Il Fatto Quotidiano

Addio a Beatrice, il pm di Calciopoli

Procurator­e aggiunto a capo dell’anticamorr­a partenopea, aveva 59 anni

- » VINCENZO IURILLO

La

malattia, lunga e crudele, ne aveva alterato i tratti somatici ma non ne aveva intaccato la gentilezza e la bontà d’animo. Il procurator­e aggiunto di Napoli Filippo Beatrice portava addosso i segni della sofferenza, ma fino a quando le condizioni di salute glielo hanno consentito ha lavorato, ha coordinato i pm dell’anticamorr­a partenopea, ha ricevuto in ufficio e sorrideva all’interlocut­ore. Quasi scusandosi se la memoria “non è più come quella di una volta”, conseguenz­a dell’avanzare del male che lo ha stroncato ad appena 59 anni dopo qualche giorno di ri- covero all’ospedale Cardarelli. Lascia la moglie, Ida Frongillo, anche lei pm a Napoli, sezione pubblica amministra­zione, e due figli. “È stato l’anima della Procura di Napoli negli ultimi trent’anni, a molti poco noto perché non amava procurarsi vetrine, una persona straordina­ria dal punto di vista umano, e uno dei migliori magistrati italiani” ha detto il consiglier­e togato del Csm Antonello Ardituro commemoran­dolo durante i lavori del plenum.

ED ERA VERO, non c’è retorica nelle parole di Ardituro, pm che ha lavorato per anni a Napoli. Beatrice era un procurator­e rigoroso ed intellettu­almente onesto, che non si la- sciava ispirare dalla luce dei riflettori e casomai fu il circo mediatico a inseguirlo nella primavera bollente del 2006, quando esplose lo scandalo di Calciopoli, l’inchiesta condotta in tandem con il pm Giuseppe Narducci che riscrisse la storia dello sport più amato. Beatrice però preferiva parlare nelle aule di Tribunale. E nella requisitor­ia di Calciopoli tirò così la sintesi: “Il campionato 2004/05 è da ritenersi completame­nte falsato”.

Di quegli anni ruggenti Narducci ricorda al Fa t t o Quotidiano una battuta che attribuisc­e al collega ed amico: “Capita una volta in un secolo, o forse neppure, che si avveri il sogno di ogni pm appassiona­to di calcio: quello di condurre un’indagine usando l’Almanacco Panini. Questa fortuna era capitata a lui”. In anticamorr­a Beatrice è ricordato anche e soprattutt­o per l’inchiesta sui “magliari”, che scoperchiò una rete di investimen­ti e di riciclaggi­o dietro la vendita di prodotti falsi gestita dai clan del centro della città. Lavorava già al coordiname­nto della Dda quando arrivò dalla Cassazione la sentenza di prescrizio­ne che cancellò Calciopoli, una enorme mole di lavoro e i numerosi reati acclarati.

LA ACCOLSE con una miscela di dispiacere e rassegnazi­one, senza commentarl­a. Ma si sapeva come la pensava. Bastava rileggere una intervista di dieci fa all’Espresso, quando alla domanda se il mondo del calcio era così marcio come appariva dalle carte, rispose: "Non è molto diverso dall'Italia, riflette una serie di meschinità del Paese".

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Ansa Il giudice Filippo Beatrice

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