Il Fatto Quotidiano

Il Salvimaio non può viaggiare solo in treno

- » MARCO PONTI * E FRANCESCO RAMELLA *

Il “Contratto per l’Italia” non dedica molto spazio ai trasporti, e le indicazion­i che vi dedica paiono generiche e contraddit­torie, come è tipico di compromess­i tra visioni molto distanti.

I trasporti rendono allo Stato circa 23 miliardi netti all’anno, tutti ascrivibil­i alla pressione fiscale sul settore stradale (+40 miliardi netti). I trasporti collettivi infatti, tra ferrovie ( 9 miliardi), e trasporti locali (6 miliardi) costano 15 miliardi netti ai quali si sommano circa 2 miliardi per i porti e la navigazion­e.

La mobilità nel suo complesso non è dunque un settore di spesa, ma al contrario è un settore in fortissimo attivo per lo Stato. I suoi costi fiscali complessiv­i premono molto su famiglie e imprese, e in modo regressivo.

IL GOVERNO uscente ha lasciato in eredità molti problemi irrisolti, che qui si elencano per fornire un memorandum, con alcune possibili linee di intervento (quel governo non ci ha lasciato alcuna analisi critica del settore basata sulle cifre sopra esposte, come fossero irrilevant­i per le scelte politiche). La prima questione è quella del ruolo economico dei diversi modi di trasporto: l’alta pressione fiscale sul modo stradale e la massa dei trasferime­nti ai modi collettivi, in atto da decenni, non hanno ottenuto lo spostament­o di traffico su questi ultimi, né la otterranno, se non per quote marginali, come si può evincere anche dal confronto con i dati di altri Paesi, che dispongono di un’offerta superiore a quella del nostro Paese.

I migliorame­nti ambientali, molto rilevanti in termini sia di emissioni unitarie che di sicurezza, sono stati tutti “interni” al settore stradale, e sono legati principalm­ente al progresso tecnico. La pressione fiscale sul settore stradale ha alzato anche i costi di trasporto per le imprese, data la dominanza della strada per il trasporto delle merci, che non appare reversibil­e.

La riduzione di accise sui carburanti (uno dei punti del documento di governo) avrebbe senso solo a parità di costi per l’erario, cioè se quei 6 mi- liardi fossero compensati da “tariffe di congestion­e” (il risultato sarebbe anche più efficiente dal punto di vista ambientale). Questo se si vuole rispettare i vincoli di bilancio, che tuttavia non sembrano essere un problema per i proponenti di quel documento.

Gli impatti distributi­vi dei trasferime­nti ai trasporti col-

miliardi La spesa netta per lo Stato ogni anno per i trasporti

lettivi sono per lo meno ambigui, e mai oggetto di serie valutazion­i quantitati­va: si pensi all’Alta velocità, o al fatto che la gran parte dei trasporti pubblici è usata da studenti e impiegati che si recano in aree centrali. Le categorie a più basso reddito (operaie soprattutt­o) espulse dalle aree centrali dalla rendita urbana, non possono, per ovvi problemi di

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