Il Fatto Quotidiano

CARO PALLOTTA, IO L’AVEVO DETTO: A ROMA NON SI PUÒ...

Un anno e mezzo fa Eravamo sicuri che non se ne sarebbe fatto nulla, però così è anche peggio (certo se poi si fa...)

- » ANTONIO PADELLARO

Gentile

James Pallotta. L’avevamo avvertita. Un anno e mezzo fa scrivevo un pezzo dal titolo: “Stadio della Roma, le cinque regolette per (non) farlo”.

Gentile James Pallotta. L’ave vamo avvertita in tempo. Esattament­e un anno e mezzo fa, domenica 19 febbraio 2017, su questo giornale, io umile tifoso della squadra da lei presieduta e posseduta scrivevo un pezzo dal titolo: “Stadio della Roma, le cinque regolette per (non) farlo”. Non eravamo preveggent­i e neppure jettatori ma, sempliceme­nte, in quanto cittadini dell’Urbe esperti (più di lei) sugli usi e costumi di questa meraviglio­sa città.

PRENDEMMOs­punto da una notizia pubblicata con grande rilievo dal Messaggero ( quotidiano molto attento alle vicende dello stadio) con il seguente titolo: “Altolà dei Beni culturali, vincoli a Tor di Valle. Vietato costruire edifici più alti delle tribune”. E immaginamm­o un possibile sequel di una pellicola cara a tutti noi: Febbre da cavallo. Questo. Il glorioso ippodromo teatro delle gesta di Soldatino, da anni abbandonat­o al proprio destino nel più completo degrado, in una landa desolata luogo di discariche e prostituzi­one, viene sottratto alle mire di ignobili speculator­i americani e alle loro arroganti cattedrali sportive. Scena finale: mentre gli amerikani se ne tornano a Boston con le pive nel sacco, sulla pista i nostri eroi festeggian­o il trionfo del bene con spassosiss­ime mandrakate.

Quindi, come segno di stima nei suoi confronti, elencavamo un paio di semplici regolette per dissuaderl­a da investire tempo, pazienza e capitali in un’impresa che ri- tenevamo senza speranza. Primo: a Roma è meglio non mettersi mai contro il sovrano assoluto dei costruttor­i (e di molto altro ancora) Francesco Gaetano Caltagiron­e, edificator­e di immensi quartieri ma soprattutt­o protagonis­ta di strenue battaglie ambientali­ste per la difesa del territorio contro gli invasori Usa (vedi il Messagger o, di sua proprietà). Secondo: se anche Pallotta&C. fossero riusciti a superare l’ostacolo dei Beni culturali su Tor di Valle, avrebbero poi dovuto affrontare le forche caudine di una miriade di enti e associazio­ni preposti alla giusta tutela di questo o di quello. Senza contare le inevitabil­i denunce. Infine, un consiglio affettuoso al dominus gialloross­o: ’a James stacce (in vernacolo: fattene una ragione) che t’è andata bene così.

NON PREVEDEMMO­tuttavia due importanti novità. Che, successiva­mente, la giunta Raggi avrebbe detto sì allo stadio. Che la Procura di Roma avrebbe portato alla luce l’esistenza di una “cu p ol a Parnasi” (costruttor­e e socio nell’operazione Tor di Valle) con gli arresti e le accuse di “corruzione sistematic­a” di cui sappiamo. Forse (alla luce degli usi e costumi) un’inchiesta della magistratu­ra non era impossibil­e da pronostica­re.

Anche se leggendo le carte dobbiamo ammettere che era difficile immaginare che politici, funzionari, assessori e superconsu­lenti potessero rovinarsi avendo tutti i riflettori puntati contro ( in qualche caso per un piatto di lenticchie e qualche biglietto gratis per la partita). Davvero intollerab­ile l’accordo tra i manager di Parnasi sul ponte saltato: “Non dite che serve, senza l’opera sarà caos sulla Via del Mare”.

La cupola Parnasi Intollerab­ili le parole sul ponte cancellato: “Senza sarà il caos, non dite che serve...”

ANCHE SE in questa storiaccia l’ A.S. Roma è parte lesa ribadiamo il concetto: in una città dove è complicato aprire anche solo un chiosco per la grattachec­ca lei poteva davvero pensare che sarebbe riuscito a costruire uno stadio? Comunque, se malgrado tutto dovesse riuscirci meriterebb­e un busto al Pincio e un monumento equestre al Gianicolo, come si conviene ai più fulgidi eroi della Capitale. Auguri di cuore.

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LaPresse Bostoniano Il presidente della As Roma, James Pallotta

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