Il Fatto Quotidiano

SALVINI DIA INDIETRO I 250 MILA EURO

Rispedisca così i fondi ricevuti: “Grazie, ma sono troppi e la gente mormora”

- » ANTONELLO CAPORALE

Roma ladrona ricompare e, curiosamen­te, rovina sul vestito blu ministeria­le di Matteo Salvini. Ora si ritrova tra le mani l’assegno di 250 mila euro che Luca Parnasi, da buon investitor­e, ha destinato alla Lega. “Lo conosco come una persona perbene”, ha detto ieri il ministro. E non dubitiamo affatto. Come non dubitiamo che Parnasi abbia investito bene, “spendendo un po’ per le elezioni”, come pure ha commentato con i suoi quando ha deciso di stornare alla politica un po’ di quattrini, che del resto per l’azienda è tradizione antica e si immagina parecchio remunerati­va.

È sempre possibile, perché le vie del Signore sono infinite (e il nostro Matteo ha innalzato il Vangelo a suo compagno di viaggio), che il costruttor­e romano sia apparso ai leghisti come un improvviso e assai fervente sostenitor­e di Alberto da Giussano ma purtroppo per Salvini la profession­e di fede fa un po’ ridere. Fa invece riflettere che il costruttor­e romano abbia messo la sua fiche sulla Lega. E doppiament­e pensare che quella fiche Salvini l’a b bi a accettata.

Tutto torna e la storia ancora si ripete. Era il 7 dicembre 1993 quando un altro tesoriere, si chiamava Alessandro Patelli, raccolse una busta contenente 200 milioni di lire da Carlo Sama, presidente Montedison. E quei soldi, tutti in nero, Umberto Bossi si affrettò a restituirl­i ma non bastò a evitargli una condanna a otto mesi per violazione della legge sul finanziame­nto pubblico ai partiti.

Oggi Salvini deve ripetere il gesto del suo antico e perduto leader.

Certo, i soldi di Parnasi sono iscritti a bilancio della sua società (Pentapigna srl) e l’erogazione è legittima dal punto di vista giuridico. Politicame­nte invece suona come una resa al vizio antico di predicare bene eccetera eccetera. Salvini, già che si trova in tema, approfitti e indichi i nomi degli altri donatori che hanno scelto di inviare soldi all’associazio­ne Più Voci, la onlus destinatar­ia dei bonifici. E già che c’è spieghi se la Lega ha ancora in cassa le azioni di General Electric, della spagnola Gas Natural, di M e di o b a nc a , di Enel, Telecom, Intesa San Paolo. Se abbia venduto o ancora possiede il co rporate bond da trecentomi­la euro di Ancelor Mittal, la multinazio­nale che ha appena acquistato l’Ilva. Matteo Salvini con le parole ha costruito un mondo. Ne usi qualcuna per spiegare se ha investito (lui o i suoi predecesso­ri) o perchè non abbia disinvesti­to. E ne usi qualche altra per illustrare la distanza che separa l’apparenza, il lea- der che attacca le multinazio­nali, il lombardo che mangia italiano, beve italiano compra sempre italiano, e poi la realtà.

Un movimento che acquista azioni del capitale ostile e aggressivo, che raccoglie donazioni da costruttor­i parecchio affamati, che arruola gente dal passato opaco.

Spieghi con un tweet. O forse con due. O anche con tre. Non prima di aver compiuto l’unica scelta possibile: andare in banca e bonificare sul conto della Pentapigna srl, società detenuta al 100% da Luca Parnasi, i 250 mila euro con questo messaggio: grazie, ma sono troppi soldi e la gente mormora...

Fa un po’ ridere che il costruttor­e romano sia apparso a Matteo come un improvviso e fervente sostenitor­e di Alberto da Giussano

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