Kim&Donald Il piccoletto e l’omone, guai a fidarsi delle somiglianze
Gentile Direttore, sulla riforma de ll’ordinamento penitenziario sono del tutto legittime critiche mosse da diverse sensibilità. La materia, per la natura tecnica, tende però a essere fraintesa: alcune precisazioni, compatibili con le esigenze editoriali, sono opportune.
La sospensione dell’ordine di esecuzione non mina alla radice la certezza della pena.
È un meccanismo che, di regola, consente al condannato (se non già detenuto) di attendere in libertà la decisione della magistratura sull’eventuale applicazione di misure alternative, i cui presupposti sono vagliati caso per caso, senza automatismi di favore. La pena non verrà poi evitata, ma scontata in carcere o con diverse modalità sanzionatorie.
Dal dicembre 2013 l’affidamento in prova può essere concesso ai condannati fino a quattro anni, previa valutazione del comportamento tenuto anche in libertà. La Corte costituzionale, di recente, ha allineato a tale soglia la norma sulla sospensione dell’ordine di esecuzione.
La detenzione, subito seguita da un provvedimento che stabilisse forme diverse di espiazione, comporterebbe restrizioni inutili, un ingiustificato aggravio del circuito penitenziario e costi evitabili. La riforma, più che sui destinatari, inciderebbe sul ventaglio delle misure applicabili, ampliando la fruibilità di quella più restrittiva ( la detenzione domiciliare) nell’intento di offrire alla magistratura un’opzione in più. Il decreto legislativo interverrebbe, come mai si era fatto dal 1975, per rendere più pregnanti le alternative al carcere: incrementando la base della decisione ( grazie all’osservazione della personalità anche in ambiente esterno); arricchendo gli obblighi e i divieti in cui le misure si concretano (con accento sulle pratiche riparatorie e sullo svolgimento di attività a beneficio della collettività); poten- DOPO TUTTE LE MINACCE e tutti gli insulti che si sono rivolti “la strana coppia” Donald-Kim, fa un po’ effetto vederli ridere e scherzare neanche fossero Gianni e Pinotto (anche se, dal fisico, sembrano più Pinotto e Pinotto). Meno male! Viene da pensare, un conflitto nucleare non è bello neanche vederlo al cinema, figuriamoci dal vero.
Però personalmente mi aspettavo qualcosa del genere anche nei giorni più bui, non sono un “paragnosta”, ma conosco i vecchi detti generati dalla saggezza popolare che raramente sbagliano: “Chi si somiglia, si piglia!”. HA PROPRIO RAGIONE, signor Chiostri: “Chi si somiglia si piglia”; e quei due si somigliano un sacco, differenze d’età – Donald ha più del doppio degli anni di Kim, 70 contro 34 – e di taglio e colore dei capelli a parte. Sono entrambi egocentrici, collerici, impulsivi, imprevedibili.
Certo, ci sono, o sarebbero, anche differenze: uno è, o dovrebbe essere, il leader del Mondo Libero, presidente della più antica e più potente democrazia moderna: l’altro è uno spietato dittatore, rampollo di terza generazione della prima e finora unica dinastia comunista. Ma la distanza non è così abissale come dovrebbe essere, se una anchorwoman della Fox – la Fox, non la ‘liberal’ Cnn –, figlia dell’ambasciatore di Trump a Mosca, Abby Huntsman, si lascia sfuggire un lapsus rivelatore (“il Vertice dei due dittatori”) e il suo ospite, l’ex capo della comunicazione alla Casa Bianca, Anthony Scaramucci, manco sobbalza.
Trump e Kim erano simili quando facevano al gatto e al topo, scambiandosi per un anno intero minacce e nomignoli; e sono simili adesso che fanno gli amiconi, ziando i controlli sul loro rispetto. Si tratta di un’ottica antitetica a quella del paventato svuota-carceri. Cari amici, se volete il mio parere, io trovo assurdo che i condannati a pene fino a quattro anni (oltre il 90% dei non avendo granché da dirsi, perché, a parte il carattere, non si conoscono loro interessi comuni – neppure la pallacanestro, che manda in visibilio Kim, mentre dà i bruciori di stomaco a Trump perché i campioni della Nba non lo vanno mai a trovare alla Casa Bianca.
Attenti però, a non fidarsi troppo del ‘chi si somiglia si piglia’: il piccoletto e l’omone, entrambi taglie forti, hanno solo messo le premesse per un accordo, il cui percorso di attuazione e di verifica – e i cui dettagli, ricorda il perfido Putin – devono essere ancora definiti. Spesso in passato le vie delle guerre sono state lastricate di buoni propositi non attuati. condannati dai tribunali italiani) non finiscano in carcere neppure per un giorno, salvo rarissime eccezioni.
Per me, la certezza della pena si ha soltanto se la condanna a X anni di “reclusione” comporta davvero X anni di “reclusione”. In carcere, non a casa o ai servizi sociali.
Altrimenti il sistema diventa criminogeno ed è quello che purtroppo accade da decenni in Italia, dove le regole penali sono un incentivo a delinquere. A fare politica sulla pelle dei poveri cristi non sono i primi e non saranno gli ultimi.
Salvini e Di Maio, Lega e M5S, hanno promesso in campagna elettorale di fermare l’immigrazione, i taxi del mare, per dirla alla Di Maio, e ora appena insediati sono messi alla prova, e fanno, per non smentirsi, il muso duro con Malta e l’Europa.
Peccato che a soffrirne sono, ap- Sul Fatto di ieri, 12 giugno, ho letto con grande emozione l’art icolo scritto da Mimmo Calopresti: “Don Roberto, prete tra gli schiavi niri”.
Da calabrese conosco quei luoghi da più di sessant’anni, e oggi come allora le condizioni, le cose e gli uomini sono rimasti immutati quasi che il tempo non fosse trascorso. “...non riconosco niente della mia infanzia, la mutazione è totale, la modernità ha cancellato la storia...”, dice Calopresti, e solo un vero calabrese (figlio di contadini, per intenderci) può testimoniare che quel lembo di terra è stato, ed è, dimenticato dalle istituzioni e dagli uomini, meno che per un prete di frontiera che lì esercita il suo apostolato da vero cristiano.
Mi chiedo a questo proposito quale cambiamento potranno operare le “nuove” forze politiche che si accingono a governarci. Atteso che, fino a questo momento, le pregresse classi dirigenti (tutte) hanno solo prosperato sulla disperazione di quelle terre di Calabria.