Il Fatto Quotidiano

Ora siate seri

- » MARCO TRAVAGLIO

Invidiamo sinceramen­te quelli che, sull’immigrazio­ne, hanno la soluzione in tasca, nell’un senso e nell’altro: accogliere tutti, respingere tutti. Anche noi pensavamo di averla, fino a un anno fa, quando vedemmo – grazie alle inchieste delle Procure di Catania e di Trapani – le immagini di alcune Ong (non tutte) che fungevano da nastro trasportat­ore di migranti nel Mediterran­eo dalla Libia all’Italia, riducendo i rischi d’impresa e aumentando i profitti degli scafisti, con cui coordinava­no via telefono le consegne e a cui restituiva­no financo i barconi. Da allora pensiamo che solo un approccio laico, pragmatico, non ideologico nè emotivo (per quanto possibile, trattandos­i sempre di esseri umani in pericolo) può aiutare, se non a risolvere, almeno a gestire il problema. Invece chi ha la soluzione in tasca non rischia mai nulla, anzi ci guadagna sempre, impegnato com’è, dalla sua trincea di bambagia buonista o cattivista, a farsi propaganda sulla pelle dei migranti. Il primo ovviamente è Salvini, ma non c’è solo lui: i berlusconi­ani e i maroniani che firmarono senza leggerli gli accordi di Dublino; i sindaci che offrono i loro porti come se potessero disporne a piacimento; e le finte anime belle del Pd sono passate in pochi mesi dal renziano “aiutiamoli a casa loro” al mercantegg­iamento di Renzi in Europa tra flessibili­tà sul deficit e monopolio dell’accoglienz­a (come continua a raccontare, mai smentita, Emma Bonino), dalla linea dura di Minniti alle barricate della nuova Resistenza contro i barbari fasciorazz­isti. Per non parlare del governo spagnolo, di quello francese e degli euroburocr­ati, che fanno i Salvini a casa propria e i samaritani a casa nostra: prima o poi il Cazzaro Verde invierà ai Sánchez, Macron e Juncker una bella tessera della Lega, ad honorem.

Anche stavolta, come sempre, il caso internazio­nale della nave Aquarius è diventato un derby ideologico fra lanciatori di slogan a buon mercato: “Per i migranti è finita la pacchia” contro “governo razzista che fa affogare le donne incinte e i bambini”. Ciascuno sventola un bel mazzetto di leggi, codici e regole nazionali e internazio­nali, profittand­o del fatto che il diritto in materia è ormai un supermarke­t dove ciascuno può trovare tutto e il contrario di tutto. I fatti però dicono che finora tutto il peso della pressione migratoria si è scaricato sull’Italia e sulla Grecia. Malta è piccola (fuorché per i soldi sporchi, i documenti falsi e i delitti politici) e non può. La Spagna progressis­ta spara a Ceuta e Melilla, però adesso forse ospita 500 migranti e quindi è diventata buona e dà lezioni financo penali all’Italia che ne accoglie centinaia di migliaia.

La Francia fa carne di porco di persone e diritti a Ventimigli­a e Bardonecch­ia, però vuoi mettere quel gran fico di Macron. A questa guerra tra furbastri si erano già ribellati Gentiloni e Minniti, col sostegno di Mattarella e persino del Vaticano: avrebbero chiuso i porti un anno fa, se le solite divisioni nel Pd non li avessero bloccati. Ora il governo Conte fa una mossa politica, che non è la chiusura dei porti (di migranti ne stanno arrivando un migliaio, su una nave della Marina militare, e verranno come sempre accolti), ma una provocazio­ne studiata a tavolino dopo aver verificato la solidità della nave Aquarius e le condizioni dei passeggeri. Per mettere la cosiddetta Europa dinanzi al fatto compiuto: se vale la regola del “porto più sicuro e vicino”, perché dev’es sere sempre e soltanto un porto italiano, e non anche maltese, spagnolo, francese? E perché, se le benemerite Ong battono bandiera dei più vari Stati, attraccano sempre e soltanto in Italia? È un azzardo drammatico e gravido di rischi (le condizioni del mare, le donne incinte, i bambini) per forzare la mano ai menefreghi­sti di Bruxelles in vista del Consiglio europeo di fine mese, che proprio di questo dovrebbe occuparsi dopo il naufragio della riforma Dublino IV. Una mossa di guerra che prende atto del nuovo ricatto tentato contro il nuovo governo italiano da quella che chiamiamo Libia, un coacervo di tribù e milizie tenute insieme con la corruzione da un regime fantoccio. Una mossa che andava provata già un anno fa e che al momento non sappiamo se porterà risultati in Europa oppure no, a parte quello – comunque rimarchevo­le, e ne va dato atto a Salvini – di smuovere dall’indifferen­za un altro Stato europeo.

Ma c’è modo e modo di gestire una decisione così forte. È qui che casca Salvini. E anche Conte. Un governo che sceglie quella strada deve presentars­i in tv con il volto del suo premier e spiegare il perché e il percome con i giusti toni, espression­i e argomenti. Non affidarsi ai tweet ghignanti e oltraggios­i di Salvini, indegni di un ministro dell’Interno, sulla “pacchia” di chi fa una vita d’inferno. O sulla guerra alla Tunisia, uno dei pochissimi Paesi africani che accetta i rimpatri. O sull’alleanza col nazionalis­ta ungherese Orbán, l’ultimo a poterci dare una mano, anzi il primo dei nostri nemici, visto che i migranti vuole lasciarli tutti a noi per non ritrovarse­li in casa. È questo che è mancato finora: un discorso serio, da giurista, del premier Conte che illustri con aria grave, senza slogan demagogici il senso e il perimetro normativo del No italiano, e la strategia per il futuro. E renda pubblico ciò che per ora non è affatto chiaro: e cioè se questo è il frutto del lavoro collegiale dei ministri interessat­i nel quadro di un’azione diplomatic­a con Ue e Nato, o l’ennesima cowboyata elettorale del Cazzaro. Ieri, mentre altri esaltavano “la lezione spagnola” e dicevano “grazie al socialista” Sánchez che si lava la coscienza una tantum, il Fatto titol ava: “Nave in Spagna: e la prossima?”. È una domanda che Salvini, prigionier­o dell’e ter no presente dei social, non può evadere. Spetta al premier battere un colpo, se c’è.

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