Acqua pubblica, ora il M5S dia seguito al referendum
Era il 2011 I cittadini si pronunciarono per il ritorno al pubblico Da allora governi e comuni hanno fatto muro. Ma una speranza c’è
Questa mattina, con i saluti di apertura del presidente della Camera Roberto Fico, uno dei protagonisti della stagione dei beni comuni, ben prima della nascita del M5S, il Dipartimento di Giurisprudenza della Federico II ricorderà i referendum del 2011 che abrogarono il processo di privatizzazione dei servizi pubblici locali.
QUEL GIORNO rappresentò il culmine di un processo di conflitti e mobilitazioni, iniziato dopo Genova nel 2001, che aveva segnato, in variegate forme, la forza ed il desiderio, da parte delle comunità locali, dei movimenti, delle associazioni di organizzarsi e reagire a un modello neo liberista cinico e soprattutto teso, per interessi economici, allo sfruttamento del lavoro e al saccheggio selvaggio dell’ambiente.
È proprio in quegli anni che nasce, o meglio si recupera, una categoria classica quella dei beni comuni, con la progressiva consapevolezza che la proprietà pubblica aveva svenduto la propria anima non impedendo, e a volte agevolando, la privatizzazione dei beni pubblici.
Quel movimento, che si diffondeva a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale, si contrapponeva alle scorribande delle multinazionali che entravano nel nostro territorio utilizzando, tipo basisti, amministratori locali lusingati da queste relazioni pericolose che facilitavano i processi di privatizzazione. Insomma le comunità locali sono i veri protagonisti di un processo di formazione del diritto dal basso, di resistenza, di antagonismo ma anche di proposta. Ed è così che si arriva alla proposta popolare di legge per l’acqua pubblica nel 2006 firmata da oltre mezzo milioni di cittadini e finita nelle mani di parlamentari insipienti e inconsapevoli tipo Scilipoti.
Con grande frustrazione questo processo si arresta, ma la battaglia per l’acqua bene comune continua con:
1. L’istituzione della Commissione Rodotà (2007), istituita per la riforma del codice civile dal governo Prodi, che introduceva accanto ai beni privati e ai beni pubblici i beni comuni, proprio per uscire dalla logica proprietaria;
2. Con la proposta referendaria per l’abrogazione del decreto Ronchi ( Governo Berlusconi 2008) che imponeva le privatizzazioni dei servizi pubblici locali, a partire proprio dall’acqua, dal grande business dell’oro blu.
Ancora una volta, una grande mobilitazione popolare è il motore di questo processo di democrazia diretta e partecipativa, che si svolge al di fuori dei partiti, e la Corte costituzionale, con una sentenza coraggiosa nel gennaio del 2011, dichiara l’ammissibilità del referendum, affermando che il diritto europeo non impone assolutamente le privatizzazioni.
LA VITTORIA straordinaria del giugno del 2011 vede 27 milioni di cittadini votare per l’abrogazione delle privatizzazioni dei beni comuni. A quel punto, a parte la Città di Napoli, che ripubblicizza nell’arco di pochi mesi il servizio idrico, comincia una reazione politica, economica, delle lobby contro l’esito referendario. Si susseguono interventi legislativi da parte dei governi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi che non soltanto ignorano l’esito e la volontà di 27 milioni di cittadini, anche in contrasto con la giurisprudenza della Corte costituzionale, ma che addirittura vanno in senso opposto. Ancora una volta le reazioni e le proposte vengono dal basso, dalle comunità, cercando di utilizzare tutti i mezzi a loro disposizione, anche i referendum locali .
Alcuni Comuni, penso a Latina, bloccano cessioni privatistiche di Veolia ad Acea, altri iniziano molto lentamente lo studio per la ripubblicizzazione.
Tutto è difficile e dipende dall’assenza, dopo sette anni, di una legge nazionale che rispetti la volontà referendaria del 2011, dallo strapotere delle multinazionali, dallo strangolamento economico dei comuni, dalla scomparsa nel nostro Paese della finanza pubblica a sostegno degli investimenti.
LO SCENARIO politico è cambiato! Il M5S ha nel suo Dna le battaglie per i beni comuni e per l’acqua pubblica.
Chiederò dunque ufficialmente martedì al presidente Fico, anche perché l’acqua pubblica costituisce uno dei punti fondamentali del contratto di governo M5S-Lega, di:
1. Rilanciare la Commissione Rodotà per introdurre nell’ordinamento giuridico la categoria dei beni comuni;
2. Sollecitare, attraverso le commissione parlamentari competenti, con metodo partecipato e inclusivo, una proposta legislativa che, nell’arco di tre mesi, dia attuazione al referendum del 2011; 3. Sollecitare in tempi rapidi un testo di attuazione della direttiva Bolkestein a difesa delle coste e delle spiagge, evitando che per i prossimi trent’anni il nostro litorale sia sostanzialmente privatizzato e sottratto al godimento dei cittadini.
Di tutto ciò ne discuteremo oggi nell’aula De Sanctis del dipartimento di Giurisprudenza con i movimenti, i giuristi, le istituzioni.