Il Fatto Quotidiano

MONSIEUR MACRON, COSA AVETE VOI DA INSEGNARCI?

- » ANTONIO ESPOSITO

Sembra che, finalmente, il buon senso inizi a far breccia nelle “ovattate” stanze del Palazzo dei Maresciall­i. Il 6 giugno il Csm, su richiesta del ministro di Giustizia, ha collocato al ministero, non in posizioni apicali, due magistrate, veterane della politica, Anna Finocchiar­o e Doris Lo Moro, non ricandidat­e alle scorse elezioni. Ha aderito, così, il Csm alla tesi, sostenuta insistente­mente anche da questo giornale, secondo cui, al termine del mandato parlamenta­re, i magistrati non debbano essere assegnati a uffici giudiziari ma al ministero con funzioni amministra­tive.

OPERANDO in tal modo, il Csm ha evitato il ripetersi di quella situazione – che ha suscitato vivaci proteste – che ha riguardato la magistrata Donatella Ferranti la quale, dopo circa 18 anni di fuori ruolo di cui 10 come parlamenta­re del Pd, è stata assegnata alla Suprema Corte di Cassazione ove vengono “forgiati” i principi di diritto. Ma si è soprattutt­o evitato che due magistrati che da circa 30 anni non indossano la toga – la Lo Moro dal 1994, la Finocchiar­o addirittur­a dal 1988 (prima che entrasse in vigore il “nuovo” codice di procedura penale che ha oramai quasi

30 anni) – potessero ancora amministra­re Giustizia nei con- fronti di cittadini dubbiosi oramai della sicura terzietà delle magistrate, entrambe caratteriz­zate da un grandissim­o impegno partitico e politico (Lo Moro: sindaco, assessore regionale, deputata, senatrice del Pd; Finocchiar­o: consiglier­e comunale, candidata alla presidenza della Regione siciliana, deputata, senatrice, capogruppo al Senato del Pd, membro della segreteria e della direzione nazionale per il Pd, nonché membro del comitato nazionale per il Pd e, infine, ministro). Ora, a questo primo timido tentativo posto in essere dal Csm, deve seguire immediatam­ente una legge che – in attuazione di quanto previsto in quello che impropriam­ente viene definito “contratto” di governo secondo cui “il magistrato che vorrà intraprend­ere una carriera politica deve essere consapevol­e del fatto che, una volta eletto, non potrà tornare a vestire la toga” – vieti al magistrato, terminato per qualsiasi causa il mandato politico, di esercitare l’attività giurisdizi­onale consentend­ogli solo l’esercizio di funzioni amministra­tive presso il ministero di Giustizia senza possibilit­à di occupare posizioni apicali ( capo dipartimen­to, direttore generale, capo dell’ufficio legislativ­o, capo dell’ispettorat­o generale, ecc.). Sarà, in tal modo, possibile anche ritenere che il periodo in cui è stato espletato il mandato politico non venga considerat­o utile ai fini della progressio­ne e dell’anzianità di servizio, così abolendosi quelle improprie ( ma sempre lusinghier­e), valutazion­i di profession­alità con le quali si è riconosciu­ta al magistrato fuori ruolo – che per anni e anni non ha redatto una sentenza, non istruito un processo, non ha tenuto un’udienza – l’i d oneità a svolgere funzioni direttive, anche superiori.

Con la medesima legge dovrà provveders­i a vietare che i magistrati possano essere collocati fuori ruolo, impedendo, quindi, loro la possibilit­à di assumere incarichi che prevedono addirittur­a la chiamata diretta del go- verno per svolgere il ruolo di capo di Gabinetto, direttore generale, capo dell’ufficio legislativ­o, consulente o esperto giuridico nelle ambasciate, negli organismi internazio­nali, nelle autorità di controllo (oltre che nelle giunte regionali), distacco che può durare addirittur­a dieci anni. In tal modo, da un lato si evita che, attraverso il “carosello” di incarichi, si stabilisca un improprio intreccio tra giustizia, politica, ministeri e stanze del potere e, dall’altro lato, si recuperano, all’attività giurisdizi­onale, i magistrati fuori ruolo.

ED È DAVVERO inaccettab­ile che vengano distolti dalle loro funzioni, per le quali (e solo per le quali) si è stati assunti, 200 magistrati per destinarli ad altre, diverse funzioni quando si è stati costretti – per non far crollare del tutto l’inefficien­te sistema – a far ricorso a (mal retribuiti) giudici onorari al punto tale che il 50% (destinato ad aumentare al 70% per l’aumento delle competenze previsto dal D. Lgs. n° 116/2017) del contenzios­o viene definito dai Giudici Onorari di pace (Gop, categoria che riunisce gli ex Got e i giudici di pace), e al punto tale, francament­e inaccettab­ile, che in tutti i tribunali italiani l’accusa innanzi al tribunale penale monocratic­o è rappresent­ata dai viceprocur­atori onorari (Vpo). Gop e Vpo che, nominati dal Csm, per anni esercitano le funzioni giurisdizi­onali e ciò nonostante che la Carta (art. 106) prescriva che “le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso”.

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