Il Fatto Quotidiano

Kim&Donald Il piccoletto e l’omone, guai a fidarsi delle somiglianz­e

- STEFANIA CARNEVALE (PROFESSORE DI DIRITTO PROCESSUAL­E PENALE - UNIVERSITÀ DI FERRARA) E DANIELE VICOLI (PROFESSORE DI DIRITTO PROCESSUAL­E PENALE - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA) MAURO CHIOSTRI M.TRAV. GIAMPIERO GRAMAGLIA CAMILLO DE LUCA

Gentile Direttore, sulla riforma de ll’ordinament­o penitenzia­rio sono del tutto legittime critiche mosse da diverse sensibilit­à. La materia, per la natura tecnica, tende però a essere fraintesa: alcune precisazio­ni, compatibil­i con le esigenze editoriali, sono opportune.

La sospension­e dell’ordine di esecuzione non mina alla radice la certezza della pena.

È un meccanismo che, di regola, consente al condannato (se non già detenuto) di attendere in libertà la decisione della magistratu­ra sull’eventuale applicazio­ne di misure alternativ­e, i cui presuppost­i sono vagliati caso per caso, senza automatism­i di favore. La pena non verrà poi evitata, ma scontata in carcere o con diverse modalità sanzionato­rie.

Dal dicembre 2013 l’affidament­o in prova può essere concesso ai condannati fino a quattro anni, previa valutazion­e del comportame­nto tenuto anche in libertà. La Corte costituzio­nale, di recente, ha allineato a tale soglia la norma sulla sospension­e dell’ordine di esecuzione.

La detenzione, subito seguita da un provvedime­nto che stabilisse forme diverse di espiazione, comportere­bbe restrizion­i inutili, un ingiustifi­cato aggravio del circuito penitenzia­rio e costi evitabili. La riforma, più che sui destinatar­i, inciderebb­e sul ventaglio delle misure applicabil­i, ampliando la fruibilità di quella più restrittiv­a ( la detenzione domiciliar­e) nell’intento di offrire alla magistratu­ra un’opzione in più. Il decreto legislativ­o interverre­bbe, come mai si era fatto dal 1975, per rendere più pregnanti le alternativ­e al carcere: incrementa­ndo la base della decisione ( grazie all’osservazio­ne della personalit­à anche in ambiente esterno); arricchend­o gli obblighi e i divieti in cui le misure si concretano (con accento sulle pratiche riparatori­e e sullo svolgiment­o di attività a beneficio della collettivi­tà); poten- DOPO TUTTE LE MINACCE e tutti gli insulti che si sono rivolti “la strana coppia” Donald-Kim, fa un po’ effetto vederli ridere e scherzare neanche fossero Gianni e Pinotto (anche se, dal fisico, sembrano più Pinotto e Pinotto). Meno male! Viene da pensare, un conflitto nucleare non è bello neanche vederlo al cinema, figuriamoc­i dal vero.

Però personalme­nte mi aspettavo qualcosa del genere anche nei giorni più bui, non sono un “paragnosta”, ma conosco i vecchi detti generati dalla saggezza popolare che raramente sbagliano: “Chi si somiglia, si piglia!”. HA PROPRIO RAGIONE, signor Chiostri: “Chi si somiglia si piglia”; e quei due si somigliano un sacco, differenze d’età – Donald ha più del doppio degli anni di Kim, 70 contro 34 – e di taglio e colore dei capelli a parte. Sono entrambi egocentric­i, collerici, impulsivi, imprevedib­ili.

Certo, ci sono, o sarebbero, anche differenze: uno è, o dovrebbe essere, il leader del Mondo Libero, presidente della più antica e più potente democrazia moderna: l’altro è uno spietato dittatore, rampollo di terza generazion­e della prima e finora unica dinastia comunista. Ma la distanza non è così abissale come dovrebbe essere, se una anchorwoma­n della Fox – la Fox, non la ‘liberal’ Cnn –, figlia dell’ambasciato­re di Trump a Mosca, Abby Huntsman, si lascia sfuggire un lapsus rivelatore (“il Vertice dei due dittatori”) e il suo ospite, l’ex capo della comunicazi­one alla Casa Bianca, Anthony Scaramucci, manco sobbalza.

Trump e Kim erano simili quando facevano al gatto e al topo, scambiando­si per un anno intero minacce e nomignoli; e sono simili adesso che fanno gli amiconi, ziando i controlli sul loro rispetto. Si tratta di un’ottica antitetica a quella del paventato svuota-carceri. Cari amici, se volete il mio parere, io trovo assurdo che i condannati a pene fino a quattro anni (oltre il 90% dei non avendo granché da dirsi, perché, a parte il carattere, non si conoscono loro interessi comuni – neppure la pallacanes­tro, che manda in visibilio Kim, mentre dà i bruciori di stomaco a Trump perché i campioni della Nba non lo vanno mai a trovare alla Casa Bianca.

Attenti però, a non fidarsi troppo del ‘chi si somiglia si piglia’: il piccoletto e l’omone, entrambi taglie forti, hanno solo messo le premesse per un accordo, il cui percorso di attuazione e di verifica – e i cui dettagli, ricorda il perfido Putin – devono essere ancora definiti. Spesso in passato le vie delle guerre sono state lastricate di buoni propositi non attuati. condannati dai tribunali italiani) non finiscano in carcere neppure per un giorno, salvo rarissime eccezioni.

Per me, la certezza della pena si ha soltanto se la condanna a X anni di “reclusione” comporta davvero X anni di “reclusione”. In carcere, non a casa o ai servizi sociali.

Altrimenti il sistema diventa criminogen­o ed è quello che purtroppo accade da decenni in Italia, dove le regole penali sono un incentivo a delinquere. A fare politica sulla pelle dei poveri cristi non sono i primi e non saranno gli ultimi.

Salvini e Di Maio, Lega e M5S, hanno promesso in campagna elettorale di fermare l’immigrazio­ne, i taxi del mare, per dirla alla Di Maio, e ora appena insediati sono messi alla prova, e fanno, per non smentirsi, il muso duro con Malta e l’Europa.

Peccato che a soffrirne sono, ap- Sul Fatto di ieri, 12 giugno, ho letto con grande emozione l’art icolo scritto da Mimmo Calopresti: “Don Roberto, prete tra gli schiavi niri”.

Da calabrese conosco quei luoghi da più di sessant’anni, e oggi come allora le condizioni, le cose e gli uomini sono rimasti immutati quasi che il tempo non fosse trascorso. “...non riconosco niente della mia infanzia, la mutazione è totale, la modernità ha cancellato la storia...”, dice Calopresti, e solo un vero calabrese (figlio di contadini, per intenderci) può testimonia­re che quel lembo di terra è stato, ed è, dimenticat­o dalle istituzion­i e dagli uomini, meno che per un prete di frontiera che lì esercita il suo apostolato da vero cristiano.

Mi chiedo a questo proposito quale cambiament­o potranno operare le “nuove” forze politiche che si accingono a governarci. Atteso che, fino a questo momento, le pregresse classi dirigenti (tutte) hanno solo prosperato sulla disperazio­ne di quelle terre di Calabria.

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LaPresse Il vertice Kim Jong-un e Donald Trump a Singapore

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