Il Fatto Quotidiano

Fra cause ed Fbi compleanno amaro per Trump “statista”

RISVEGLIOI­NPATRIA Tornato dal vertice con Kim, il presidente deve affrontare la grana del procedimen­to legale intentato dallo Stato di New York e il rapporto che assolve il “nemico” Comey

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Nemo profeta in Patria. Presidente magari sì, ma poi tocca sempre barcamenar­si tra gufi e quelli che remano contro. Trump lo sperimenta di ritorno da Singapore e dal suo vertice “storico” con il leader nordcorean­o Kim Jong-un: media e analisti gli fanno le pulci perché l’intesa con Kim sarebbe più un flop che un successo – e intanto lui rilancia la guerra dei dazi con la Cina -; il Fondo monetario internazio­nale contesta la sua riforma fiscale; lo Stato di New York gli fa causa; e, infine, il rapporto sull’emailgate – la vicenda delle mail di Hillary Clinton mandate da un account privato quand’era segretario di Stato – assolve di fatto l’allora direttore dell’Fbi James Comey (non fu partigiano).

Trump resta deluso, anche se non lo mostra a caldo. Lui sperava che il rapporto sull’inchiesta da lui sollecitat­a fosse il regalo di compleanno – faceva ieri 72 anni. Potrà sempre dire che il documento avalla il licenziame­nto di Comey, che “violò i p ro t oc ol l i” ( ma non favorì Hillary Clinton), anche se il direttore dell’Fbi fu licenzia- to non per come aveva condotto l’emailgate, ma per come stava conducendo il Russiagate, senza condiscend­enze per gli ‘amichetti’ del presidente implicati.

Il rapporto sull’emailgate – 500 pagine frutto di un lavoro di 18 mesi - deve mettere un punto fermo sull’inchiesta e sul comportame­nti di Comey. Il documento, curato da ll’organo di sorveglian­za interno al Dipartimen­to di Stato

Usa, conclude che Comey “non rispettò il protocollo ma non fu politicame­nte di parte”.

Ma è vero che dentro l’Fbi emergono episodi, non sistemici, di ostilità a Trump e di propension­e verso la Clinton. “Impediremo a Trump di diventare presidente”, si scrivono due agenti federali. L’sms, che non era stato mai reso finora noto, fu scambiato nell’agosto 2016 da Peter Strzok - uno degli investigat­ori principali sia per l’emailgate che per il Russiagate -, e Lisa Page, avvocato dell’Fbi (i due, noti come ‘gli agenti amanti’, sono stati allontanat­i). Secondo il Washington Post, sarebbe questo l’elemento più dannoso per la polizia federale.

Il rapporto fa luce sui passaggi più intricati dell’emailgate, più volte evocato nella campagna 2016. Da candidato e poi da presidente, Trump ha a più riprese criticato l’operato dell’Fbi, sostenendo che l’inchiesta venne gestita in maniera approssima­tiva e, soprattutt­o, partigiana. È opinione diffusa che le decisioni di Comey negli ultimi giorni della campagna elettorale, apparentem­ente maldestre e contraddit­torie, abbiano piuttosto sfavorito la Clinton.

Intanto, New York fa causa a Trump e ai suoi tre figli maggiori, Donald jr, Eric ed Ivanka, contestand­o “azioni illegali” da parte dell’ente benefico di famiglia, la Donald Trump Foundation.

A depositare la denuncia il procurator­e generale dello Stato Barbara Underwood.

Accuse familiari Donald e i 3 figli maggiori accusati di “azioni illegali” per il loro ente benefico

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Afp Fatto fuori Trump al ritorno dal summit coreano e James Comey
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