione e distribuzi­one degli alimenti: la fame nel mondo in Geografia di un mondo in crisi, Franco Angeli, 1992). Per sapere come stanno le cose oggi, anno 2018, basta os- servare, appunto, la fiumana di emigranti che tanto ci preoccupa. Ma quello che vediamo oggi non è che un pallido fantasma di ciò che vedremo domani. L’integrazio­ne globale in Africa non fa che aumentare (adesso ci si sono messi anche i cinesi) e quindi non può che aumentare anche la fame. Per questo la posizione dell’“aiutiamoli a casa loro” è ipocrita e priva di senso. Perché più li “aiutiamo”, più li vincoliamo al nostro modello e li strangolia­mo, riducendol­i da poveri a miserabili. Ora, gli abitanti dell’Africa subsaharia­na sono 720 milioni (lasciando da parte il Sudafrica che fa caso a sé). Basta che una quota rilevante di questa gente, spinta dalla fame, cerchi la salvezza presso noi europei e non ci sarà chiusura delle frontiere che tenga. Non basteranno a far guardia le navi da guerra, i cannoni o qualsiasi altra misura. Saremo sommersi.

CHI DICE, fra la gente comune e anche fra i politici (per esempio Giorgia Meloni) “via gli africani dall’Europa, ognuno deve restare a casa propria” avrebbe ragione se aggiungess­e che anche noi avremmo dovuto restare a casa nostra e non invadere l’Africa Nera e i Paesi che con ipocrisia e drammatica ironia chiamiamo “in via di sviluppo”, con le nostre industrie, con le nostre aziende, con i nostri “aiuti” pelosi e anche non pelosi, insomma col nostro modello di vita.

Chi è causa del suo mal, oltre che di quello altrui, pianga se stesso.

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